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Home Ambiente e Sanità

SANITA’ Giuseppe Grenci scrive ai sindaci della Locride e al comitato di rappresentanza dell’Asp 5

15 Gennaio 2018
in Ambiente e Sanità
Tempo stimato: 11 min per leggerlo
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Il sindaco di Ardore nonchè componente del Comitato di rappresentanza dei sindaci presso l’Asp 5, Giuseppe M. Grenci, ha trasmesso ai presidenti dell’Assemblea e del Comitato dei sindaci della Locride e al Comitato di rappresentanza dei sindaci presso l’Azienda sanitaria provinciale, una nota per denunciare il quadro critico cui versa l’assistenza sanitaria nel territorio, in special modo nella Locride, invitando chi di competenza a trovare delle valide soluzioni.

DI SEGUITO RIPORTIAMO IL TESTO INTEGRALE:

Egregi colleghi,

lo scorso mese di dicembre ha registrato numerose iniziative ed eventi, promossi dai Sindaci della Locride, in merito alla insostenibile situazione della sanità della ASP 5 ed in particolare del nostro comprensorio; la missione romana presso il Ministero della Salute e la elezione dei componenti il Comitato di rappresentanza presso l’ASP sono stati, forse, i due avvenimenti più importanti che hanno visto, l’uno l’invio di un nucleo ispettivo presso l’ospedale di Locri e l’altro la costituzione condivisa del Comitato di rappresentanza, composta da un gruppo di sindaci (il sindaco di San Giorgio Morgeto, Salvatore Valarioti, per la Piana; il sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Salvatore Meduri, per l’area grecanica; il sindaco di Scilla, Pasqualino Ciccone, per l’area dello Stretto; il sottoscritto per la Locride ed infine, di diritto, Giuseppe Falcomatà, sindaco della città di Reggio Calabria) che dovrà vigilare sulla operatività degli organi di gestione, anche in  relazione alle gravi criticità assistenziali più volte denunciate.

Nell’attesa che gli ispettori ministeriali di cui sopra, depositino le relazioni della propria missione, il Comitato di rappresentanza proceda alla elezione del presidente e vicepresidente, in vista della prossima riunione a giorni dell’Assemblea dei sindaci della Locride, il sottoscritto ha ritenuto opportuno avviare, senza perdere ulteriore tempo, una serie di colloqui e di incontri con gli operatori sanitari dell’ospedale di Locri e del territorio, in modo da poter, propedeuticamente, acquisire sul campo le notizie utili da cui partire per dare, nelle opportune sedi, un contributo fattivo alla soluzione dei numerosi problemi più volte citati.

Da tale indagine conoscitiva è emersa la conferma che la situazione dell’ospedale di Locri è, nel suo complesso, oggettivamente, estremamente critica e preoccupante, soprattutto perchè, in alcune unità operative, non ci sono le condizioni pratiche per assicurare, in sicurezza, i compiti e le funzioni che un Ospedale spoke deve garantire, con grave pregiudizio per il diritto alla salute degli utenti. A testimoniarlo sono gli stessi cittadini, costretti a subire le pericolose conseguenze di uno sterile immobilismo che continua a mettere a rischio le funzioni elementari di un ospedale di primaria importanza per il nostro territorio.

I sindaci (che con forza e grande determinazione si sono fatti interpreti di questo grave disagio), i cittadini e gli stessi operatori sanitari (che denunciano e subiscono, ogni giorno, i disagi ed i disservizi derivanti da una inaccettabile disorganizzazione diffusa), sono estremamente allarmati poiché, situazioni di questo genere condizionano pesantemente la funzionalità di molti reparti, i cui operatori  sono costretti a lavorare in condizioni di forte stress, con turni massacranti, ed a subire spesso offese e denunce in una situazione di  cronica, e non più insostenibile, carenza di personale e di mezzi.

Tutte le problematiche denunciate e documentate anche nei resoconti della stampa, che a più riprese si è interessata alla problematica e che hanno portato alla citata visita ispettiva da parte dei commissari del Ministero della Salute, si sono ultimamente aggravate e meriterebbero, vista la delicatezza e l’importanza della questione, assunzione di maggiore responsabilità da parte del management aziendale che, a nostro avviso, continua a dare solo risposte dilatorie e, comunque, assolutamente non adeguate alla gravissima situazione. Da quanto emerge quotidianamente, pur in un contesto regionale difficile per i vincoli del Piano di rientro, sul piano prettamente gestionale, l’attività dell’ Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, si è distinta per incapacità di affrontare quei problemi che, senza andare lontano, nelle altre 4 ASP della regione sono stati affrontati ed adeguatamente risolti. Citiamo, solo a mo’ di esempio, alcuni casi emblematici:

