Continua il viaggio all’interno dell’istituto reggino con l’intervento di quest’oggi della signora Maria, nome di fantasia così come Antonio, il di lei figlio, per una problematica di carattere psicofisico oltremodo delicata, giudicata tale dallo stesso punto di riferimento per i bambini: “L’ho contattato qualche giorno fa e mi ha rassicurato di volere intervenire per mio figlio e per coloro che sono coinvolti in una situazione simile, mai successo prima d’ora di essere stata trattata con indifferenza dalla dirigente scolastica che nemmeno conosco…” – afferma la madre del piccolo studente disabile interessato dalla legge n.104.
di Antonio Baldari
I suoi occhi sono neri, di un nero corvino da ispirare tanta tenerezza, come soltanto lo sguardo di una madre sa generare, particolarmente quando di mezzo ci sono i suoi figli e, ancor di più, se questi suoi figli vivono una complessa situazione psico-fisica da richiedere uno sforzo inenarrabile. Immane. Inevitabile perché non si può evitarlo come sempre e soltanto una madre sa non evitarlo, prendendo il coraggio a quattro mani con tutto l’amore di cui solo una madre è capace.
La signora, giovane moglie nonché giovane madre, è Maria, che così chiameremo a fronte di un caso che vive da svariati anni di cui l’ultimo, dal decorso settembre 2024, che definire durissimo è davvero il volere usare un eufemismo; Maria è madre di Antonio, anch’egli appellato con nome di fantasia giacché minore e soggetto principale della storia che stiamo raccontando, al pari del grembo che lo ha generato una decina di anni fa circa.
Munita di buoni propositi Maria si reca a scuola di suo figlio, la “Pascoli-Alvaro” di Siderno, popoloso centro dell’area metropolitana di Reggio Calabria, per la precisione negli uffici di segreteria dove non viene accolta con zucchero filato “Eh già perché mi sono sentita dire ma che fa? Dove sta andando? Non è qui che deve chiedere per suo figlio, deve mandare una email alla scuola, specificare il motivo e poi le sarà data risposta – esordisce con il dire Maria – a saperlo me lo sarei evitato quel vociare aggressivo come se avessi commesso chissà quale colpa!”.
Nello specifico Maria si era recata in segreteria, alla “Pascoli-Alvaro”, per la compilazione dei moduli in relazione all’uscita anticipata di suo figlio, Antonio per l’appunto, dimodoché potesse così organizzarsi per andare a prendere l’altro figlio a scuola, per l’esattezza alla Secondaria di primo grado, in tutta tranquillità: “Nella circostanza rilevo che all’invio della mail c’è stata la risposta da parte della dirigente che accoglieva la domanda” – precisa Maria rispetto ad un’uscita, quella del figlio Antonio, che in particolare presenta un quadro psicofisico non proprio da salute di ferro, tutt’altro!, stante il fatto che è interessato dalla cosiddetta legge 104 del 5 febbraio1992 emanata a tutela dei diritti, per l’assistenza e per l’integrazione sociale delle persone con disabilità in Italia.
Tutto procede con regolarità, nel tempo e nello spazio, sino allo scorso mese di febbraio, subito dopo la fine del primo quadrimestre ed essendo iniziato il secondo periodo di formazione didattica “E qui, però, succede che ho avuto un piccolo ritardo nella trasmissione dei documenti per la giustificazione delle assenze di Antonio – riprende Maria – lo ammetto, è stata una mia mancanza ma può succedere”, con i suoi occhioni belli di quel nero corvino che al contempo mutano in un nero di rabbia, mista ad una comprensibile emozione, per quella dimenticanza, chiamiamola così, ma anche e soprattutto per ciò che di lì a poco avverrà.
Arrivando la primavera con un’inaspettata telefonata: “Pronto, signora, sono l’assistente sociale…”, a Maria le si gela il sangue più di quanto non le si sia freddato da una serie di complicanze familiari che la piegano, sì, ma non la spezzano perché Maria è forte, come si dice a Roma “È gajarda e tosta” ed affronta anche questa, oltre alle visite di Antonio, alle amorevoli cure da dare a tutta la famiglia anche a costo di rinunciare a sé stessa come soltanto una madre sa rinunciare: “Incontro questa professionista, e la informo nel merito di Antonio e di tutto ciò che lo riguarda” – chiosa la signora Maria.
Che, come se niente fosse e come soltanto una madre sa fare, deglutisce a vuoto, manda giù non sapendo però che c’era il colpo di scena finale che la attendeva dietro l’angolo: “È stato pochi giorni fa, poco dopo la conclusione delle lezioni nel momento in cui ho inviato a scuola la certificazione attestante le assenze di Antonio allorquando mi è sopraggiunta quasi subito la risposta della scuola con cui mi si diceva che non poteva essere accettata visto che non era su carta intestata” – asserisce Maria con non poca prostrazione.
A quel punto traboccante di sconfinata amarezza “Perché sa che c’è? Io la dirigente scolastica (Maria Natalia Iiriti, nda) non so nemmeno chi sia, se la incontrassi per strada non gliela saprei nemmeno indicare, mentre l’anno scorso non era così, in segreteria nessuno si è mai permesso di urlare contro di me per la qualsiasi, o che non sia stata mai confortata dalla preside Cherubino, o dalle sue collaboratrici, lei sì che ha avuto sempre una parola di incoraggiamento e di conforto per i miei figli” – afferma secca la signora Maria, che ha provato a cercare conforto nel Garante per l’Infanzia, figura principe posta dalla legge a tutela dei bambini a cui Maria ha affidato tutto quello che ha fuori e soprattutto dentro di sé.
“L’ho contattato qualche giorno fa e mi ha rassicurato di volere intervenire per mio figlio e per coloro che sono coinvolti in una situazione simile, mi ha detto che interverrà perché queste sono fatti gravi, anzi, si è quasi sorpreso di tutte queste cose di cui l’ho informato e del perché siano andate avanti tutto questo tempo” – epiloga la madre del piccolo Antonio con tutto quell’ardore in petto, con tutta quella forza, ed in special modo con tutto quell’amore di madre che soltanto una madre sa dare. Contro tutto e contro tutti, per amore di un figlio che non conosce, e mai conoscerà, confine.