di Giuseppe Racco*
Basta pronunciarlo quel nome: Paolo Rossi.
Quanti ce ne sono in Italia di Paolo Rossi? Eppure quel nome evoca lui, per tutti.
Quando lessi sui giornali che il mio idolo si era candidato con Alleanza Nazionale rimasi un po’ dispiaciuto, tanto distanti sono le mie idee da quel pensiero politico. Pablito però poteva farlo perché era il mio eroe, anzi l’eroe di un’intera generazione, una persona garbata e perbene a cui fu perdonato qualche errore di gioventù.
Paolo Rossi rappresenta per gli italiani il Gesù di Prato, l’uomo venuto, con i suoi gol, a regalarci la gioia di vincere un mondiale, e a noi juventini tanto altro, in anni difficili, di tensione sociale, di stragi di mafia, di terrorismo. Da lì a poco, a Palermo, venne assassinato il Generale Dalla Chiesa. Tra le note delle canzoni estive ed il caldo torrido, Pablito fece piangere non solo il Brasile, ma anche la Polonia e la Germania ed un intero popolo si unì intorno ad un fuoriclasse che vincerà in seguito il Pallone d’oro.
La parola fuoriclasse, così si chiamavano allora i migliori, non fu mai l’etichetta appiccicata a Rossi, perché lui non era un semplice calciatore ma una persona perbene. Era un piacere ascoltare il tono della sua voce in questi anni da opinionista, mai greve, mai volgare, sempre rispettoso dell’interlocutore. È stato campione di vita, cosa che pochi possono permettersi. Quando segnò il terzo gol col Brasile, da rapinatore d’area mordi e fuggi, accompagnato dal suo fisico esile e non plastico come i giocatori di oggi, avevo 15 anni. e stavo seduto sul pavimento, scalzo con le ciabatte da spiaggia in mano e le mani sudate dalla paura di un nuovo pareggio imminente del Brasile. Quel pomeriggio al Sarria non si faceva in tempo a digerire le emozioni ed il silenzio nelle strade richiamava solo il nome ed il volto di quel signore.
Da allora in poi venne chiamato Pablito.
E noi ragazzi ad imitarlo in spiaggia a pallone quel Santo Dispensatore di gioia in un paese in difficoltà. Paolo Rossi non è paragonabile a nessuno perché egli è un pezzo di società, di storia, è sociologia, è antropologia, è cultura, è la nostra guerra mondiale vinta con i piedi e con la testa, è una foto della vita di tutti noi che abbiamo vissuto quegli anni bellissimi che non ci hanno fatto mai completamente crescere.
Paolo Rossi è l’italiano che vuole vivere una vita normale,
è l’italiano del maglione a rombi, della non figaggine, è l’italiano
dell’essenza contro l’apparire. Paolo Rossi è il nostro patrimonio inalienabile
a cui oggi, in silenzio,
dobbiamo rendere omaggio.
*: avvocato