DI SEGUITO LA LETTERA DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE PARAFARMACIE INVIATA AL PARLAMENTO ITALIANO:
La nostra associazione rappresenta i farmacisti titolari di parafarmacia. Rappresenta i farmacisti che investendo sulla propria laurea e professione, in Italia, hanno deciso di aprire un piccolo esercizio farmaceutico dove poter esprimere la professionalità e le proprie competenze.
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In questi anni le parafarmacie, con tutte le limitazioni che hanno(poter dispensare solo il 12% dei farmaci in commercio) hanno rappresentato un presidio utile sul territorio ed una valvola di sfogo per i tanti farmacisti in cerca di lavoro, specialmente in una realtà dove l’accesso alla professione è in buona parte retta dal diritto di Nascita e dal censo. Nello scontro tra la lobby dei farmacisti titolari e il capitale privato delle grandi catene di farmacie noi siamo i più deboli e i meno rappresentati.
Ma siamo farmacisti laureati, abilitati ed iscritti ad un ordine professionale. Questo consiglio dei Ministri, con le sue scelte, ha sancito che in Italia le lobby, o chi ha molti soldi, ricevono tutela dalla classe politica, mentre chi si è laureato ed ha investito, nel proprio Paese, sulla propria professione è sempre umiliato e mortificato. Come si può parlare di “Liberalizzazioni” quando si permette ad un non farmacista di acquisire quote di una farmacia e allo stesso tempo si impedisce ai farmacisti che hanno investito sulla propria laurea e sul proprio territorio, aprendo piccole parafarmacie (spesso in luoghi poco serviti dalle farmacie presenti), di dispensare i farmaci di fascia C? Nei giorni precedenti al Consiglio dei Ministri tantissime voci si sono levate contro la liberalizzazione, paventando rischi per la salute e la possibilità di abuso di farmaci. Perché nessun politico ha speso due parole per i farmacisti delle parafarmacie? Perché nessun politico ha detto che in parafarmacia c’è sempre un farmacista, che spesso prima era dipendente, direttore o anche proprietario di una farmacia? Perché nessun politico ha detto che liberalizzare i Farmaci di Fascia C, non vuol dire eliminare l’obbligatorietà della ricetta, ma solo permetterne la dispensazione, sempre dietro presentazione di ricetta medica, nelle parafarmacie dei farmacisti? Perché in Italia si umiliano e abbandonano i giovani e coraggiosi farmacisti che, a fronte di un sistema di accesso alla professione basato sul censo e sull’ereditarietà, hanno voluto aprire una parafarmacia, con i propri risparmi, mettendo la propria professionalità al servizio della cittadinanza? Ci chiediamo come sia possibile che un Ministro della Sanità Italiano gioisca con un tweet di tali provvedimenti, ritenendoli volti alla difesa degli anziani. Gli anziani, quotidianamente, vengono nelle nostre parafarmacie per un consiglio, per farsi misurare la pressione o la glicemia, per avere un confronto con un professionista, laureato ed abilitato, che dedichi loro quei 5 minuti in più, quell’attenzione che, forse, nelle farmacie sempre affollate non trovano. Ci chiediamo, dunque, come possa un Governo come quello Italiano che fa grandi proclami parlando di liberalizzazione, di incentivare l’iniziativa dei giovani, di aiutare i professionisti che investono sul territorio, a premiare e difendere le lobby ed i capitali, mortificando chi si è laureato e cerca di esercitare la propria professione.