La bilancia pende più a favore del “no” che non del “sì” prendendo atto di ciò che proprio questi professori si sono sentiti dire ascoltando le risposte degli impiegati del suddetto ministero: “Noi abbiamo pagato qualcuno di voi fino ai primi di ottobre ma oltre non ci siamo andati perché le risorse sono finite” – è stato in sintesi questo che è stato ascoltato dai docenti supplenti, masticanti amaro per quella che è un’arma a doppio taglio non potendo dire di no alla supplenza, pena lo scorrere delle graduatorie per arrivare a coloro che stanno dietro e in definitiva perdendo la priorità di acquisizione del periodo di lavoro, che può essere breve come può essere lungo, ma poi rimanendo senza stipendio.
di Antonio Baldari
Un Natale amaro e beffardo. È quello che si apprestano a vivere molti docenti titolari di supplenze brevi o salturarie a poco meno di un mese dalle vacanze invernali, che in molte regioni prenderanno il via dal prossimo 23 dicembre; ed invero, sono stati molti coloro che hanno contattato i centralini del Mef, acronimo perfetto per Ministero dell’Economia e delle Finanze, in considerazione del fatto che dopo essere trascorsi circa tre mesi dall’inizio del periodo di lavoro non hanno ancora visto il becco di un quattrino, essendo destinati a non vederlo ancora per un po’: faranno in tempo proprio per la Natività del Divin Bambino? Forse che sì, forse che no.
Anzi, la bilancia pende più a favore del “no” che non del “sì” prendendo atto di ciò che proprio questi professori si sono sentiti dire ascoltando le risposte degli impiegati del suddetto ministero: “Mi dispiace ma non ci sono soldi, noi abbiamo pagato qualcuno di voi fino ai primi di ottobre ma oltre non ci siamo andati perché le risorse sono finite” – è stato in sintesi questo che è stato ascoltato dai docenti supplenti, masticanti amaro che più amaro non si può, stante il fatto che è stata e continua ad essere una sorta di arma a doppio taglio per costoro non potendo dire di no alla supplenza, pena lo scorrere delle graduatorie per arrivare a coloro che stanno dietro e in definitiva perdendo la priorità di acquisizione del periodo di lavoro, che può essere breve come può essere lungo.
“Il fatto è che il problema rimane irrisolto ogni anno perché ogni governo non può prevedere quante supplenze ci saranno e per quanto tempo – ci partecipano alcuni docenti coinvolti in questa situazione – questo ci è stato anche specificato dai dipendenti del ministero dell’economia e delle finanze, e quindi noi siamo costretti ad accettare di lavorare per poi, però, rimanere a lungo senza essere pagati, e noi come si va avanti? Mica si campa d’aria!”, è il duro sfogo di una docente del comprensorio della Locride, da circa cento giorni in una scuola del primo ciclo che non sa più a che santo votarsi.
Come non lo sanno, del resto, gli altri suoi colleghi che hanno però pure un moto di stizza affermando che “Sì, è vero che non possono prevedere quante supplenze ci saranno e per quanto tempo, però è pur vero che anche le guerre che sostiene l’Italia non erano previste eppure i fondi li hanno trovati, possono benissimo fare un confronto con gli ultimi tre anni scolastici, ad esempio, per poi accantonare delle somme da destinare proprio a chi dovesse accettare una supplenza breve che altro non può fare”. Come dare torto?
Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta l’attuale Governo centrale romano proprio due mesi fa non riconobbe la somma di 60 milioni di euro giustappunto alla voce “Supplenti brevi e saltuari”, comunque impegnandosi in un successivo Consiglio dei Ministri a trovare queste risorse ottemperando al dovere di risolvere tale, incresciosa, situazione che però, a quanto sembra, non lo è ancora e rischia di andare a scivolare ben oltre le festività natalizie e a chissà quando. Con tutte le conseguenze del caso per decine e decine di docenti chiamati alla sopravvivenza, chiaramente non da Paese civile.