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Home Cronaca

OPERAZIONE “MAGMA” Disarticolato il clan Bellocco

29 Novembre 2019
in Cronaca
Tempo stimato: 13 min per leggerlo
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R. & P.

Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, unitamente a personale del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, dalle prime luci dell’alba, con la cornice di sicurezza offerta da elicotteri del Comparto AeroNavale del Corpo, stanno eseguendo un’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale in carcere e agli arresti domiciliari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di 45 soggetti accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione di armi e rapina aggravate dall’utilizzo del “metodo mafioso” e della transnazionalità del reato.

L’esecuzione delle odierne misure cautelari personali rappresenta l’epilogo di un’importante e complessa indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, coordinata dal Procuratore Aggiunto Gaetano Calogero Paci e dal Sostituto Procuratore Francesco Ponzetta e condotta dal Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata – G.O.A. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria.

Nel dettaglio, le attività investigative hanno consentito di destrutturare completamente la cosca di ‘ndrangheta riconducibile ai Bellocco di Rosarno (RC) e le sue articolazioni extra regionali, traendo in arresto tutti i membri apicali della prefata famiglia, appartenente al “mandamento tirrenico” e operante nella piana di Gioia Tauro, in Emilia Romagna, in Lazio e in Lombardia.

I BELLOCCO, avvalendosi della forza intimidatrice scaturente dal vincolo associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà creatisi nei citati territori, attuavano un capillare controllo di ogni aspetto della vita, specie pubblica ed economica, con l’intento di addivenire all’assoggettamento  egemonico del territorio, realizzato anche attraverso accordi con altre organizzazioni criminose omologhe, quali la cosca PESCE in Rosarno, cosca GALLACE in Anzio, cosca MORABITO di Africo, e la commissione dei delitti contro il patrimonio, contro la vita e l’incolumità individuale, in materia di armi e sostanze stupefacenti, al fine di procurarsi ingiuste utilità.

L’indagine prende le mosse da una precedente operazione, condotta sempre dal G.O.A. della Guardia di Finanza di Reggio Calabria e denominata “Rio De Janeiro”, concernente il sequestro di un ingente quantitativo di cocaina pari a circa 385 chilogrammi. L’ingente carico di droga era stato gettato in mare da operatori navali “infedeli” all’epoca dei fatti imbarcati sulla nave portacontainer “Hamburg Sud – Rio De Janeiro”, giunta al porto di Gioia Tauro (RC) in data 19.10.2016. In tale circostanza, la cocaina, cautelata in dei borsoni impermeabilizzati e legati tra di loro attraverso l’impiego di funi e boe di galleggiamento, veniva gettata in mare, in accordo con le direttive impartite dalle organizzazioni criminali calabresi circa il punto esatto dello scarico ai fini del successivo recupero, con la compiacenza di nove marinai, a quel tempo individuati, identificati e sottoposti a fermo di indiziato di delitto.

Da tale sequestro scaturiva un’imponente attività d’indagine che, sebbene particolarmente complessa, a causa della metodologia di comunicazione utilizzata dagli indagati e dalla oculatezza nella scelta dei luoghi di incontro, consentiva di identificare tutti i componenti dell’organizzazione criminale, le cui attività principali erano quelle dell’approvvigionamento di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, di portare a termine svariate compravendite di narcotico, da far giungere presso gli scali portuali nazionali, come appunto quello di Gioia Tauro e internazionali, come Rotterdam (Olanda) e Le Havre (Francia), interfacciandosi, in questi siti, con autonome organizzazioni dotate di batterie di operatori portuali infedeli.

Il gruppo criminale, articolato su più livelli e dotato di elevatissime disponibilità finanziarie, allo scopo di importare la cocaina, individuava in Sudamerica, in particolare in Argentina e Costarica, fonti di approvvigionamento di ingenti partite di quella sostanza stupefacente da inviare in Italia occultate, per il trasporto navale, in appositi borsoni all’interno di container.

Per tali finalità, uomini della cosca Bellocco si sono serviti di alcuni emissari che hanno effettuato diversi viaggi in territorio sudamericano, per visionare lo stupefacente e contrattare con i referenti in loco al fine di poter organizzare gli aspetti logistici dell’importazione.

