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di Antonio Baldari
All’indomani della sentenza del tribunale di Roma che ha statuito l’assunto secondo cui “palpare per meno di dieci secondi non è violenza” cresce il livello di rabbia generale delle donne, le quali si sentono sempre più “oggetto” da manipolare ad indefinito uso e consumo che, a quanto pare, neanche le leggi dello Stivale sono capaci di condannare; nello specifico, però, la domanda nasce spontanea: con quale strumento si può misurare, nel tempo, l’atto incriminato? Ce ne vorrà uno ad hoc o cos’altro servirà per determinare chi ha torto e chi ha ragione?
“Signor Giudice, questo tizio qua è venuto e mi ha preso alle spalle mettendo le mani sul mio seno, e Le assicuro che è durato parecchio, più di dieci secondi, l’ha misurato il mio palpogio, eccolo!”. “No, Signor Giudice, la signorina qui presente si è fatta prendere dal panico, io non volevo affatto usarle violenza, ho commesso il gesto, lo ammetto, ma è durata sette secondi, il mio palpogio l’ha registrato perfettamente, guardi!”.
I due virgolettati di cui sopra sono del tutto inventati, di una situazione assolutamente surreale e relativa a dei personaggi che non hanno un nome ed un cognome ma che ben presto, però, potrebbero averli; eh sì perché all’indomani della sentenza del tribunale di Roma che nei giorni scorsi ha stabilito che “palpare sotto i dieci secondi non è reato”, molte donne – ma anche degli uomini, per la verità – potrebbero trovarsi a dover presentare denuncia per poi conseguentemente difendersi.
La soprarichiamata sentenza del tribunale romano è da ricondursi a fatti accaduti nell’aprile dello scorso anno all’interno di una scuola della Capitale e sono oramai divenuti ben noti proprio in virtù, o a causa, dipende chiaramente dai punti di vista, dell’acclarata sentenza di primo grado per la quale il collaboratore scolastico ATA, autore della palpata su una studentessa diciassettenne di quella scuola, è stato assolto con la seguente motivazione “L’azione dura una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento. L’atto è maldestro ma privo di concupiscenza”.
A tale proposito le associazioni più o meno femministe si sono scagliate contro tale provvedimento che, lo si ricorda è stato adottato in primo grado, a loro dire mette ancora una volta in una posizione di degrado le donne ed il loro essere donna posto che ci si sente autorizzati, per parte degli uomini, naturalmente, ad offendere per non dire “violentare” una donna anche perché c’è una miriade di sentenze e/o altri provvedimenti legislativi che, giustappunto alla voce “violenza sessuale”, sono abbastanza chiari, e tutto sommato duri contro quegli atteggiamenti provocatori e prevaricatori nei riguardi delle stesse donne.
Sulle quali si userebbe violenza ma non stando alla succitata sentenza, che però, a ben guardare, ispira quantomeno un paio di interrogativi: 1) si è detto che “sotto i dieci secondi la palpata non è violenza”, però, effettivamente, dieci secondi sono tanti, nove, otto, sette secondi di un’azione che non vede la donna consenziente pone un certo disagio, malumore, violenza perché ci si rifiuta in modo assoluto di farsi mettere le mani addosso da chi è considerato sgradito. 2) i famigerati “dieci secondi” o giù di lì da chi vengono stabiliti? Dalla palpeggiata? Dal palpeggiatore? Da un…palpogio, una sorta di strumento orologio misuratore delle palpate?
Interrogativi che al momento rimangono tali e che, chissà, un giorno non molto lontano saranno sciolti in una delle conversazioni di cui sopra davanti ai giudici, ai quali desideriamo, in ogni caso, rivolgere dei quesiti: come spiegheranno alla propria madre, moglie, fidanzata, figlia, nipote e via di queste parentele, eventualmente vittime di tale “atto maldestro” come lo hanno definito loro, che la legge viene applicata con tali diciture e significati? Cosa diranno a proposito dello “indugio” sui seni e/o sulle natiche? Ché se uno si ferma per sette secondi sulla parte anatomica di una donna lo fa per scherzo e non per provare piacere, non essendo lui gradito? E a proposito di piacere, la concupiscenza, dell’appagamento sessuale, cosa direte? Che si può stabilire con le carte ciò che sessualmente una donna non ritiene di voler ricevere?