  • grave ritardo nella conduzione delle procedure di assunzione di personale di vari profili professionali, concesse dall’ Ufficio del Commissario per l’attuazione del piano di rientro. Sin dal 2015 l’ Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, in tempi successivi, è stata autorizzata alla copertura del fabbisogno di personale medico, infermieristico, tecnico, ostetrico, OSS, come si evince dai DCA n. 87/2015, DCA n. 110/2015, DCA  55/2016, DCA n. 64/2016 , DCA n. 134/2016, DCA n. 111/2017, DCA n. 04/2018. Si tratta di procedure che, come dicevamo, le altre Aziende del territorio regionale hanno completato da tempo, peraltro, caratterizzate da iter amministrativi del tutto ordinari, chiaramente disciplinati da fonti normative nazionali e regionali. Non si comprendono le ragioni di un simile ritardo rispetto al resto del panorama regionale. Emblematica è l’autorizzazione di n. 4 posti di Dirigente medico in Radiodiagnostica, autorizzati con il DCA n. 87/2015, la cui copertura poteva essere attuata già da tempo utilizzando anche graduatorie di concorsi pubblici attive presso altre ASP o AO regionali. Per non parlare dei tre posti di Direttori di Struttura complessa (Ortopedia, Ostetricia-Ginecologia, Radiologia), autorizzati sempre con il suddetto DCA n. 87/2015, di cui ancora, ad inizio del 2018, deve essere nominata la Commissione esaminatrice.
  • Assetto di unità operative caratterizzato da elevata precarietà dei ruoli, con incarichi dirigenziali e posizioni organizzative poco chiare e, in molti casi, addirittura in totale assenza di figure di riferimento. Considerando solo le strutture complesse, sulle 17 previste dall’Atto aziendale, meno di un terzo possono attualmente contare sulla presenza in servizio di figure apicali di ruolo. Queste condizioni comportano, inevitabilmente,  anche la delegittimazione delle figure c.d. “interinali” e, nei casi più gravi, pericolosi vuoti organizzativi e di supporto decisionale, con tutti i pregiudizi che ne possono derivare sul piano della adeguatezza e continuità assistenziale  e delle responsabilità medico-legali.
  • Gravissime condizioni di disfunzioni organizzative caratterizzano i servizi ospedalieri generali, in particolare Radiologia e Laboratorio analisi, dalla cui funzionalità ed efficacia, come intuibile, dipendono tutti gli altri reparti. E’ impensabile che per fare una radiografia o una Tac di notte e nei festivi si debba aspettare, o sperare, che il servizio di radiodiagnostica sia operativo, problematica che pone, ovviamente, seri rischi per determinate patologie come traumi, emorragie, peritoniti, etc. Se una diagnosi precoce può contribuire a salvare la sorte stessa di un paziente, una diagnosi tardiva la compromette pericolosamente. Non è assolutamente accettabile che, in situazioni di emergenza-urgenza, pazienti in condizioni critiche, debbano essere trasportati in ambulanza presso altre strutture dell’ ASP per effettuare i necessari accertamenti. Analogamente non è accettabile la situazione del Laboratorio analisi che garantisce la sua attività H 24, concorrendo in maniera indiscutibile alla formulazione delle corrette diagnosi da parte dei reparti che ne richiedono i dati e che provvede ad effettuare una cospicua attività diagnostica anche a favore dei pazienti esterni. Ebbene tra 2-3 mesi due dei 4 biologi in servizio andranno in pensione e si rischia che, se non si provvede urgentemente, resteranno scoperti alcuni turni: in relazione a ciò potrebbero, per esempio, essere ad alto rischio le numerose prestazioni a chiamata notturna (40/45 a notte) e rischiano di essere dirottati presso altre strutture i circa 1000 prelievi  mensili per i test emocoagulativi.
  • L’assenza di alternative assistenziali e la precarietà od inesistenza di “filtri territoriali”, comporta un elevato e inappropriato flusso di attività per il Pronto Soccorso, la cui carenza di dotazione organica, unita all’esiguo numero di posti letto effettivi presso i diversi reparti, determinano seri problemi di tenuta del sistema che, nella migliore delle ipotesi, si traducono in disagi all’utenza costretta ad ore prolungate di attesa o a trasferimenti presso altre sedi, lontane oltre 50 km. Rispetto alla dotazione complessiva dei 221 posti-letto ordinari previsti dall’ Atto aziendale, approvato con DCA n. 57 del 29.03.2017, in numerose Unità operative tali posti-letto sono stati ridotti in relazione alla grave carenza di personale medico e di assistenza. La Chirurgia Generale, per esempio, a fronte dei 30 posti letti assegnati, attualmente opera con un terzo dei posti previsti nell’Atto aziendale.
  • Molte delle attività specialistiche, in ambito medico e chirurgico, che l’ospedale di Locri, sino a poco tempo addietro, era nelle condizioni di poter garantire nei servizi ambulatoriali, sono state sospese o ridotte in maniera drastica, obbligando i pazienti a fare riferimento agli ambulatori di altre strutture pubbliche o private regionali e extraregionali. Per non parlare, poi, delle attività di screening (mammella, utero, colon) per le quali sono state date dal livello regionale anche specifiche autorizzazioni di assunzione.
  • Il livello di fiducia dell’utenza verso la struttura ospedaliera è comprensibilmente crollato e, quando possibile, per le attività di elezione, fatti salvi isolati episodi, continuano a registrarsi fughe verso altre strutture regionali ed extraregionali per il trattamento di casi ordinari, con tutto ciò che ne deriva sul piano dei costi della mobilità passiva.
  • In conseguenza di tale degrado e dei pericoli ad esso connessi, è difficile trovare personale disposto ad accettare, qualora ci fossero, incarichi di lavoro per pochi mesi; analogamente, spesso, si assiste anche ad una fuga di professionisti verso altre Aziende, essendo i pochi operatori rimasti in servizio presso l’ Ospedale, come accennavamo, sovraesposti a rischi professionali e costretti a garantire turni di servizio oltremodo gravosi. In tale contesto non risulta rispettata la normativa in materia di riposi e di durata massima dei turni di servizio stabilita dalla Legge n.161/2014.
  • Le precarie condizioni organizzative e gestionali descritte, note alla popolazione che, ovviamente, per questi motivi si approccia con sospetto e pregiudizio al ricovero, spesso conducono a momenti di tensione e conflittualità sia interna che verso l’esterno, ad una esasperazione delle condizioni lavorative e ad un evidente aumento del rischio denunciato, più volte e per iscritto, dagli stessi operatori.

