comune tra chi muore svolgendo un lavoro manuale, duro e sospeso in aria
o su un ponteggio traballante e chi invece fa un lavoro diverso, indossa
una toga e deve applicare le norme previste dal vigente ordinamento
giuridico ai casi concreti, spesso complessi e controversi.
“Toghe rosso sangue”, riedito da Città del Sole, è il primo libro
scritto dal giornalista Paride Leporace, fondatore ed ex direttore di
Calabria Ora (e attuale direttore della Lucania Film Commission), parla
di quest’ultima categoria di morti sul lavoro: quella dei magistrati
assassinati nel nome della Giustizia. Venticinque anni, un quarto di
secolo terribile, che va dal 1969 col delitto di Agostino Pianta, al
1994 quando Luigi Daga perì nel massacro del Cairo ad opera di un
integralista islamico in un lussuoso albergo che ospitava un convegno di
diritto internazionale.
L’opera, scritta con lo stile asciutto e prettamente giornalistico in
stile “Blu Notte”, potrebbe essere divisa idealmente in due parti, che
corrispondono ad altrettante pagine scure della storia d’Italia: quella
degli “anni di piombo”, la famigerata “notte della Repubblica”
rappresentata da Sergio Zavoli in Tv; e quella dei morti per mano
mafiosa. A fare da “intro” l’assassinio di Agostino Pianta, ucciso da un
detenuto che sentiva il dovere di assassinare un giudice qualsiasi, per
mero spirito di vendetta, mentre è quasi “appendice” la morte di Daga,
uno dei primi delitti eclatanti di quel terrorismo che caratterizzò in
maniera atroce, con l’attentato alle Torri gemelle, l’inizio del nuovo
millennio.
“Toghe rosso sangue” non parla solo degli episodi che causarono la morte
dei magistrati, ma riesce a descriverli efficacemente anche sotto il
profilo umano, siano essi eroi come Falcone, Borsellino e Livatino, o
uomini che seppur nel mirino della criminalità più feroce, non
rinunciavano alle piccole abitudini borghesi, come una passeggiata col
cane per fargli fare i bisognini. Di sicuro, è un libro in
controtendenza rispetto a una certa vulgata che ha imperversato negli
anni ’90, quando il disprezzo nei confronti dei magistrati, in primis di
quelli antimafia trovava la grande ribalta mediatica di “Sgarbi
quotidiani” e programmi del genere. Una vulgata che intendeva
trasmettere l’odio nei confronti del pool di “Mani pulite” in primis e
poi dei magistrati come Giancarlo Caselli.
Ci sono giudici morti perchè progressisti, ma uccisi da quel terrorismo
che si ammantava della simbologia politica, apparentemente non dissimile
da quella delle vittime; ci sono eroi “dimenticati” dallo Stato, da
quello delle “barbe finte” e delle tante figure controverse che hanno
attraversato la nostra storia. “Toghe rosso sangue” non è neanche un
libro giustizialista. È semplicemente un doveroso tributo alla Storia
recente, che nessuno ricorda più nel momento in cui cessa di essere
cronaca. Un libro da leggere e rileggere. Per non dimenticare.
“Toghe Rosso Sangue” verrà presentato venerdì 16 marzo alle 18 nello
spazio culturale “MAG. La ladra di libri” di corso Garibaldi, 281 a
Siderno.
Gianluca Albanese dialoga con l’autore.
Relaziona il giudice Alfredo Sicuro, Presidente della Corte d’Appello di
Messina ed ex Presidente della sezione penale del Tribunale di Locri.
Interviene Rosanna Scopelliti, membro della Commissione Parlamentare
Antimafia e figlia del compianto giudice Antonino Scopelliti, cui è
dedicato uno dei capitoli di “Toghe Rosso Sangue”.
Info line 0964/401973