LOCRI – Condanna a un anno e otto mesi all’amministratore dell’Eurochimica Srl Giuseppe Linarello; assoluzione per gli altri imputati Rinaldo Silvana, Linarello Paolo e l’operaio indiano Singh. E’ quanto deciso ieri sera dal collegio giudicante del tribunale di Locri presieduto da Alfredo Sicuro dopo un’ora di camera di consiglio.
L’udienza, iniziata ieri alle 15, che ha preceduto quella relativa al processo Black Garden, riguardava il processo a carico di amministratori e addetti dell’Eurochimica di Benestare, per smaltimento illecito di rifiuti speciali, in particolare i liquami dei bagni chimici la cui locazione costituiva il core business dell’azienda con sede in Bosco Sant’Ippolito di Benestare. L’inchiesta prese le mosse da una denuncia dell’ex dipendente Aurelio Milazzo che, secondo quanto emerso ieri dalle parole del Pubblico Ministero, «Si licenziò proprio perché non condivideva l’attività illecita dell’azienda». Sia il Pm che l’avvocato di parte civile, nell’udienza di ieri, hanno chiesto l’audizione dello stesso Milazzo, una richiesta respinta dal presidente, che ha invece acquisito parte degli atti prodotti dalla pubblica accusa, depurati dalle valutazioni dichiarative presenti. In particolare, il Pm ha contestato «la gestione dei rifiuti derivanti dai bagni chimici in spregio alla legge, perché – ha proseguito – non essendo stati esibiti i formulari o i registri di carico e scarico, questo ha indotto a pensare che i rifiuti non venivano smaltiti correttamente, come risulta dalle prove testimoniali acquisite, visto che usavano rilasciare dei tagliandini a ogni contratto di locazione invece dei formulari. In pratica, venivano incassati i soldi della locazione dei bagni chimici, ma i rifiuti non venivano conferiti negli appositi impianti di trattamento». Per tutte queste ragioni, il Pm ha chiesto la condanna a cinque anni di reclusione per Giuseppe Linarello (definito «il vero dominus dell’operazione») e l’assoluzione per gli altri imputati Rinaldo Silvana (moglie dell’amministratore), Linarello Paolo e Singh. L’avvocato Panuccio, difensore dei coniugi Linarello ha eccepito che «Al momento del rilascio del permesso di esercizio dell’attività posta in essere, ovvero il 5 dicembre del 1988, la normativa speciale in tema di rifiuti in stato di emergenza non era ancora entrata in vigore, visto che la Calabria divenne regione in stato di emergenza rifiuti tredici giorni dopo». «Saremmo, dunque, – ha aggiunto Panuccio – in ambito contravvenzionale, di sanzione amministrativa e non penale». Ma oltre alla contestazione in punto di diritto, Panuccio ha espresso un’eventualità di fatto. «non abbiamo – ha detto il difensore dei coniugi Linarello – la prova che i bagni affittati siano stati effettivamente utilizzati. Perché in tal caso, non era necessario smaltire alcunché, ma bastava passare a pulirli e disinfettarli. E se i rifiuti, ove ce ne fossero stati, li avessero sversati nelle fogne comunali, dove sarebbe il reato? »- Una tesi, quella dell’incertezza sulle quantità da smaltire, che è stata corroborata dall’altro difensore, avvocato Mario Mazza. «La pubblica accusa – ha detto – non ha mai dimostrato nulla sui quantitativi e nessuno ha verificato l’esistenza dei liquami nei bagni chimici, specie in quelli presenti nei cantieri. L’attività d’indagine – ha concluso – è parziale e lacunosa». Entrambi gli avvocati difensori hanno chiesto l’assoluzione per gli imputati. Poi, la condanna a un anno e otto mesi per il solo Giuseppe Linarello.
GIANLUCA ALBANESE