Il sottoscritto, nella qualità di sindaco di questo territorio, di ex medico ospedaliero dell’ospedale di Locri, di componente il Comitato di rappresentanza e, non ultimo, di cittadino-utente del sistema sanitario nazionale e regionale, intende con forza appellarsi a tutti i livelli istituzionali preposti a tutelare e garantire in questo territorio il diritto alle cure previsto dalla carta costituzionale. In particolare si intende richiamare l’attenzione dei sindaci e del Comitato di rappresentanza, sull’art. 3.6 dell’ Atto aziendale  emanato (ed approvato) dell’ASP di Reggio Calabria, che testualmente recita:… al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, (l’Atto aziendale) assegna alla Conferenza dei Sindaci il compito di provvedere alla “verifica dell’andamento generale delle attività” , contribuendo alla definizione dei Piani programmatici e trasmettendo le proprie valutazioni e proposte motivate al Direttore Generale e alla Regione.

Il sottoscritto, inoltre, ritiene opportuno richiamare l’attenzione dei colleghi, anche sul Comma 7, dell’ art. 3 bis D.Lgs 502/92 e s.m.i. che prevede espressamente che “ il Sindaco o la Conferenza dei sindaci, di cui all’art. 3, comma 14, ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza di cui all’art.2, comma 2 bis, nel caso di manifesta inattuazione nella realizzazione del Piano attuativo locale, possono chiedere alla Regione di revocare il Direttore generale, o di non disporre la conferma, ove il contratto sia già scaduto”.

Per quanto sopra, non tanto per i poteri che la legge ci conferisce, ma soprattutto per la responsabilità  che ci impegna nei confronti delle comunità che ci hanno eletti per amministrare la cosa pubblica, il sottoscritto ritiene, per le situazioni ed i motivi su esposti, si debba procedere ad una azione di “diffida” della Direzione Generale dell’ASP e di richiamo al Presidente Oliverio ed al commissario Scura, affinchè di concerto tra loro, mettano in atto, con ogni mezzo consentito dalla legge e con la massima urgenza, tutti i provvedimenti necessari per realizzare un rapido processo di garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza nell’ASP 5, ed in particolare, per la drammatica situazione evidenziata, nell’ospedale e nel territorio della Locride.

Giuseppe M. Grenci

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