(Nella foto il giornalista Mariano Sabatini)
Mariano Sabatini, critico televisivo, giornalista, scrittore e opinionista, ma anche autore televisivo nel suo ultimo lavoro “E’ la Tv, bellezza! Se la conosci, puoi difenderti” si cimenta in un’analisi sociologica della comunicazione, scomponendo e ricomponendo in tutte le sue varie sfaccettature le dinamiche evolutive o talvolta involutive del fenomeno comunicativo.
Questo suo ultimo lavoro altro non è che una lente d’ingrandimento sulla mutazione genetica del più diffuso e potente dei mass media, la televisione. Non esiste fatto, notizia, evento che non sia riprodotto e magari alterato nella sua forma e sottoposto al telespettatore che completamente esposto al suo linguaggio, ne viene pienamente catturato ed etero diretto. È il motivo per il quale abbiamo invitato Sabatini nel nostro forum per potergli rivolgere alcune domande.
Nella prefazione del suo ultimo libro “E’ la Tv bellezza! Se la conosci, puoi difenderti” scritta da Elda Lanza, leggiamo «Già negli anni Cinquanta Alberto Moravia aveva scritto che l’Italia della televisione “era un’Italia di serie B”. Pier Paolo Pasolini (nel 1975) propone addirittura di abolire la televisione, ritenendola responsabile del rimbecillimento generale……». Ecco, secondo Lei oggi com’è l’Italia della televisione? Ci sono stati dei cambiamenti nel mondo della tv che hanno condizionato le abitudini degli italiani, o sono queste abitudini che hanno condizionato fortemente i palinsesti televisivi?
Difficile dirlo, è la storia dell’uovo e della gallina… Di sicuro la tv, che è fatta dalle persone, risente delle influenze culturali del tempo in cui viene prodotta. La televisione degli anni Cinquanta e Sessanta era pedagogica perché l’esigenza di quell’Italia era di affrancarsi anche attraverso l’alfabetizzazione, poi autori e dirigenti erano certamente più colti e civili di quanto siano oggi. Vent’anni di berlusconismo hanno portato ad una disinvoltura dei costumi che si riflette sul piccolo schermo. Ecco perché scrivere di tv significa riflettere sulla società che la esprime, direttamente nel caso di chi la fa e indirettamente da chi la guarda.
Il consumismo più esasperato ha dettato tempi e modi della comunicazione?
In questo sono d’accordo con Piero Dorfles, il giudice di “Per un pugno di libri” su Raitre, che in un suo libro scrive di questa tv che vende pubblico agli inserzionisti. Per cui, molte scelte contenutistiche sono dettate dalle esigenze pubblicitarie. Se può essere comprensibile per le reti commerciali, lo è meno per il servizio pubblico.
La cronaca nera in tv in questi ultimi anni ha dato davvero il peggio di sé, dall’omicidio di Sara Scazzi, poi sono seguiti quello di Yara e Melania, dove alcuni fra i “protagonisti” assassini o presunti tali, come per esempio lo zio Michele, hanno fatto una piena scorpacciata di interviste, dichiarazioni rilasciate, poi smentite, lacrime su lacrime. Questi efferati omicidi sono rimbalzati da un canale all’altro creando una sorta di accanimento e spettacolarizzazione del dramma che ha tenuto incollati gli italiani. Non crede dunque che se ne sia parlato troppo e in alcuni casi anche male?
Lo credo, eccome. Sono nati programmi ad hoc, pensati per la vasta platea di chi è preda della morbosità applicata alla cronaca nera: “Quarto grado” su Retequattro, “Amori criminali” su Raitre ed anche “Chi l’ha visto?”, che spesso rinuncia ad inseguire gli scomparsi per trattare i fatti di nera.
Lei ha dichiarato nel suo libro a proposito del GF «se ci pensate il GF è il programma che meglio si identifica con i tempi anche politici». Oggi il GF è uscito di scena, ma i tempi politici sono rimasti gli stessi di allora?
Pare di sì, ma ce lo diranno meglio le prossime elezioni politiche. Guardonismo e abbattimento della parete di separazione tra sfera privata e pubblica sono, purtroppo, una realtà. Anche seguendo i talk show politici ci aspetta sempre che una voce fuori campo avverta “sei stato nominato”, abbiamo infatti un parlamento di nominati e non di eletti.
Non pensa che siano stati i canali tematici a raccogliere la domanda culturale, ma al tempo stesso ad essere fortemente marginalizzati dalle direzioni generali della grande lobby televisiva?
La nascita, la crescita e la proliferazione dei canali tematici rappresenta, in effetti, un alibi per i dirigenti, che demandano a quei canali l’offerta di qualità. Così le reti generaliste si distinguono per la rincorsa al peggio del peggio. E sarà sempre più così.
Sembra quasi che la vecchia tv, quella in bianco e in nero prima, e poi quella dei varietà del sabato sera dove a condurre era Baudo affiancato da una giovanissima Heather Parisi o Lorella Cuccarini, siano davvero dei lontani ricordi, che però, ripensiamo sempre con affetto e una punta di malinconia. Ma come sarà secondo Lei, la televisione nei prossimi anni?
Molto simile a quella attuale. Rispetto ai tempi di “Canzonissima” e “Fantastico” si è persa la capacità di inventare, realizzare e mettere in onda programmi originali. Vige la dittatura dei format che i network si limitano a diffondere. È e sarà una tv sempre più industriale.
SIMONA ANSANI