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McDonald McDonald McDonald
Home Arte e Cultura

Mammola, parziale censura dei murales erotici sul pilone sotto il Mu.Sa.Ba.

24 Settembre 2013
in Arte e Cultura
Tempo stimato: 7 min per leggerlo
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McDonald McDonald McDonald

di Margherita Catanzariti

MAMMOLA – E’ con amarezza e non poca delusione che sottopongo all’attenzione degli organi di stampa, della comunità artistica calabrese e dei cittadini tutti, un episodio a dir poco spiacevole che ha avuto come protagonisti, da una parte, lo staff e la direzione del Parco Museo d’arte moderna MuSaBa di Nik Spatari ed Hiske Maas e, dall’altra, due giovani artisti statunitensi.

Holden Matarazzo (nel fotino in home), Brooklyn (New York City) e Alex Ferm, Columbus (Ohio), entrambi provenienti dall’Art Institute di Chicago, sono stati invitati lo scorso giugno a Mammola per realizzare, a titolo ovviamente gratuito, un enorme murale all’interno della proprietà del MuSaBa.
I fatti: cinquemila dollari in due per il biglietto aereo, dieci giorni di permanenza con vitto e alloggio al MuSaBa, progettazione, così come espressamente richiesto dagli Spatari, di un affresco erotico su uno dei giganteschi pilastri che reggono il cavalcavia che attraversa la proprietà del Parco, puntualissima realizzazione dell’opera, articoli sui giornali, sorrisi, abbracci, partenza dei due artisti per New York, contenti di aver lasciato il loro generoso regalo ad un museo calabrese. Qualche settimana dopo, la copertura di metà del loro murale, con la sovrapposizione di altri due affreschi realizzati da due artisti non meglio identificati. Affreschi che nulla hanno a che vedere con il lavoro originale. Sconcerto da parte dei primi visitatori del murale. Gran mala figura internazionale.
Ma cosa può aver spinto lo staff del MuSaBa a compiere un gesto che ha tanto il sapore della censura? Quale era il soggetto del lavoro di Matarazzo e della Ferm?
Il murale raffigura, o meglio raffigurava, il filosofo Diogene seduto dentro la sua botte di terracotta, mentre culla tra le mani la sua lampada illuminata. In cima alla botte, una coppia di giovani donne maliziose in una esplicita posizione erotica, mentre una coppia di signori eccitati, posizionati ai lati della botte, desiderano, o meglio desideravano, ardentemente le due donne al momento irraggiungibili. Matarazzo, che ha ideato l’opera, è sempre stato un fan di Diogene e della parresia in generale e la decisione di farne il soggetto dell’affresco è un tributo alla scuola di pensiero irriverente e controcorrente del filosofo, che da sempre nell’antica Grecia fu ostacolato, denigrato, censurato.
Ironia della sorte, pare che nulla sia cambiato: le due figure maschili ai lati del filosofo Diogene sono scomparse, la celebrazione gioiosa dell’edonismo e della ricerca del piacere, sono state coperte malamente da altri due affreschi laterali che raffigurano serpenti colorati e finti occhi psichedelici. Come se non bastasse, la firma di Matarazzo è stata prima cancellata e poi stranamente riscritta in modo sbagliato.
Il tutto, ulteriore aggravante, senza avvertire, contattare, interpellare i due artisti autori dell’opera originale. A Holden ed Alex, non è stato chiesto alcun permesso di modificare l’opera che porta il loro nome, non è stato neanche spiegato il perché di una tale decisione, né data alcuna comunicazione. Nulla. Neanche una telefonata, una mail, un sms, una parola da parte di Hiske e Nik Spatari.
