di Filippo Todaro*
L’ospedale di Locri è quello che è. Chi per esperienza personale, chi per sentito dire, lo conosciamo tutti. E’ anche nota a tutti una sorta di macabra voglia di certa stampa di denigrare il nostro territorio, sempre e comunque, mettendo in mostra i lati e le situazioni peggiori. Sempre e comunque, dicevo, figuriamoci allorché esistono elementi e circostanze di estremo degrado come quelli che esistono all’ospedale di Locri. Detto poi che non capisco, anzi mi rifiuto di capire, perché da decenni parliamo della crisi sempre più grave dell’ospedale della Locride senza che nulla di positivo succeda, mi va di fare una qualche considerazione.
Mi va soprattutto di lodare, e ammirare anche, l’operato dei medici che vi lavorano nelle condizioni di estrema difficoltà oggettiva che conosciamo. Cinque anni fa fui ricoverato, pressoché morente per un serio scompenso cardiaco, nel reparto di cardiologia di Locri. “Non si preoccupi – mi disse il primario appena mi visitò – la rimetterò in sesto in una settimana”. Così avvenne, ritornai alla vita (non è retorica!) e dopo una settimana tornai a casa. “Ma – mi disse ancora il primario alle mie dimissioni – la manderò a curarsi a Milano, al San Raffaele, qui non abbiamo le attrezzature e i servizi adatti, in grado di affrontare e risolvere il suo problema fisico”. Fui ricoverato al San Raffaele (due settimane) e le mie condizioni migliorarono ulteriormente. Ci vado ancora almeno due volte all’anno per “controlli” e posso dire di stare bene. Credo che in questa mia personale storia, che poi è anche la storia di moltissime persone, ci sia la sintesi delle condizioni dei medici e delle attrezzature dell’ospedale di Locri e, molto probabilmente, di molti altri ospedali, specie del Sud.
Nonostante la bravura e la professionalità dei medici mancano le dotazioni più moderne per curare malattie divenute addirittura “banali” e di routine altrove. A chi tocca impegnarsi allo spasimo perché anche qui l’ospedale sia dotato di tutto quanto è necessario per la cura dei pazienti, che c’è altrove? Credo sia questa la questione prima e più importante. Senza girarci intorno.
*: giornalista