di Simona Masciaga
PORTIGLIOLA – Solo poco più di un’ora di spettacolo ma 12 minuti di applausi: così, ieri, il folto pubblico di Portigliola ha encomiato i quattro protagonisti della Locriteatro, diretta da Bernardo Migliaccio Spina, nella rappresentazione teatrale “ Lei ama me”, una prima assoluta che ci ha fatto sorridere e al contempo riflettere.
L’opera liberamente tratta da “ La signorina papillon” di Stefano Benni, ideata e rappresentata negli anni 80, trova perfetta collocazione nell’attualità come stereotipo di una società corrotta e corruttibile, alienata da problematiche controverse, dove non più il dialogo, bensì il dibattito dalla voce grossa e preponderante, diviene il protagonista assoluto spesso diventando un monologo inconcludente, deludente e paturniale.
Lo stesso regista ci ha dichiarato di aver scelto questo testo in quanto: “ Trattasi di analisi profonda del nostro storicismo, dell’attuale, di una realtà satura di problematiche svariate che, rasenti all’inverosimile, comportano ilarità e al contempo profonda riflessione. Solitamente metto mano ad opere drammatiche, emotivamente forti; ora, tenendo conto dell’attualità e del periodo di crisi che si sta attraversando ho deciso di intraprendere un nuovo percorso teatrale fondato sull’ironia con solida base storica e contemporanea al fine di scuotere gli animi, strappando un sorriso a volte si risvegliano le coscienze umane. Non potevo portare direttamente Arlecchino e la commedia dell’arte in scena senza aver prima programmato un’ evoluzione graduale e ben precisa”.
L’opera in se, può essere considerata una visione onirica della realtà e della decadenza contemporanea ammantata di un’agguerrita e surreale critica alla società di sempre senza spazio e senza tempo in una Parigi che rappresenta qualsiasi luogo e personaggi facilmente identificabili in chiunque, dove inganno, sete di potere,ambizione, corruzione, egoismo e molto altro contaminano quel “ giardino di rose e farfalle” idealizzato ed etereo.
Fantastica l’interpretazione di Giulia Palmisano nei panni di Marie Louise l’arrivista e disinvolta, ambigua amica della candida Rose interpretata dalla giovanissima Maria Chiara Spatari; la Palmisano, con maestrale padronanza scenica, è riuscita, in breve tempo, ad uscire dai ruoli fortemente drammatici quali “Adele”, tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppina Torregrossa e riadattato sempre da Bernardo Migliaccio Spina, e abbracciare interpretazioni ben più frivole e leggere dimostrando grande talento e facilità di interiorizzazione dei personaggi.
Logico e facile innamorarsi di Rose, dolce, tenera, sognatrice e del suo giardino dalle 108 rose che “spampano poiché intaccate da un morbo misterioso” o che assumono l’aspetto di “ rose erotiche protese come bocche in un bacio dagli amplessi indicibili” o che diventano “menophila pedofila” : un giardino apparentemente pudico, sano, pulito, quasi evanescente rivela l’agghiacciante pratica di trafiggere farfalle vive con spilli appuntiti per farne mostra o oggetto di decorazioni per la vanità femminile. Anche nel giardino fatato di Rose tutto può succedere: inganno, delitto, lussuria, corruzione, sete di potere, perpetrata da Armand (Francesco Origlia), ambiguo membro di una loggia massonica, pronto a tutto e il poeta Millet (Giuseppe Sgambellone), mellifluo, ammaliatore, terrorizzato dai bombi. Un plauso va ai due coprotagonisti maschili sia per interpretazione che per dimestichezza linguistica: i due hanno riversato fiumi di parole senza pausa e senza mai inciampare nella dizione.
Un mondo incantato corrotto e corruttibile anche nelle forme più alte degli ideali, ecco il messaggio lanciato da Migliaccio Spina e la sua compagnia teatrale che, nella suggestiva cornice del teatro greco-romano di Portigliola trova la location ideale; a tal proposito va un elogio al sindaco di Portigliola dott.Rocco Luglio per aver ricondotto all’antico splendore, attraverso il teatro, quel sito archeologico, dal valore inestimabile.