di Franco Crinò*
Caro Direttore,
gli italiani vanno avanti tra stordimento e rabbia. Nell’emergenza e non solo, tra il rinchiudersi e l’andare in piazza ad usare le mani, può e deve starci un altro sistema, quello della partecipazione, dell’unità, delle riforme e del buon funzionamento delle istituzioni.
Le “rivolte” (peraltro episodiche e strumentalizzate dai violenti) non sono rivoluzioni, perché queste ultime puntano un’idea, un obiettivo (spesso tradito), una nuova guida. I disordini nelle città oggi sono figli della crisi socio-economica aggravata dalla pandemia, non mirano ad insediarsi al comando. Gli infiltrati, a distruggere negozi e quartieri.
Deve farsi “sentire” una politica che si assume compiti e li svolge con coerenza: Zingaretti o i big di partito a “strutturare” meglio il governo di Conte sarebbero un’operazione efficace, un’assunzione di responsabilità. A meno che non si voglia arrivare al governo tecnico. Ma senza dirlo. In attesa che il centrodestra, maggioranza nel Paese, dimostri come declinare la sua, di responsabilità di governo.
Oggi procura grande preoccupazione la disgregazione del tessuto sociale, non ci sono più i partiti, i corpi intermedi a tentare di contenerla, di recuperare. Tanto, se non tutto, si consuma tra passività e reazione incontrollata (quella sfogata sui Social, soprattutto).
La vicenda del commissario della sanità calabrese ha indebolito la regione. Il conflitto tra gli alleati di governo non ha permesso un ragionamento comprensibile. Intanto, da noi, un ex ospedaliero di Locri si lamenta di una causa del lavoro che a distanza di nove anni è ancora in corso e lontana dalla conclusione. Il sistema giudiziario fatica molto. Lavoro nuovo, imprese che investono non si vedono. L’emergenza può portare ritardi nella scuola, nell’attività didattica e nella crescita. Quelli del mondo della sanità erano noti da tempo, e oggi “annegano” in stucchevoli analisi e in colpevoli inerzie.
Noi dobbiamo avere una visione diretta e più veloce di ciò che accade, cogliere il senso del tutto. La civiltà dell’immagine prende una parabola che determina proprio la cessazione dell’immagine: il sindaco di Bovalino, sulla chiusura delle scuole, a parte l’ultima volta, quando è stato incalzato dall’opposizione di Nuova Calabria, ha fatto più cose difformi che uguali rispetto a quelle suggerite dalle autorità sanitarie e scolastiche, spesso per fare sponda fuori dal consiglio comunale.
Diavolo tentatore Facebook, “andare in onda”. Con l’immagine deve coincidere la voce giusta, la spiegazione giusta.
Rimaniamo in un campo di battaglia nella Locride. Potrebbe servire persino la “bontà delle spade” per farci guadagnare conforto e benessere. Ma a brandire le spade della rigenerazione, personaggi veri. Che, con i comunicati, facciano come raccomandava il vecchio uomo di teatro “Prima almeno rileggetevi”.
*: Senatore della XIV Legislatura