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Da diversi giorni i mass media, e le varie testate giornalistiche, pubblicano la notizia della dipartita de Monsieur Pigeon senza coglierne il significato profondo tantè che, dopo tanto inchiostro versato alla ricerca del sensazionalismo, rimane ancora indeterminata persino la data del decesso. Nonché la causa.
Arduo il compito di raccontare la trasformazione di un Uomo dalle multiple sfaccettature. Per dare un senso a quanto si legge, l’attenzione dei più si focalizza sulle etichette note come “clochard”, “senza tetto” “ex-qualcosa rovinato” enfatizzando solo la parte penosa della vicenda. Ecco che invece, per chi conosceva la persona, per chi si era cresciuto assieme a lui giocando per le strade impolverate di Siderno del dopoguerra, si presenta l’opportunità di ricevere il messaggio che lui avrebbe voluto asciare a chi lo avesse voluto accettare.

“Nino“, così lo chiamavano tutti i familiari, non era solito a piegarsi all’avversità o alla volontà altrui, e di certo le scelte di vita non gli sono mai state imposte. La strada se l’ è costruita lui, spesso da solo, a volte con l’aiuto di pochi fidati. Sono emerse difficoltà, risvolti imprevisti ed ostacoli come per chiunque; dove poi ognuno si distingue è il modo in cui li affronta.

Sulla strada, vero, ci è ritornato, a seguito di una scelta responsabile. Una vicenda politica locale e circoscritta, gestita con un eccessivo zelo da parte delle istituzioni, è sfociata su un fenomeno sociale che ha fortemente polarizzato il quartiere.

Giuseppe “Nino” non elemosinava certo la monetina per il proprio pasto, ma attingeva alle proprie risorse guadagnatesi dopo anni di lavoro, quaranta, e contributi versati regolarmente , per nutrire e medicare piccioni. Un richiamo per conclamare l’importanza di tutelare gli anelli deboli e le minoranze all’interno di una società che si dichiara civile.
Si schierano così chi apprezzava la generosità e la poesia di una catarsi pubblica in atto, ed un protesto di un status quo insidioso, contro quelli compiacenti che lo denigravano con tutti mezzi possibili, anche tramite forze dell’ordine spesso troppo zelanti e più intenti a ristabilire l’ordine pubblico che a calmare gli animi.

Il messaggio si sparge oltre la cinta parigina e valica le frontiere così che attira osservatori acuti. Fotografi di tutto il mondo, Nevia Elezovic, Fernanda Perruzzo per citarne alcuni, catturano in prima battuta la poesia del ballo vivace ed armonioso che accerchia il maestro delle danze, ma ben presto traspare l’emarginazione, il prezzo da pagare per chi la pensa diversamente e tenta di allarmare i propri simili. La fine di coloro che raddrizzano la testa per il bene altrui è purtroppo nota da millenni per gli amanti della letteratura classica. Nonostante ciò alcuni colgono al volo l’occasione e riprendono all’unisono il grido di allarme, e pubblicano un libro dal titolo “les Ailes du Paradis”; vengono girati reportages ed è stato prodotto persino un documentario, un medio metraggio “Monsieur Pigeon” di Antonio Prata che regala allo spettatore un interpretazione avvincente della condizione umana o quella che ne resta.
Emarginato certamente, solo mai! Ha sempre avuto sostenitori, persone che lo hanno aiutato, persone che gli davano ascolto, anche questo così come le tante ritorsioni erano motivi per perseverare su quelle che si palesava per lui la “Strada Giusta”. Gli amici e la Famiglia si chiedono alcuni, tra le tante cose ne ha cresciuta una, le persone che gli stanno vicino ancora oggi, inizialmente sono rimaste sicuramente sbalordite dubbiose e persino recalcitrante per amore della persona che avevano conosciuta fin’ora.
Giuseppe era cambiato, oggi viveva la sua vita, libero di decidere qual erano le sue responsabilità. Era la sua guerra, non volle farla pesare su nessun altro, ancor meno sulle persone che amava e guai a loro se s’impietosivano o s’azzardavano di fare più del necessario nei suoi confronti. Alla fine, i più restii, hanno compreso che non potevano che accettare di accompagnarlo senza ulteriore intralcio, a proprio ritmo, lungo il sentiero già impervio della libera espressione. A farlo vacillare raramente furono le sporadiche nostalgie del paese di origine, forse la spensieratezza di alcuni ricordi. Uno spiraglio di sollievo per chi gli stava vicino s’approntavano ad accorgerlo a braccia aperte sperando che cogliesse per se un momento di pausa ampiamente meritato. Sistematicamente però rimandava il rientro perché c’era qualcosa altro da portare a termine … la sua missione.
A place Beaubourg, si è guadagnato a pieni voti il titolo di Artista del libero pensiero, la sua ascesa non poteva non essere messa all’insegna di coloro che lo hanno guidato tutti questi anni a sorvolare la “détresse” de la condition humaine. Quando le autorità daranno il via libera, al rimpatrio delle ceneri la Famiglia si riserverá di comunicare le modalità per l’ultimo saluto riservatogli.
Fabiano Belvedere