Grazie alla preventiva e tempestiva apertura di un canale di collaborazione tra la Guardia di Finanza di Reggio Calabria e la Gendarmeria Argentina, per il tramite di apposita Rogatoria Internazionale promossa dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, è stato possibile accertare che proprio a Buenos Aires l’associazione criminale calabrese poteva contare sulla collaborazione di alcuni “colletti bianchi” italo-argentini, intranei all’organizzazione, disposti ad agevolare la pianificazione degli illeciti traffici e l’importazione di ingenti quantitativi di cocaina.

In tale contesto, uno di questi, sfruttando le proprie conoscenze, riusciva ad ottenere informazioni riservate riguardanti l’attività d’indagine avviata presso il Tribunale Penale-Economico di Buenos Aires, informando tempestivamente i sodali calabresi e fornendo loro anche copia di alcuni atti di indagine.

L’emissario in Sud America della cosca Bellocco non si limitava alla mera funzione di intermediario nell’ambito degli illeciti traffici, ma si prodigava anche per la risoluzione di questioni estremamente rilevanti che hanno interessato la famiglia di ‘ndrangheta dei Morabito di Africo (RC). A tal fine, risulta emblematico il coinvolgimento del prefato emissario con alcuni componenti della cosca Morabito per far pervenire in territorio uruguagio una ingente somma di denaro, pari a 50.000,00 euro, finalizzata a far scarcerare Rocco MORABITO, detto “Tamunga”, arrestato dopo una significativa latitanza e successivamente evaso.

La stessa organizzazione, diversificando i propri affari, ha curato anche la coltivazione di sostanze stupefacenti di tipo cannabis indica utilizzando alcune serre dislocate in Toscana per poi adoperarsi, attraverso una fitta rete di spacciatori, ad effettuare le cessioni sull’intero territorio nazionale.

Inoltre, alcuni componenti dell’organizzazione, al fine di approvvigionarsi di notevoli disponibilità di denaro contante, da investire successivamente nell’acquisto dello stupefacente, portavano a termine atti diretti univocamente ad eseguire una rapina presso un Istituto Postale sito nel Lazio. A tal proposito, le attività investigative hanno permesso di monitorare alcuni degli indagati mentre effettuavano diversi sopralluoghi e riprese video del luogo dove doveva essere effettuata la rapina documentando, tra l’altro, i movimenti dei furgoni portavalori e la condotta delle guardie giurate poste a vigilanza delle operazioni.

Grazie al tempestivo intervento dei militari del GOA di Reggio Calabria, veniva tratto in arresto un membro del sodalizio criminale, colto in flagranza del possesso di armi, munizionamento, guanti e passamontagna, da utilizzare per eseguire la rapina, nonché di sostanza stupefacente destinata allo spaccio.

Si evidenzia che le armi sequestrate, per le finalità anzidette, provenivano dal territorio Calabrese, inviate dall’associazione criminale mediante l’espediente di un pacco anonimo trasportato su un autobus di linea, con la complicità dell’autista, appositamente assoldato dall’organizzazione stessa.

Le attività investigative, culminate con le ordinanze eseguite oggi, hanno permesso di sequestrare circa 400 Kg. di cocaina, 30 Kg. di hashish, 15 Kg. di marijuana, un fucile d’assalto automatico, 3 pistole semiautomatiche, un silenziatore e munizionamento di vario calibro.

A corollario del contesto operativo, è interessante sottolineare come dei 45 soggetti colpiti oggi da provvedimento restrittivo ben 5 di questi, risultino percettori del reddito di cittadinanza.

