di Antonio Baldari
Da poche settimane si è conclusa la fase di pre-iscrizione al prossimo anno scolastico 2023/2024 che vedrà gli studenti italiani, a partire dal prossimo mese di settembre, sui banchi di scuola; un anno scolastico, quello prossimo, che si annuncia già carico di insidie se non addirittura roventi battaglie, a suon di carta bollata, in considerazione dei forti tagli previsti dalla legge di bilancio dello Stato, recentemente approvata, che a partire dal 2024/2025 metterà in difficoltà l’Istruzione dello Stivale, con le Regioni in evidente affanno in special modo considerando una delle misure alquanto discutibili poste in essere: se ogni Istituto scolastico vorrà mantenere la titolarità dovrà avere una base minima di 900 alunni.
Un numero quasi del tutto improponibile particolarmente al Sud, dove si registra da tempi non sospetti un calo demografico abbastanza chiaro e, se proprio si vuole essere ancora più esaustivi, con un tasso di dispersione scolastica molto alto che la dice lunga sullo stato di salute piuttosto cagionevole della Scuola nel Meridione d’Italia; a tale riguardo, è proprio dei giorni scorsi il primo passo, ufficiale, di una delle regioni meridionali, la Campania, che con il presidente Vincenzo De Luca ha inteso impugnare davanti alla Corte Costituzionale il sopraccitato provvedimento governativo contro il dimensionamento scolastico, auspicando di essere seguito su questa strade anche dagli altri, suoi, colleghi.
Ed invero, la Puglia ha formalmente deciso anch’essa di ricorrere contro tale decisione dell’esecutivo Meloni, in tal senso rappresentato dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, chiedendo alla Consulta che sia dichiarata “incostituzionale la norma statale che costringerebbe tra l’altro all’accorpamento di istituti scolastici sul territori, causando disagi sia all’utenza che ai docenti”: a tale proposito, nella regione pugliese sarebbero una sessantina circa le scuole da accorpare.
Ad ogni buon conto sembra che anche la Toscana ed il Lazio vogliano presentare un proprio provvedimento di contrasto alla predetta normativa (nel primo caso sarebbero circa quaranta le dirigenze che sparirebbero, ndr) mentre ancora tutto tace per quanto concerne le altre regioni fortemente interessate a tale, durissima, situazione, come detto pocanzi con quelle meridionali su tutte e, naturalmente, con la Calabria fra esse: dalla Cittadella regionale non si registra alcuna posizione ufficiale, il presidente Occhiuto tace e chissà se e quando lo farà.
Di certo, stante la situazione attuale posta in essere, la regione dei Bronzi di Riace non può stare lì a dormire sonni tranquilli in considerazione del fatto che sarebbero circa ottanta le Scuole a sparire dalla carta dell’istruzione regionale e a cascata segreterie, docenti e personale scolastico a vario titolo, specialmente nel Cosentino e nel Reggino, dove realmente quasi nessuna scuola e/o istituto può vantare certi numeri: in tal senso il ministro Valditara, ha rassicurato tutti asserendo che “i plessi attuali sono 40.466 e tali rimarranno, 40.466, gli studenti continueranno ad andare negli stessi luoghi fisici con gli stessi laboratori, le stesse aule, le stesse strutture, si interverrà solo sulle strutture giuridiche e cioè le dirigenze scolastiche” – così il numero uno di viale Trastevere.
E quindi si ammette che si interverrà per tagliare quei 35 miliardi che ab origine vi erano sulla Scuola italiana e che adesso non ci sono più.
Spariti.
Di conseguenza ci sarà una perdita di posti di lavoro, creando e non già rimuovendo gli ostacoli di carattere economico – come vorrebbe l’articolo 3 della Costituzione dello Stato Italiano – basti pensare all’immane lavoro cui sarebbe sottoposta la nuova segreteria di una Scuola con quattro, otto, dodici o fors’anche più plessi, dovendo gestire una mole esorbitante di studenti, docenti e personale scolastico a vario titolo.
E dei docenti?
Cosa ne sarà dei docenti precari, su tutti, che rischiano di non essere ricollocati soprattutto se non si interverrà sulle cosiddette “classi pollaio” di cui tanto si è detto e che, al contrario, è stata messa sotto al tappeto come la più urticante delle polveri; ma anche i docenti di ruolo, e gli stessi dirigenti che già fanno oggi enorme fatica a seguire due plessi, figurarsi il doppio, il triplo, il quadruplo e via di questi numeri.
A conti fatti, di quelli davvero pesanti!, si procede speditamente sulla strada delle regionalizzazione dell’Istruzione del BelPaese, come si è proceduto in illo tempore per la Sanità e per chissà quale altro comparto di fatto affossando del tutto le regioni del Sud anche su quello straccio di speranza che rimane per il futuro.
Sempre meno futuro e sempre più un pericolosissimo limbo in cui miseramente sprofondare.
E nulla più.