di Gianluca Albanese
Franco Crinò, senatore della XIV legislatura, ama scrivere. Da tempo, però, non invia alle redazioni dei giornali pezzi su argomenti politici o, sarebbe dire più corretto, partitici, preferendo trattenersi nelle “Stanze di vita quotidiana” vissuta nei piccoli centri dell’Aspromonte, quasi come il Guccini che da tempo si dedica alle “Cronache epafaniche” dell’appennino Tosco-Emiliano. Oggi, però, torna a scrivere qualcosa, dopo poco più di un mese dall’elezione del nipote Giacomo in consiglio regionale, in seno alla coalizione che il senatore definisce – bontà sua… – coerente. Lo fa per il delicato momento storico e per il verso che sta prendendo la discussione politica.
Di seguito la pubblicazione integrale della sua nota. Da leggere, comunque la si pensi.
«Quando un comico fece la battuta “Se i partiti e/o gli eletti non rappresentano gli elettori, cambiamoli questi benedetti elettori”, ce ne risentimmo. Ce lo imponeva la cultura della nostra “famiglia” riformista e liberale. Vanno rispettati entrambi, chi vota e chi viene votato, sperando, è chiaro, che tutti decidano ed operino senza condizionamenti. Così, chi raccoglie consensi “anno dopo anno”, significa che sa guadagnarseli. Possiamo metterla anche in un altro modo: a prescindere dal ruolo, lo abbia o meno, c’è chi può dire, ad esempio, che i pareri di D’Alema siano oscurati?
Chi mastica politica è normale che, ai diversi livelli, duri tanto. Questo periodo storico, eloquente nella sua crudeltà, ci ha detto che dopo avremo una normalità diversa, nella sfera privata e in quella pubblica. È un avviso che non vuole ascoltare solo chi difende la messa in onda del suo spettacolo. Allargando il concetto, stiamo parlando del “dubbio dono di non saper tacere”. Di chi pensa di poter scalare le posizioni con chiacchiere vuote, sigillate con il timbro “rancore”. Fossimo “in chiaro”, si dovrebbe mettere l’emoticon preoccupato o sorridente? “Ubi amor ibi oculus”, “Dove c’è l’amore, lì è lo sguardo”. L’attenzione dell’eletto deve cadere sul fatto che ha ottenuto la fiducia degli elettori.
Quando si percepisce una ventata di acrimonia? Proviamo a sostituire il sostantivo “amore” con l’altro, “brama”, ed ecco una spiegazione. Ci vuole una base morale per poter pensare di farla, la morale. Ai magistrati si chiede giustizia, se ne debbono occupare loro, che sanno discernere, debbono saper discernere tra i chiacchiericci indicibili. Alla politica chiedi di sanare le piaghe, ma devi far prevalere i risultati, non le messinscene. Sono osservazioni indotte da ciò che vediamo e leggiamo qui intorno a noi, ma che discendono anche dal piano nazionale, con la ferina aggressività di Travaglio, con gli scontri, tanto per dire, tra Renzi, eletto in Senato e chi lo contesta, tra Salvini – anche lui ha il laticlavio – e chi lo attacca e, con le debite proporzioni, anche…
Toni pacati e diversi sarebbero più utili. Eugenio Montale ha scritto “La storia non è poi la devastante ruspa che si dice. Lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli. C’è chi sopravvive”. Chi si trova nella cabina del mezzo non è egli stesso in salvo, ma lo scrittore ha puntato chi si nasconde e chi si mimetizza. Non come fatto positivo, ovvio.
Oggi ci sono le urgenze dell’ora ad indicarci le misure da prendere e come comportarci».