In particolare, la misura della custodia cautelare è stata disposta nei confronti dei seguenti 45 soggetti (36 carcere e 9 domiciliari):

  • AGLIOTI Carmelo, cl’ 48;BARTOLOMEI Fabrizio, cl’ 74;BELLOCCO Domenico, cl’ 76;BELLOCCO Domenico, cl’ 80;BELLOCCO Mario, cl’ 41 domiciliari;BELLOCCO Umberto, cl’ 91;omissis;CELINI Salvatore, cl’ 90;COPELLI Emanuele, cl’ 78; CORRAO Francesco, cl’ 88;omissis;omissis;FERRO Fabrizio, cl’ 73;FIORI Marco, cl’ 73;FONTI Alessandro, cl’ 72;FORTINI Francesco, cl’ 91;GALLACE Bruno, cl’ 72;GALLIZZI Vincenzo, cl’ 90;ITALIANO Vincenzo, cl’ 71;LOIACONO Francesco Antonio, cl’ 90;LOIACONO Pasquale, cl’ 93;LOPRETE Antonio, cl’ 69;LOPRETE Giuseppe, cl’ 93;MARINELLI Nicola, cl’ 71;MARTORANO Natale, cl’ 72;MASSIDDA Simone, cl’ 78;MERCURI Domenico, cl’ 90;MORANO Francesco, detto Gianfranco, cl’ 68;ORANI Antonio, cl’ 72;PESCE Vincenzo, cl’ 52;PELLEGRINO Vincenzo, cl’ 59;PIRROTTA Giuseppe, cl’ 83;omissis;omissis;SCANDINARO Domenico, cl’ 84;omissis;STRAPUTICARI Gianluca, cl’ 88;D’AGAPITI Silvia, cl’ 91 domiciliari;FIORI Andrea, cl’ 69 domiciliari;GIANCANA Giovannella, cl’ 86 domiciliari;LORENZO Fabrizio, cl’ 75 domiciliari;LUCIFERO Claudio, cl’ 63 domiciliari;MOSCIATTI Caterina, cl’ 66 domiciliari;PIZZUTI Valentina, cl’ 74 domiciliari;ROCCHI Vanessa, cl’ 80 domiciliari.
  • L’odierna operazione ha portato all’esecuzione di un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso da questa Procura Distrettuale, nei confronti di nove persone responsabili di gravi episodi delittuosi, compiuti anche con modalità mafiose e con finalità di agevolazione della cosca BELLOCCO di Rosarno (RC).
  • Oltre alle catture delle persone colpite dal fermo – eseguite dal ROS Carabinieri unitamente a militari dei Comandi Provinciali Carabinieri della Lombardia, del Veneto e della Calabria – sono state attuate numerose perquisizioni domiciliari e locali in varie province del territorio nazionale cui ha partecipato anche la Guardia di Finanza di Brescia, che ha operato in relazione a specifiche e complementari ipotesi di reati finanziari sviluppate a carico degli indagati.
  • Le indagini prendevano avvio a seguito di attivazione da parte della DDA di Reggio Calabria, che nel corso di un’articolata indagine a carico di appartenenti alla cosca ‘ndranghetista dei BELLOCCO di Rosarno (RC), aveva avuto notizia di un’imminente azione aggressiva in danno di soggetti mantovani.
  • Le indagini, coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia e condotte dal ROS Carabinieri, si sono sviluppate attorno alla figura del calabrese LOPRETE Antonio (classe 1963), risultato essere organico alla cosca dei BELLOCCO, e alla mantovana MAGRI Marta (classe 1963), la quale, pienamente consapevole della caratura criminale del calabrese, chiedeva a questi il suo intervento per far compiere gravi azioni intimidatorie contro il nipote e la cognata, per risolvere una controversia economica. Dalle acquisizioni captative è emerso come LOPRETE Antonio (classe 1963) avesse affidato inizialmente l’esecuzione dell’azione intimidatoria al proprio nipote CORRAO Francesco (anch’egli organico alla consorteria criminale dei BELLOCCO) e che a causa dell’arresto patito da quest’ultimo il 24 gennaio 2018 (per altra vicenda), il sodalizio criminoso era stato costretto a cambiare i propri piani. Infatti, nella stessa serata del 24 gennaio 2018, LOPRETE Antonio (classe 1963) insieme al figlio LOPRETE Giuseppe (classe 1993), al fine di attuare in prima persona l’azione violenta, partivano dalla Calabria e si portavano in provincia di Mantova. L’esecuzione del piano criminale veniva scongiurato grazie all’intervento della polizia giudiziaria.
  • Le indagine bresciane hanno consentito di focalizzate le seguenti vicende delittuose:
  • quella relativa alla diatriba familiare tra MAGRI Marta ed i suoi parenti in relazione alla quale, sin dalle prime conversazioni si poteva comprendere la genesi dello scontro innescatosi con i congiunti, da ricollegarsi ad una liquidazione ereditaria promessa dalla donna alla famiglia del nipote, e l’aspetto che la donna – per portare a termine la violenta azione criminosa contro il nipote – interagiva e si accordava con il calabrese LOPRETE Antonio (classe 1963);
  • quella dei contatti tra MAGRI Marta e soggetti gravitanti in contesti economici–finanziari di dubbia liceità basati su fosche operazioni riconducibili al settore degli strumenti derivati dalla compravendita di garanzie e fideiussioni nonché ad oscure attività di accesso al credito bancario.
  • Per quanto riguarda il piano criminale riguardante l’aggressione violenta commissionata dalla mantovana MAGRI Marta da attuare nei confronti del nipote o della cognata, dopo il primo tentativo fallito dai LOPRETE, l’incarico veniva assegnato a CAMPAGNARO Fabio (classe 1970) ed a REALE Alberto (classe 1977), entrambi padovani, gravitanti nel mondo dei reati fiscali e finanziari, che venivano assoldati dalla MAGRI dietro pagamento di un importo iniziale di 3.000 euro.
  • Il 7 febbraio 2018 veniva documentato come CAMPAGNARO e REALE si fossero recati ad effettuare un sopralluogo presso l’abitazione delle potenziali vittime in Bagnolo San Vito (MN). Le captazioni consentivano di acclarare come la volontà di portare a termine il piano criminoso fosse ancora esistente tanto da essere programmato per il successivo 14 marzo 2018; anche in questo caso, grazie all’intervento della polizia giudiziaria veniva sventato il pestaggio.
  • Il 19 giugno 2018, improvvisamente e senza rilevare alcuna avvisaglia nel contesto delle indagini, il nipote di MAGRI Marta subiva un’aggressione violenta da parte di alcuni soggetti che, dopo averlo avvicinato mentre usciva da un tabaccaio a Governolo (MN), gli provocavano con pugni la frattura della mascella. Il giovane veniva ricoverato presso l’ospedale di Mantova dove veniva sottoposto ad un intervento di chirurgia maxillo facciale di ricomposizione con una prognosi iniziale di 40 giorni che si protraeva poi per ulteriori due mesi, con compromissione della dentatura.
  • Gli approfondimenti investigativi consentivano, in breve tempo, di raccogliere gravi indizi sulla responsabilità del pestaggio in capo alla mandante MAGRI Marta, al committente CAMPAGNARO Fabio, a REALE Alberto, al veneto BORTOLOTTO Roberto (classe 1961) che risultava detenere illegalmente un’arma da fuoco e che contribuiva alla realizzazione dell’azione criminosa, ed a identificare gli esecutori materiali nel moldavo LOZOVAN Gheorghe (classe 1976) e negli albanesi KETA Eduard (classe 1984) e CURRI Kleant (classe 1994).
  • L’odierna operazione ha inoltre portato all’esecuzione due ordinanze di custodia cautelare (una in carcere ed una agli arresti domiciliari) emesse dal GIP del Tribunale di Brescia, su richiesta di questa Direzione Distrettuale, nei confronti di GNACCARINI Alessandro (classe 1966), di Viadana (MN) e VENDRASCO Gianluca (classe 1979) della provincia di Treviso, per traffico illecito di rifiuti.
  • Quest’ultima indagine, condotta dai Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Brescia, ha avuto avvio nell’ottobre del 2018 con il sequestro, a Soiano del Lago (BS), di un capannone industriale all’interno del quale erano state illecitamente stoccate oltre 1.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi artatamente classificati con altro codice. I successivi accertamenti hanno evidenziato l’esistenza di una struttura organizzata e ben rodata che gestiva abusivamente i rifiuti speciali.
  • In tale ultimo contesto si era evidenziato, ancora una volta, il coinvolgimento del citato LOPRETE Antonio, che aveva messo a disposizione dell’associazione un capannone in provincia di Mantova.
  • Brescia, 29 novembre 2019
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