di Antonio Baldari
Ed è giunto anche per quest’anno il giorno della “Commemorazione di tutti i fedeli defunti”, ossia il giorno in cui si ricorda chi non c’è più quantunque “nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta”, secondo una celebre frase molto gettonata sui social e che è da attribuirsi ad Ugo Foscolo, il poeta, scrittore e letterato italiano, che cercava nei confronti della morte qualcosa di divino, proprio lui che fede non aveva.
Il divino appartiene alla morte essendo quest’ultima il lato B, per così dire, della vita, il primo passo verso il mondo che verrà, di certo sono questi dei tempi molto tristi, lugubri, tremendamente caratterizzati da una sorta di “cultura della morte”, di ciò che pressoché quotidianamente conduce alla morte essendo morte e non altro; tra un paio di mesi saranno passati quattro anni dall’insorgenza del Covid che ha portato in Italia oltre centocinquantamila morti, un dato tristissimo e molto preoccupante di cui ancor’oggi se ne sentono le conseguenze.
A ruota della cosiddetta “fine Covid” vi è stato l’inizio dell’invasione in Ucraina, con la fine di quel piccolo refolo di serenità e di pace immediatamente terminato facendo ripiombare nuovamente in quella cultura di morte e traumi quotidiani che hanno ulteriormente segnato il popolo italiano e tutti i popoli più o meno interessati dal conflitto; un mese fa un’ulteriore sottolineatura nera, che più nera non si può, con lo scoppio dell’ennesimo atto bellico tra Israele e Hamas per quell’ancora irrisolto e storico braccio di ferro nella striscia di Gaza e gli altri territori contesi dalle parti in causa.
Che sta ulteriormente stritolando il pianeta Terra fra le braccia della morte, che, come detto, è l’altra faccia della medaglia ma, in questi casi tipici della “cultura di morte” dal Covid ad oggi, assolutamente inaccettabili perché la morte è naturale come la vita ma non così, che di naturale non vi è nulla; a tali “capi di guerra e di morte”, soldati fedelissimi di chi calpesta la vita senza “se” e senza “ma”, consigliamo la lettura di un brano poetico a firma del principe Antonio De Curtis, in arte Totò.
Tale testo è familiarmente conosciuto come ” ‘A livella “, che pone tutti gli esseri umani, indistintamente, uguali proprio innanzi alla morte, a Colei che mette tutti sullo stesso piano, ricchi e poveri; bianchi e neri; potenti e non: tutti si è chiamati innanzi a lei, a prescindere, ma un conto è farlo perché la morte non la si è cercata, e quindi da vittime, ed un conto è perché la si è imposta, la morte, e quindi da assassini.
La morte è una “livella”! Meditiamo gente, meditiamo!