Ora, un paio di domande sorgono spontanee: perché fare una cosa del genere? Se il murale non incontrava il gusto del MuSaBa, perché non fermare i ragazzi durante la realizzazione dell’opera? Perché non chiedere loro di modificarlo quando erano ancora lì? Perché chiamare i giornali a fine lavoro e fare uscire gli articoli che celebrano l’apertura e la collaborazione internazionale del MuSaBa con altri artisti e poi, una volta spenti i riflettori, coprire il lavoro dei colleghi manifestando una totale mancanza di rispetto per il diritto d’autore altrui, andando contro ogni regola etica e morale che tacitamente regola i rapporti tra artisti?
Se, come molto probabilmente gli Spatari si affretteranno ora a dichiarare, il murale non andava bene per loro, non era arte degna del loro Parco Museo, perché non dirlo prima? Perché agire nell’ombra e nel silenzio? Perché non avvertire, ripeto, i due autori?
Uno dei fondamenti dell’arte non è la sensibilità d’animo di chi la produce? Dov’è la sensibilità di Spatari in questa occasione? Una delle regole sacre in questi casi non è il rispetto per le creazioni altrui e l’inviolabilità del diritto d’autore? Come si sentirebbe Nik Spatari, se un bel giorno, qualcuno decidesse di deturpare arbitrariamente uno dei sui lavori?
Ultima domanda: è davvero il MuSaBa e chi lo gestisce l’eccellenza dell’arte moderna calabrese?
Perché, scusateci se osiamo, ma coprire un paio di nudità maschili con delle grossolane mani di vernice, più che avanguardia fa un tantino oscurantista.
Se al MuSaBa due falli per aria fanno perdere il sonno a chi si fregia (cosi come recita un’incisione all’ingresso del Museo) del titolo di “leggenda” artistica e li turba così tanto da svegliarsi una mattina e decidere di deturpare un’opera d’arte altrui sottraendola agli occhi di chi poteva goderne liberamente, se tutto questo è il massimo che il nostro potenziale umano artistico può produrre, allora stiamo freschi.
Dalla notte dei tempi, l’arte è ricerca, passione, apertura e condivisione. L’arte è luce, non oscurità.
Piacerebbe a tutti starsene rinchiusi tra le mura della propria personale versione della Cappella Sistina lasciando il mondo fuori, ma forse essere artisti significa anche essere pronti a confrontarsi con gli altri. Continuare ad aprirsi al mondo in continua evoluzione.
Queste cose le dai per scontate quando frequenti certi ambienti , quando frequenti artisti, scrittori, musicisti. Le dai per scontate in tutto il mondo. Ma, ahinoi, non le puoi dare per scontato in un paesino della Calabria, e precisamente a Mammola, al Parco Museo di arte moderna ma non troppo Musaba di Nik Spatari e Hiske Maas. E lì capisci che, come tutte le leggende, forse il MuSaBa non è una storia vera.
Matarazzo e la Ferm si sono trincerati, per ora, dietro un pesante silenzio, ma chi conosce la loro sensibilità artistica e umana, sa quanto la ferita stia bruciando. La loro opera è stata violentata, snaturata, oltraggiata e letteralmente svalutata. Senza chiedere permesso, senza dare una spiegazione, senza chiedere scusa.
E la sottoscritta non può che sentirsi responsabile nei loro confronti, perché li ha messi in contatto con il MuSaBa e invitati qui credendo di creare un ponte artistico tra America e Calabria, sperando di creare qualcosa di bello e folle, che restasse per sempre. Qualcosa che rompesse gli schemi, con originalità e gioia. Invece quello che resterà per sempre sarà un’opera d’arte sfregiata in malo modo. Con totale noncuranza.
Credevo che fossimo pronti a qualcosa di nuovo. Ma così purtroppo non è. Non ancora.
Vorrei riuscire con queste parole a fare breccia nelle vostre orecchie e anche nelle vostre menti. Mi rivolgo non solo agli organi di stampa e alla comunità artistica calabrese, ma anche al singolo cittadino che dell’arte è un amante:
Svegliatevi! Demolite i falsi miti, andate oltre, osate. Nell’arte, nella scrittura, nella musica, nel teatro. Nella vita. Osate, scioccate, colpite al cuore e allo stomaco. Perché non ci è rimasto nient’altro. Solo questo.

 

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