SIDERNO – Manovre di piccolo cabotaggio, trattative più o meno riservate, telefonate a utenze che contano, sia nei palazzi del potere istituzionale che ai referenti del mondo che trae la sua forza dal vincolo associativo di un sodalizio illegale. Dalle carte dell’operazione “Saggezza”, condotta dai carabinieri coordinati dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria-Direzione Distrettuale Antimafia nelle prime ore di oggi, emerge un quadro poco lusinghiero della fase che, nella seconda metà del 2007, condusse al rinnovo degli organismi elettivi della comunità montana “Aspromonte orientale”. Il presidente uscente è Vincenzo Mollace, che a fine mandato individua come suo potenziale successore il giovane avvocato e sindaco di Sant’Agata del Bianco Giuseppe Strangio, attuale presidente del comitato esecutivo di AssoComuni locridea. Bruno Bova, però, non ci sta. L’ex primo cittadino di Ardore è un amministratore navigato e come step successivo della sua personale carriera lascia intendere subito che aspira alla presidenza della Comunità Montana, proponendosi, una volta vinte le elezioni, una gestione dell’Ente in netta discontinuità con l’era Mollace. Quindi, dopo una parvenza di trattative preliminari e di sondaggi sulla successione del presidente in carica, avvia il suo personalissimo giro di consultazioni tra gli avversari politici di Mollace, al fine di costruire quella base di consenso necessaria ad essere eletto senza troppi patemi d’animo. Bova sa come si fa, conosce il manuale Cencelli e il do ut des con i potenziali sostenitori. Il primo ad aderire al suo manifesto è il sindaco di Casignana Pietro Crinò, che porta in dote i tre potenziali sostenitori di Bova pescando nel civico consesso del suo paese. Quelli di Samo invece vogliono qualcosa in cambio: un posto nella giunta che verrà. Pur di arrivare al “quorum” delle 22 preferenze per essere eletto, Parigi (o, in questo caso, Samo) val bene una messa. Ma Bova sembra non accontentarsi del sostegno dei sindaci e allora alza l’asticella, chiamando il consigliere provinciale in carica Gigi Giugno chiedendogli di fare da garante del sostegno dei comuni di Bovalino, Benestare e Careri, si rivolge all’altro consigliere provinciale Luca Maio ma non basta. Bisogna chiamare quelli che contano di più, quelli che si siedono su uno scranno parlamentare e hanno sempre qualche referente locale al quale rivolgersi per abbracciare questa o quella causa. È il caso del senatore sidernese Pietro Fuda, e del deputato reggino Gigi Meduri. Bova ostenta sicumera, e confida a un suo amico che non teme le manovre dei suoi competitor che si sarebbero rivolti perfino a suoi referenti che, secondo lui, sarebbero nettamente dalla sua parte, e fa sfoggio dell’esperienza amministrativa passata quando dice «Io è dall’87 che facevo il sindaco ad Ardore, quindi figurati…». Bova non si fida molto del sindaco di Bovalino Zappavigna e, pensando ai possibili consensi provenienti dal Comune di Antonimina, la prende molto alla larga, informandosi sui rapporti che intercorrono tra l’allora primo cittadino di Locri Francesco Macrì e il suo omologo di Antonimina Luciano Pelle; lo fa rivolgendosi al sindaco di Ardore Giuseppe Campisi, ma sembra solo un pour parler, mentre incamera nella cittadina termale il sostegno dell’allora consigliere comunale di minoranza ed attuale sindaco di Antonimina Antonio Condelli. Intanto, guarda anche a Sant’Ilario, interessandosi col sindaco in carica Pasquale Brizzi affinché questi possa intercedere presso gli altri due rappresentanti del suo comune nella comunità montana. Sono giorni di febbrili trattative, calcolatrice alla mano, alla ricerca del quorum necessario per essere eletto presidente della comunità montana, quando nel suo albergo in pieno centro ad Ardore, Bova riceve la visita di uno che politico non è, amministratore nemmeno, ma che gli potrebbe comunque dare una grossa mano: Giuseppe Varacalli, presunto capo locale di Ardore che fa capire che grazie ai suoi buoni uffici avrebbe potuto garantire a Bruno Bova i consensi necessari all’elezione pescando in quel di Antonimina, paese del suo sodale Cola Romano. L’esito del coffee break tra i due presunti boss in un bar di Locri è documentato in un’intercettazione ambientale, ed è favorevole a Bruno Bova, che quando ne parla col compaesano Giuseppe Varacalli, soprannomina Cola Romano “il geometra”. E così, mentre incamera il sostegno del sindaco di Antonimina Luciano Pelle che rincasava la sera tardi dopo aver lavorato come funzionario regionale a Catanzaro, “costringendo” il “geometra” Cola Romano a fare ben due viaggi ad Antonimina visto che in occasione della prima visita il sindaco non era tornato dal capoluogo, Bova gioca di tattica sfruttando il sostegno, in buona fede, del primo cittadino di Sant’Ilario Pasquale Brizzi. Proprio così: secondo gli investigatori, infatti, Bova sa di avere i numeri per vincere, dopo l’intervento risolutivo del suo “geometra” di fiducia Cola Romano presso il sindaco di Antonimina, ma vuole far credere a Brizzi che ci sia assoluto bisogno della sua azione politica e quindi non esita a sollecitargli un impegno maggiore per trovare voti che in realtà c’erano, visto che gli ultimi “sondaggi” gli davano 24 preferenze, due in più di quelle che cercava. Ma la tattica era chiara: meglio far credere a Brizzi e agli altri che si trattava di un successo politico fatto d’intermediazioni tra amministratori che ottenuto grazie all’intervento straordinario del compaesano Giuseppe Varacalli presso Cola Romano, divenuto garante dei consensi anche della maggioranza al Comune di Antonimina, visto che alla minoranza ci aveva pensato Luca Maio. Il resto è storia recente, con Bova che viene eletto alla presidenza della comunità montana e Cola Romano che commenta col presunto boss Vincenzo Melia il risultato elettorale, con la soddisfazione di chi sa di avere ottenuto il risultato sperato nonostante le difficoltà iniziali. Quindi, una volta salito sullo scranno più alto del palazzo della “Aspromonte orientale”, pensa al programma da attuare nei “primi cento giorni di governo dell’Ente”, come l’istituzione ex novo di un’indennità di carica per il presidente del consiglio della comunità montana (fino ad allora non prevista) e quindi, non prima di aver consultato il senatore Pietro Fuda, Bruno Bova nomina la seguente lista di assessori: Carmelo Florio Altobello (Bovalino), Giovanni Strati (Samo), Giusepe Pietroburgo (Antonimina), Giuseppe Sculli (Ferruzzano), Immacolata Policheni (Sant’Ilario), Leonardo Stilo (Africo), Michele Giorgi (San Luca), Giuseppe Mario Mittiga (Careri), Paola Romeo (Casignana) e Pasqualino Polifroni (Ciminà), una “top ten” composta seguendo un rigido criterio territoriale, non politico. Infine, sempre a proposito di priorità dei “primi cento giorni di governo” della comunità montana, il neo presidente pensa ai compaesani, cercando di agevolare le pratiche per la rateizzazione o il rinvio a data da destinarsi di un debito di 122.000 euro che proprio il Comune di Ardore deve alla Comunità Montana come contributo associativo, mentre alcuni sindaci manifestavano malumori in merito alla gestione di alcuni finanziamenti di cui si erano perse le tracce durante la presidenza di Mollace. Tra questi, l’allora sindaco di Samo Bruzzaniti e il suo omologo di Casignana Crinò.
GIANLUCA ALBANESE