di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Wikipedia)
Come diceva Goethe: “Gli errori dell’uomo lo fanno particolarmente amabile”. E meno male, aggiungiamo! A molti di noi sarà capitato di ascoltare, talvolta in situazioni occasionali e talaltra in luoghi di frequenza abituali, degli strafalcioni linguistici pronunciati, ci ostiniamo a pensare, per fretta, per disattenzione o per traduzione letterale dal dialetto all’italiano.
Nel linguaggio estemporaneo e colloquiale è possibile incorrere in involontari sbagli, ma alcuni non si può fare a meno di ricordarli e di riderci su. Ecco alcune frasi scambiate fra insegnanti in una scuola media e quindi, ahimè, in ambiente scolastico: “siamo nell’occhio del ciclope” invece che nell’occhio del ciclone, “dobbiamo condurre una difesa a sparatrappo” invece che una difesa a spada tratta ed anche “oggi ho parlato della pietra emiliana” invece che della pietra miliare e “son rimasto con la lingua a pendoloni” invece che a penzoloni. In uno studio medico, invece, tra pazienti in attesa del proprio turno: “mi sono aumentati i tricicli e il polistirolo” anziché i trigliceridi e il colesterolo e “mi viene spesso il patè d’animo” anziché il patema d’animo. E continuando in un dialogo fra ingegneri: “da ammirare è la stitichezza della casa” invece dell’estetica, “devo sostituire i fluviali della casa” invece dei pluviali e, non ci si crede, “si deve coprire tutto con la catrame” invece del catrame. Oppure “quello è un mio anonimo” invece di omonimo e, così di seguito, ognuno avrà la sua lista personale di frasi che, a distanza di tempo, hanno l’encomiabile merito di strappare ancora un sorriso, diremmo quasi degli evergreen. E in un mondo sempre più ansiogeno, ci sembra poco?
Spesso assistiamo divertiti ai monologhi di alcuni comici che hanno costruito la propria carriera nel mondo dello spettacolo mettendo l’accento sugli errori raccolti in giro dai gaffeurs di turno ed esacerbandoli poi a bella posta,vedi Frassica e molti altri che traggono ispirazione dalla realtà circostante per battute e giochi di parole in bilico tra realtà e fantasia. I meccanismi alla base dell’ilarità sono stati da sempre oggetto di studio e in quest’ambito sono stati classificati vari stimoli umoristici quali, per esempio, l’elemento della sorpresa o l’incongruità interna alle situazioni che si vengono a creare. Si tratta, in genere, di situazioni buffe e imprevedibili come i capitomboli fisici, in ogni caso quelli che non fanno male a nessuno e neanche a chi vi incorre (cinema muto docet). Quindi, per una sorta di analogia sono anche le cadute lessicali a scatenare l’ilarità, o almeno quelle non volute, definiamole innocenti.
Al contrario, si potrebbe provare fastidio o addirittura sdegnarsi quando ci si rende conto che i fautori di questi lapsus bivaccano, sempre più numerosi, soprattutto sulle reti televisive, teatro prediletto di candidi e ignoranti vituperi della lingua italica. Errori di grammatica, di sintassi ed anacoluti vari, non giustificati affatto dall’emozione delle dirette tv, invadono l’etere. La strategia degli addetti alla comunicazione è quella di far finta di niente (o forse non fingono, semplicemente ignorano) e quindi, anche in caso di lapsus linguae, di non correggersi dimostrando così scarsa professionalità e mancanza di rispetto nei confronti del pubblico.
La cara lingua di Dante e di Manzoni, o almeno di quel che ne resta dopo la deriva dei social, è storpiata sovente senza ritegno. Ben vengano i neologismi che, sottoposti al vaglio dell’Accademia della Crusca, rendono più fluido il discorso, ma nessuna ratio si riscontra nell’arbitraria sostituzione delle vocali, oltretutto cacofonica e di negativo impatto sui telespettatori più piccoli (per esempio, l’uso della o anziché della a, nella terza persona plurale dei verbi di prima coniugazione, genera mangiono , parlono invece di mangiano , parlano oppure la discordanza fra le parti variabili del discorso). E pensare che la lingua italiana , vero capolavoro artistico proprio per l’insita metrica di derivazione classica e l’armoniosa alternanza di consonanti e vocali, è uno degli idiomi più musicali che esistano e per questa sua peculiarità è da sempre ammirata e studiata in varie parti del mondo. Comunque, l’uso scorretto non riguarda solamente la nostra lingua madre. Decenni or sono, le cosiddette “signorine buonasera”preposte agli annunci televisivi, dovevano dimostrare, per essere assunte nel servizio pubblico RAI, di possedere dimestichezza con la pronuncia delle lingue più diffuse, mentre oggi anche navigati professionisti talvolta pronunciano in modo errato alcuni vocaboli stranieri, diventati peraltro di uso comune.
Bando, quindi, all’anacronistico purismo linguistico essendo, la lingua, uno strumento vivo sempre adattatosi al divenire dei tempi, ma non possiamo fare a meno di sottolineare, invece,come e quanto l’italiano stia cambiando in nome della sintesi e della…. confusione. Nei testi delle canzoni pop, che rispecchiano la cultura musicale odierna in cui la quantità delle parole, per esigenze artistiche, rincorre le note, potremmo parlare di licenze poetiche.
Tutt’altra storia sottende alla comunicazione televisiva in cui l’intonazione della voce, in un ritmo sempre più incalzante e sensazionalistico, annulla le pause indispensabili ad una normale comprensione. Ci dobbiamo rassegnare ad un eloquio farfugliato e sbocconcellato in tutta fretta in nome dei tassativi tempi televisivi? Oppure ad equilibrate regole grammaticali soppiantate con faciloneria da semplificati costrutti all’inglese e sacrificate sull’altare di una supposta evoluzione linguistica che tenta di celare lacune personali? No, grazie.