di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Ansa)
Una delle ultime notizie sui prodotti alimentari riguarda i dolcificanti e non in senso positivo. Sembra infatti che quelli che sono stati da sempre spacciati, almeno pubblicitariamente, come una delle panacee dei chili di troppo, influenzino i segnali dell’appetito inducendo oltretutto a mangiare di più: è quanto ha suggerito uno studio pubblicato su Nature Metabolism secondo cui, rispetto allo zucchero, il consumo di sucralosio, che altro non è che un sostituto dello zucchero ampiamente utilizzato, aumenta l’attività dell’ipotalamo, la regione cerebrale che regola l’appetito e il peso corporeo.
Secondo lo studio, che è stato condotto da esperti dell’Università della California Meridionale, il sucralosio modifica anche il modo in cui l’ipotalamo comunica con altre regioni cerebrali, comprese quelle coinvolte nella motivazione comportamentale.
Circa il 40% degli americani consuma regolarmente sostituti dello zucchero, di solito per ridurre le calorie o l’assunzione di zucchero e quindi lo studio in proposito ha suscitato grande interesse.
Guidati da Kathleen Alanna Page, gli esperti hanno verificato se il sucralosio modifichi l’attività cerebrale, i livelli ormonali e la fame. I ricercatori hanno testato la reazione di 75 partecipanti dopo aver consumato alcuni acqua, altri una bevanda dolcificata con sucralosio o altri ancora una bevanda dolcificata con zucchero normale.
Gli studiosi hanno raccolto scansioni cerebrali con risonanza magnetica funzionale (fMRI), campioni di sangue e valutazioni della fame prima e dopo il consumo delle bevande. Il risultato ha messo in evidenza come il sucralosio aumenti la fame e l’attività dell’ipotalamo, soprattutto nelle persone obese modificando, inoltre, il modo in cui l’ipotalamo comunica con altre regioni cerebrali. Inoltre,a differenza dello zucchero, non sembra che il sucralosio abbia aumentato nel sangue la quantità di alcuni ormoni che creano il senso di sazietà. I risultati mostrano, infatti, come il sucralosio confonda il cervello fornendo un sapore dolce senza l’energia calorica prevista, spiega Page. Questo “disallineamento” potrebbe persino innescare, in senso negativo, cambiamenti nel desiderio e nel comportamento alimentare.