di Gianluca Albanese
C’è modo e modo per interrompere un rapporto di collaborazione istituzionale lungo due anni e mezzo. Il presidente Oliverio ha scelto, a nostro modo di vedere, quello meno dignitoso e leale di dare un benservito che era nell’aria da tempo a Federica Roccisano. Rimproverare «Limiti e insufficienze» a un proprio assessore dopo tutto questo tempo, evidenzia, semmai, tutti i deficit di autorevolezza politica di un presidente della giunta regionale tirato per la giacchetta da almeno un anno e mezzo dai maggiorenti reggini del Pd prima, da Enza Bruno Bossio e dal suo entourage dopo.
Già, perché al di là dello stringato e poco onorevole comunicato stampa della Giunta Regionale in cui si dà comunicazione dell’estromissione della Roccisano dall’esecutivo, riteniamo che la verità sia quella resa nota dai colleghi del Corriere della Calabria, in particolare da Pablo Petrasso e da Pietro Bellantoni, che nell’articolo che proponiano alla vostra lettura, hanno spiegato come siano andati realmente i fatti.
L’esigenza, infatti, di far fuori la Roccisano, sembra più dettata dall’urgenza di procurare un paracadute all’attuale parlamentare Bruno Bossio, fino a pochi mesi fa legata da un solido rapporto con la Roccisano, che pur di non correre il rischio di non essere rieletta in Parlamento tra due mesi, preferirebbe subentrarle in giunta regionale.
Con la fine dell’incarico in giunta per Federica Roccisano, classe 1982, termina un’utopia. L’esperienza di una ragazza giovane e troppo indipendente per i gusti del Pd calabrese e dei suoi maggiorenti, infatti, è stata comunque espressione di una vicinanza tra le istituzioni e il popolo, assai irrituale per i costumi della politica calabrese.
Un’assessora sempre impegnata e quotidianamente disponibile con i cittadini amministrati, infatti, mal si conciliava con l’atavica presenza sul territorio regionale di feudi politici e gruppi di potere. Troppo orizzontale il rapporto tra l’ormai ex assessora regionale al Lavoro e al Welfare e i calabresi; troppo diretta l’interlocuzione de visu e sui social network; troppo irrituale un’assessora regionale che si siede per terra nelle biblioteche comunali per leggere insieme ai bambini; troppo “indisciplinata” al punto da sostenere la candidatura del sindaco di Gioiosa Ionica Salvatore Fuda alle elezioni del consiglio metropolitano dell’agosto 2016, contravvenendo agli ordini delle élite di partito.
Federica Roccisano ha pagato un prezzo altissimo per avere accettato un incarico così importante a un’età così giovane. Fin da subito. Da quando all’inizio della sua esperienza si è prima trovata di fronte il muro di gomma della burocrazia regionale, dai vertici fino al quel tale chiamato davanti alle telecamere di Report in un servizio che più di uno sembra aver utilizzato, poco più di un anno fa, come una bomba a orologeria mediatica.
Intorno alla giovane di Caulonia, che ha sempre affrontato senza paura i capipopolo paesani e le folle ammaestrate e dagli stessi arringate, e che non si è mai sottratta al dialogo a visto aperto con chiunque, dopo pochi mesi dal suo insediamento si è fatta terra bruciata. E i nemici peggiori sono stati quelli del suo partito. A cominciare dai leader reggini, che rivendicavano una primogenitura nella sua indicazione nella giunta regionale cosiddetta “tecnica” forse perché convinti, con una buona dose di faciloneria, di farne uno strumento funzionale ai loro desiderata politici.
Il braccio di ferro ha retto fino a quando ha tenuto il rapporto tra la Roccisano e la Bruno Bossio; poi, quando quest’ultima prese parte, un paio di mesi fa, a una manifestazione organizzata dal circolo del Pd di Siderno – il suo circolo di appartenenza – incentrata sulle tematiche sociali, si intravidero i segnali di una rottura che per la sua attuale esperienza politica sarebbe stata deleteria.
Isolata, ghettizzata, rinnegata. Come un’eretica. Esclusa dalla assemblee pubbliche in cui si discutevano temi di competenza del suo assessorato. La Roccisano, secondo i diktat di una politica calabrese – quella sì – limitata e insufficiente, è stata fatta fuori con metodo e determinazione. Giorno dopo giorno, arrabbiatura dopo arrabbiatura, stillicidio dopo stillicidio.
Ma in politica, come nella vita, le persone mostrano la loro essenza in base alle loro scelte. E Federica Roccisano ha scelto sempre di non abbassare la testa e di rimanere con la schiena dritta pur di non vergognarsi quando si guardava allo specchio.
A nostro modo di vedere c’è riuscita in pieno.
Perché se è vero che le cariche istituzionali vanno e vengono, le persone restano.
Se lo ricordino i leoni da tastiera che troppo spesso l’hanno pubblicamente dileggiata in maniera vergognosa.
Perché Federica Roccisano ha vinto la sua battaglia più importante: quella con la propria coscienza.
E con questa politica regionale, chi una coscienza ce l’ha, prima o poi – come dimostrano i fatti di oggi – fa, ma solo apparentemente, una brutta fine.