di Gianluca Albanese
SIDERNO – La decisione era talmente nell’aria che il rinvio delle consultazioni elettorali al prossimo autunno è stato il primo punto all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri che ha avuto luogo ieri pomeriggio.
Per effetto di quanto deliberato, dunque, “in continuità con gli analoghi provvedimenti già approvati nel 2020, dispone che le elezioni previste nell’anno in corso si svolgano in una data compresa tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2021. Il provvedimento è stato adottato tenuto conto del perdurare dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e dell’esigenza di evitare fenomeni di assembramento, nonché di assicurare che le operazioni di voto si svolgano in condizione di sicurezza per la salute dei cittadini, anche in considerazione della campagna vaccinale in corso”.
A queste latitudini significa rinvio delle elezioni regionali, fissate in precedenza per il prossimo 11 aprile, e di quelle comunali che avrebbero dovuto riguardare alcuni comuni del comprensorio, tra cui Siderno, quello più popoloso, che un’amministrazione democraticamente eletta non ce l’ha dalla prima decade dell’agosto del 2018.
Indipendentemente da quando e se si voterà, dunque, Siderno ha la certezza a oggi, che supererà i tre anni di commissariamento straordinario per infiltrazioni mafiose, quasi un record negativo che, al netto dello spirito propositivo palesato in più occasioni dall’attuale triade commissariale, priva una comunità dalle gloriose tradizioni amministrative e politiche, di propri rappresentanti democraticamente eletti e, in quanto tali, capaci di disegnare un futuro a una città che, nonostante tutto, rimane la più operosa dal punto di vista commerciale e imprenditoriale e col tessuto associativo più robusto.
Ovviamente non intendiamo, in questa sede e in questo momento, sindacare le esigenze cautelari che hanno portato il Governo a deliberare quest’ennesimo rinvio perché siamo stati tra i primi a mettere tutti in guardia dal pericolo di assembramenti e di diffusione incontrollata di contagi da CoVid-19 se si fossero tenute lo scorso novembre le elezioni comunali.
Così come l’antico principio, in virtù del quale le sentenze si rispettano e non si commentano, c’induce a non tornare sulle ragioni di uno scioglimento del consiglio comunale apparso ai più non immune da lacune e senza elementi lampanti di condizionamento, sebbene sia stato confermato sia dal Tar che dal Consiglio di Stato.
Una riflessione, piuttosto, la desideriamo compiere tornando indietro di qualche anno, quando la notizia dello scioglimento suscitò reazioni contrapposte, tra chi la ritenne un’ingiustizia e chi non esitò a considerare il Dpr firmato su proposta dell’allora ministro dell’Interno Salvini come uno strumento (improprio) di lotta politica.
Ci resta la consolazione che forse qualcuno avrà imparato che la democrazia è una cosa seria, che ove ci fossero state precise e singole responsabilità avrebbero dovuto essere accertate e punite, senza buttare via il bambino con l’acqua sporca, privando la città di propri amministratori, così come l’attuale formulazione dell’articolo 143 dl Tuel permette, tuttora, di fare.
E allora, l’auspicio è che quando (e se) si tornerà al voto Siderno tornerà a essere la città democraticamente evoluta che è sempre stata, con un clima capace di prevedere una contrapposizione dialettica anche aspra in consiglio comunale e in generale nel paese, ma sostanzialmente corretta e priva di quei veleni che hanno caratterizzato il recente passato cittadino.
Perché tre anni e passa consecutivi di commissariamento sono, oggettivamente troppi. Amare la propria città significa anche ricordarsene. Sempre e comunque.
P.S.: Come dicevamo, sono state rinviate anche le elezioni regionali. Chi scrive non si associa al coro di chi ritiene sia un grosso problema un rinvio di ulteriori sei mesi. In fondo, al di là della prematura e dolorosa scomparsa della presidente Santelli e di qualche operazione giudiziaria che ha favorito l’avvicendamento in qualche scranno, chi siede in Cittadella e a palazzo Campanella è stato votato e gode di un minimo di legittimazione democratica. Peccato che di quest’ultima, in molti casi si abusi, gravando le casse della Regione di incarichi ad personam dati all’ultimo momento e dal chiaro sapore elettoralistico-clientelare, dei quali il calabrese medio che tira la cinghia e dispone solo del diritto di voto, probabilmente non ne avverte la necessità.
Ma questa è l’altra faccia della democrazia: quella abile a mimetizzarsi da oligarchia.