di Mario Murdolo
BIVONGI – Nonostante l’arte del campanaro sia stata riconosciuta, anche se con ritardo, patrimonio culturale immateriale dell’umanità, è in via di estinzione. Non c’è chiesa al mondo che non abbia un campanile e di conseguenza un addetto al suono delle campane. Per saperne di più abbiamo incontrato il campanaro nonché sacrestano della chiesa di Bivongi, Bruno Calabrese.
Prima delle nostre domande, ha voluto sottolineare che questo ruolo lo esercita da ben quarantasei anni. <<E’ stato il parroco del tempo Don Cherubino Raspa a darmi le prime lezioni e piano piano ho perfezionato e imparato un’attività che non è certo facile. I rintocchi giornalieri delle campane sono molto importanti per le comunità perché informano sui vari eventi e feste religiose e cosa molto utile e importante quando purtroppo qualcuno muore>>. E Bruno con una diversità di suoni fa capire se la persona morta sia maschio o femmina, o se sia deceduto un prete e persino il papa. Già alle prime luci dell’alba entra in azione e poi via via fino a tarda sera con i vespri. In occasione della festa della Madonna per prima cosa annuncia la novena e poi durante la festa e la processione suona a festa. Prima di concludere questa chiacchierata Bruno ci ha aperto le porte della stanza che va su al campanile, per farci vedere la sua maestria suonando le campane. Bruno mentre suona le campane, con la sua immancabile sigaretta in bocca, alla stregua di un direttore d’orchestra si compenetra e si fa coinvolgere nella parte in modo così intenso e partecipativo che sembra andare in estasi. Prima di congedarsi Bruno ci ha confidato la sua grande preoccupazione e il suo rammarico poiché quando non ci sarà più quel posto rimarrà vacante, e probabilmente a sostituirlo ci sarà qualche suono di campane registrato che si ascolterà con i megafoni per il paese.