di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte web)
La celebrazione della Settimana Santa è nata a Gerusalemme, nei primi secoli, per rivivere gli avvenimenti della Passione e poi si è sviluppata in Occidente. Su di essa ci è giunta una descrizione particolareggiata di una monaca occidentale, Egeria o Eteria, che si recò in pellegrinaggio in Palestina intorno all’anno 400 d. C.
Le celebrazioni iniziavano il sabato, vigilia delle Palme, quando i fedeli si recavano al Lazarium, la chiesa di Betania che ricordava la resurrezione di Lazzaro. La domenica mattina si saliva al Martirium, la chiesa della Passione sul Golgota e, al pomeriggio, si andava prima al Monte degli Ulivi e poi all’Eleona, la grotta dove Gesù insegnava ai suoi discepoli e infine, ancora più in alto, all’Imbomon, la chiesa dell’Ascensione, dove veniva letto il passo del Vangelo sull’ingresso di Gesù a Gerusalemme. A questo punto, narra la monaca, “il popolo tutto cammina davanti al vescovo al canto di inni e antifone, rispondendo sempre “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” e tutti recano in mano rami di palma e di ulivo e così si accompagna il vescovo nel modo come il Signore venne scortato quel giorno. Dall’alto della montagna fino alla città e da lì fino all’Anastasis, la chiesa della Resurrezione, attraversando la città tutti percorrono la lunga strada a piedi”. Così è nata, quindi, la Processione delle Palme che si diffuse prima in Oriente e poi in Europa cominciando dalla Spagna e dalla Gallia, mentre Roma l’avrebbe adottata più tardi.
Il martedì seguente, dopo una riunione all’Anastasis, i fedeli si recavano all’Eleona per ascoltare un passo di Matteo letto dal vescovo e il mercoledì il vescovo leggeva all’Anastasis il passo del tradimento di Giuda. Il Giovedì Santo, dopo alcune riunioni e messe all’Anastasis ,al Martirium e alla Croce, ci si ritrovava all’Eleona dove si trascorreva la sera. La notte, invece, si trascorreva, sul Monte degli ulivi commemorando gli ultimi discorsi di Gesù e la sua agonia. Ridiscesi in processione al luogo in cui si ricordava l’arresto del Cristo, i fedeli rientravano in città quando stava già albeggiando. Poi si recavano alla Croce, dove si leggeva il processo di Gesù davanti a Pilato. Il Venerdì Santo si svolgeva l’adorazione della reliquia della Croce che tutti andavano a baciare sotto la visione del vescovo e dei diaconi per poi recarsi, nel pomeriggio, nell’atrio fra la Croce e l’Anastasis, dove si tenevano lunghissime letture dei vari vangeli fra pianti e lamentazioni. Infine ci si recava al Martitium e all’Anastasis dove veniva letto il passo sulla sepoltura del Signore. Il Sabato santo veniva celebrato così come in Occidente, sicché la monaca pellegrina Egeria si limita ad osservare: “Le vigilie pasquali si celebrano come da noi”. La sera della domenica di Resurrezione era prevista una stazione al Cenacolo per ricordare l’apparizione di Gesù agli apostoli e, per tutta la settimana dopo Pasqua, si continuava a celebrare l’ottava ogni giorno con stazioni diverse. La domenica successiva ci si riuniva nel Cenacolo di Sion per commemorare l’apparizione dell’ottavo giorno all’incredulo Tommaso.
A Roma la celebrazione della Settimana santa giungerà verso il V secolo con molte riunioni e messe e la celebrazione dell’ottava apparirà solo nel VI secolo con stazioni oppure celebrazioni solenni in varie basiliche. Si trattava di un’ottava che finiva al sabato in albis, allorché si festeggiava al Laterano, con i nuovi battezzati vestiti con gli abiti bianchi, l’ottava dell’illuminazione della Notte Pasquale. Quel sabato, che chiudeva la Pasqua, veniva pertanto chiamato Clausum Pasquae. Nel VII secolo sarebbe poi nata la domenica post albas, cioè dopo le vesti bianche.
La stretta unione tra il giorno della domenica e la Resurrezione di Cristo è testimoniata dalla tradizione dei primi secoli. Tertulliano la definisce “Giorno della resurrezione”; Eusebio di Cesarea la definisce “giorno della Resurrezione salvifica del Cristo” e soggiunge “ogni settimana, nella domenica del Salvatore, noi celebriamo la festa della nostra Pasqua”; san Girolamo dice “La domenica è il giorno della Resurrezione, è il giorno dei cristiani, è il nostro giorno”. Sant’Agostino scriveva “Questo settimo giorno sarà il nostro sabato la cui fine non sarà più una sera, ma una domenica come ottavo giorno che è consacrato alla Resurrezione del Cristo; che prefigura il riposo non solo dello spirito ma anche del corpo. Là noi saremo liberi e vedremo; vedremo e ameremo; ameremo e loderemo. Ecco che cosa ci sarà alla fine senza fine”. Per questo motivo il concilio del Laterano del 1215 impose lo stretto obbligo della Messa domenicale; e, inoltre, la costituzione liturgica del Vaticano II afferma che “la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli” e dunque considerata fondamento e nucleo di tutto l’anno liturgico, giorno in cui ricordiamo la Pasqua della Resurrezione.
(Liberamente tratto da “Calendario” di Alfredo Cattabiani).