di Antonio Baldari
LOCRI – Sono due acronimi che da queste parti sembrano risultare parecchio indigesti: Lsu – Lpu, due sigle che più passa il tempo e più il governo cittadino locrese non vuole affatto prendere in considerazione, eppure sono quattordici famiglie di Locri, mica forestieri, che non trovano pace dal 1° gennaio di quest’anno, ovvero da quando è iniziato il calvario per quella che, a tutt’oggi, è la loro mancata contrattualizzazione, anticamera perfetta per quella che si auspica sia la stabilizzazione di questi poveri cristi come per altri 4mila 986 lavoratori precari calabresi.
Certamente il sindaco di Locri in ispecie è in altre faccende affaccendato come nel caso di un reiterato bando a favori di percettori di ammortizzatori sociali in deroga che, guardacaso, tornano sempre quando di mezzo saltano fuori gli Lsu e gli Lpu del Comune, un bando di cui si parlò a marzo in piena bagarre giustamente scatenata dai “socialmente utili” e di “pubblica utilità” per il voler rivendicare il loro, sacrosanto, diritto al lavoro, che peraltro è stato conformemente acquisito; lubranamente agevolando a Locri e dintorni ci si chiede: ma come mai Calabrese e soci hanno così tanta premura nell’integrare nuovi lavoratori precari all’interno del palazzo di Città e si appalesano, invece, del tutto inetti rispetto a queste 14 figure?
Peraltro, a tutto ciò va aggiunto che proprio di recente, ed esattamente il 19 agosto scorso, la Uil-Temp per bocca del segretario provinciale Stefano Princi faceva notare come “Con l’iscrizione in Gazzetta Ufficiale della Legge, che consente ai Comuni calabresi di usufruire del fondo messo a disposizione dalla Regione Calabria per la contrattualizzazione dei precari, si chiude un importante capitolo per lo sviluppo del lavoro in Calabria” – asseriva il sindacalista reggino, e quindi segnalando soprattutto al sindaco Giovanni Calabrese che i soldini ci sono, stanno lì proprio per essere utilizzati a favore dei suoi 14 concittadini assicurando loro il diritto ad avere un contratto come la gran parte dei loro colleghi, e quindi invitando a girare il tappo della penna per apporre la sua, decisiva, firma. Cosa che invece, a tutt’oggi, non è avvenuta.
Anche perché, il primo inquilino di via Matteotti ci “vede” benissimo, come ci vide altrettanto benissimo nel 2009 allorché furono stabilizzati -allora sì e chissà perché! – ben 43 lavoratori Lsu-Lpu, di cui toccò benedicente la loro “grazia” con un provvedimento che oggi stride fortemente con il lassismo, per non dire da pressione arteriosa rasente lo zero, nei riguardi di questi 14 sventurati che, fra le altre cose, ingenera degli interrogativi piuttosto lapalissiani: ma la regione Calabria ne sa qualcosa? E se sì, perché non interviene a favore del sacrosanto diritto di questi lavoratori di conservare come meglio possono e devono il proprio posto di lavoro, considerato il non di poco conto elemento che, nel merito, la regione Calabria è ente controllore rispetto ai Comuni?
Attendonsi in proposito buone nuove, che di certo spingerà il cronista affinché vengano presto.