Africo Nuovo, primi anni ’70. Nel paese costruito alla bell’e meglio in riva al mare tutto è provvisorio, precario, incompleto. I meno fortunati abitano ancora nelle baracche svedesi in legno, con nel cuore la montagna lasciata dopo la micidiale alluvione del ’51 e il mare, così vicino, al quale i nuovi abitanti non si sono mai affezionati.
Pietro Criaco, africese che vive e lavora a Torino, racconta gli anni della meglio gioventù in paese, quando il personale diventava politico e le famiglie vivevano prevalentemente con le rimesse di padri e mariti emigrati all’estero.
E così, tra una dignitosa povertà e un futuro incerto con la valigia sempre pronta, i giovani hanno ben chiaro che ribellarsi è giusto. E lo fanno legandosi a un’idea.
“L’idea che ci univa” (Città del Sole Reggio Calabria, 2021) di Pietro Criaco ci riporta indietro a quelle speranze di giovani che lottavano per rivendicare i loro diritti, legandosi ai pochi presidi di democrazia che raggiunsero quella estrema periferia del mondo: la Camera del Lavoro, il Pci coi suoi primissimi rappresentanti in consiglio regionale e gli anarchici che, come cantava Guccini “Son sempre bastonati e il libertario è sempre controllato, dal clero e dallo Stato”.
Nel paese in cui non ci sono nemmeno i magazzini dei commercianti, l’arrivo degli ambulanti è vissuto come una festa, quando da camion e furgoni arrivavano valigie di scarpe o stoviglie di plastica, o altra merce barattata con ciocche di capelli.
Qualcuno, i giovani che hanno studiano, soprattutto, non ci stanno. Guardano alla rivoluzione cubana e a quella culturale della Cina di Mao e non si possono rassegnare a una vita da reietti e negletti.
Perché il lavoro e l’istruzione pubblica sono diritti inalienabili. Da difendere con la lotta, anche a costo di bloccare la Statale 106, l’unica arteria di collegamento col mondo, sulla quale sorge Africo Nuovo.
La storia ci racconta che finì con la gioventù ribelle stretta nella duplice morsa dell’ombra della ‘ndrangheta da una parte e delle camionette dei celerini dal manganello facile dall’altra, braccia di uno Stato capace di mostrare solo il proprio volto repressivo. E tante valigie chiuse per sempre per essere riaperte solo nelle città del Nord Italia, del Nord Europa o di America e Australia.
La sensazione, però, è che ne sia valsa comunque la pena.
Allora, le rivendicazioni di piazza erano una cosa seria.
“L’idea che ci univa” verrà presentato sabato 4 settembre alle ore 18 nel giardino dell’Accademia Senocrito a Locri.
Ovviamente, sarà possibile assistere alla presentazione solo se muniti di green pass e indossando una mascherina, previa misurazione della temperatura corporea all’ingresso.