di Adelina B. Scorda
BOVALINO – Una panchina rossa per ricordare, un simbolo posizionato questa mattina in un luogo, la Villa Comunale di Bovalino, che fino a poco tempo fa era simbolo di schiavitù, sopruso, soggiogazione, dominazione e discriminazione della donna.
Ha voluto manifestare così questa mattina l’amministrazione comunale di Bovalino, in maniera composta, sobria come vuole essere questa giornata, un momento di riflessione. Una giornata che in realtà non dovrebbe esistere, perché l’essere umano così civile e moderno, così straordinario nella sua intelligenza si dimostra profondamente piccolo e incapace di accettare il proprio limite.
Una panchina rossa, quindi, per non restare indifferenti. ‹‹È questo il simbolo scelto per dare rilevanza, sensibilizzare la comunità contro una problematica sociale quanto mai attuale come è la violenza di genere››.
Un uomo che diventa piccolo, brutale, immobilizzato in quella visione arcaica che ha forgiato quegli stereotipi che affibbiano alla donna, caratteristiche che non la rappresentano realmente, come la debolezza, la remissività, la pacatezza. Donna angelo del focolare, figlia, moglie e madre, dove l’accettazione della suo cambiamento continua a stridere con l’idea millenaria che di Lei ci portiamo addosso.
Una violenza di genere, così abbiamo imparato a chiamarla, che si scaglia contro chi pretende, non di essere uguale all’uomo, ma desidera essere diversa, diversa da come è stata sempre pensata.
Biologicamente ed emotivamente diversi tra loro uomini e donne faticano a sentirsi uguali, nei diritti e nei doveri, uguali civilmente e moralmente.
Discriminazioni e violenze che nascono da retaggi culturali che affondano le loro radici nella storia millenaria dell’umanità, pregiudizi che legano indifferentemente uomini e donne, e che sfociano in tabù e violenza. Violenza che uccide, che sevizia e segrega, che lascia segni indelebili sulla pelle e anche violenza che uccide l’anima, che non ti spezza le ossa ma ti tarpa le ali, che ti toglie il sorriso che ti fa sentire colpevole e responsabile. Violenza camuffata in amore, una bugia tremenda che spezza la vita.
Sono questi i sentimenti che gli alunni dell’Istituto d’istruzione superiore Francesco La Cava hanno rappresentato questa mattina, nell’aula magna dell’Istituto.
Un tandem fra amministrazione e scuola, fortemente voluto da entrambe le parti in una collaborazione solida che vede questi due attori sociali lavorare a stretto contatto. Uno spettacolo breve, ma denso, quello presentato dai ragazzi del La Cava che alla presenza dell’amministrazione comunale, delle associazioni locali e delle forze dell’ordine hanno ripercorso, con un po’ di pungente ironia, le tappe di emancipazione della donna.
Da Eva, la tentatrice, a Beatrice rinchiusa nella sua gabbia dorata. Da Elena, la fedifraga, alla Monaca di Monza e Lucia, fino a lei la donna moderna che nega la violenza, la nasconde, difende il suo carnefice e si colpevolizza fino a morire.
Uno spot contro la violenza di genere ideato dalla professoressa Patrizia Cicciarello e una riflessione sulla violenza domestica hanno concluso questa prima parte della giornata, che proseguirà questo pomeriggio, sempre all’Istituto La Cava con il convegno “Mai più femminicidi” organizzato dall’associazione politico-culturale Nuova Calabria