di Patrizia Massara Di Nallo
Sembra che la nostra regione,negli ultimi anni, abbia assunto sempre più un ruolo chiave nella salvaguardia di specie animali a rischio estinzione: per esempio il tritone alpestre, il cervo italico e la tartaruga marina comune.Infatti l’ateneo Unical si è costituito capofila di un progetto internazionale per la salvaguardia del Tritone Alpestre Calabro. In Calabria, per la precisione sulla Catena Costiera, vive un tritone esclusivo dell’area, che abita in maniera isolata rispetto alla popolazione europea. Diversamente dagli esemplari dell’Europa centrale, infatti, la sottospecie calabrese vive a quote più basse per essere in grado di resistere alla siccità con migliore efficienza. Approdò in Calabria migliaia di anni fa, quando i ghiacciai dell’era glaciale avevano fatto migrare verso sud tutte le popolazioni di animali che noi oggi valuteremmo “continentali”, indirizzandoli verso dei territori che durante quel periodo erano liberi dalle nevi perenni. Descritto nel 1982 dallo zoologo parigino Alain Dubois, questo piccolo anfibio acquatico dai colori brillanti, rappresenta un unicum biogeografico. La sua sopravvivenza è oggi fortemente a rischio per l’ittiofauna presente e, precisamente, per l’introduzione di pesci esotici predatori e l’alterazione dei regimi idrici nei pochissimi siti dove vive (i tre Laghi di Fagnano, inseriti dentro una ZPS (Zona di protezione speciale), nel Comune di Fagnano Castello ( CS ). Come sostengono i ricercatori, bisognerebbe, quindi, applicare urgentemente un’efficace strategia di gestione a lungo termine per ripristinare l’habitat ed eliminare le specie di pesci alloctone, favorendo anche la creazione di ulteriori stagni per fornire a tutte le specie di anfibi siti di riproduzione alternativi. In questo modo la biodiversità locale e le funzioni ecologiche trarrebbero un grande vantaggio. Quindi un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra (DiBEST) dell’Università della Calabria, con la collaborazione di esperti dell’Università dell’Aquila, CNR – Istituto per la Bio-economia di Roma e Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, ha elaborato un piano di intervento che prevede diverse azioni di salvaguardia, compreso il recupero degli habitat naturali e l’eliminazione dei pesci invasivi. Mentre queste azioni di recupero verranno portate a termine, la sopravvivenza del tritone alpestre calabro sarà garantita grazie alla collaborazione con l’acquarium-vivarium AQUATIS di Losanna (Svizzera). Già impegnata nella conservazione di numerose specie minacciate, AQUATIS ospita già alcune coppie di tritone alpestre calabro, per il loro allevamento e la loro riproduzione, con il supporto di EAZA (European Association Zoos and Aquaria).Gli animali nati in cattività saranno poi restituiti al loro ambiente di origine quando il disturbo dei pesci sarà eliminato e gli habitat restituiti alla loro situazione naturale. Questo progetto beneficia dell’approvazione e del finanziamento della Regione Calabria, con il supporto del Comune di Fagnano Castello.
Un’altra specie a rischio è il cervo che può essere salvato e avrà una speranza di continuare a vivere anche in Calabria, grazie al Parco Regionale delle Serre. La conservazione della biodiversità è infatti una delle missioni dell’Oasi di Mongiana (VV), gestita dai carabinieri forestali, nel cuore della zona protetta. Tutto è iniziato da quando il Parco Regionale delle Serre ha aderito all’Operazione Cervo Italico rispondendo alla richiesta di aiuto e collaborazione del Bosco della Mesola, nel Ferrarese. Si tratta, questo, di un progetto per salvaguardare una sottospecie autoctona sopravvissuta finora, nella nostra penisola, solo in quella zona della provincia di Ferrara, mentre altrove, negli ultimi secoli e nel resto del territorio italiano, i cervi di questa razza continuavano a morire. L’area del Parco Naturale Regionale delle Serre è stata identificata come adatta a questo gruppo di individui per cui alcuni esemplari sono stati rilasciati da qualche tempo all’interno del Parco calabrese, grazie alla collaborazione tra Ispra, Carabinieri Forestali ( della Riserva Naturale Bosco della Mesola, che hanno garantito anche il trasporto nel sito di rilascio), Parco Naturale Regionale delle Serre, Università di Siena, riferimento scientifico del progetto, Wwf Italia come coordinatore operativo, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana e la DREAM Italia quale soggetto che gestisce le fasi operative. Nelle nostre zone i cervi sono sottoposti ad un intenso monitoraggio mediante l’utilizzo di collari satellitari che permettono la verifica degli spostamenti, dei tassi di sopravvivenza e di riproduzione e delle eventuali cause di mortalità.
Fra questi progetti ampi e articolati si inseriscono gli interventi immediati dell’Arma dei Carabinieri e i militari della Capitaneria di Porto come è accaduto, per esempio, nella tarda serata del 7 settembre di quest’anno, nel tratto di costa nella località Tonnara a Palmi, quando è stata salvaguardata la schiusa di uova di tartaruga marina comune o Caretta Caretta e sono nate ben 59 tartarughine. Alcuni avventori dei lidi del posto si sono accorti di quanto stava accadendo assistendo alla nascita di numerosi esemplari e quindi hanno avvertito i Carabinieri che sono intervenuti assieme al personale della Capitaneria di Porto. I militari hanno raccolto gli esemplari appena nati e li hanno spostati nella vicina località “Pietre Nere”, in un tratto di spiaggia più tranquillo per gli animaletti. Infine hanno seguito e monitorato il movimento dei piccoli verso il mare in modo che il trasloco avvenisse in tutta sicurezza.
Questa specie di tartaruga è l’unica specie di tartaruga marina nidificante lungo le coste italiane, classificata però a rischio “vulnerabile perché è la tartaruga marina più comune del mar Mediterraneo, ma è fortemente minacciata in tutto il bacino. Varie sono state le nostre coste che hanno ospitato queste schiuse, ma finora non erano stati registrati avvenimenti così proprio sul litorale della Costa Viola. Nel Mediterraneo, oltretutto, gli ambienti di riproduzione sono ormai limitatissimi per il cambiamento climatico e per il disturbo umano dovuto al turismo balneare perché il periodo della deposizione si colloca appunto tra fine maggio e agosto.