di Patrizia Massara Di Nallo (foto fonte Ansa)
Decenni di diplomazia, o almeno di quella post1945, evaporati in pochi minuti, anzi dileggiati e oltraggiati come un intero popolo e il suo leader Zelenski attirato in un’imboscata mediatica. E soprattutto, sotto lo sguardo attonito del mondo, non è andata meglio alla Verità, alla realtà storica e incontrovertibile dei fatti travisata ed reinterpretata ad libitum.
Abbiamo ancora negli occhi e nelle orecchie la sceneggiata inscenata ( mi si faccia passare l’allitterazione) alla Casa Bianca, nel maldestro tentativo di delegittimare agli occhi dei suoi compatrioti il leader ucraino e, al contempo, strizzare un occhio di complicità a Putin, nuovo pseudo- alleato economico di Trump. In una serie di parallelismi strategici, infatti, né l’uno, né l’altro ha fatto mistero delle proprie mire espansionistiche legate in primis allo sfruttamento delle risorse di alcuni territori stranieri : Putin vorrebbe rimettere in piedi, probabilmente per intero, il vecchio impero russo (e non solo annettersi il granaio d’Europa), mentre Trump propone (o forse qualcosa di più) la possibilità di incrementare il numero degli Stati americani rivolgendosi, come in un fantasioso gioco interattivo, un giorno al Canada e il giorno dopo alla Groenlandia. Intanto, alcuni risultati, Trump, li ha già raggiunti di riflesso, perché il suo atteggiamento sfacciatamente filoputiniano, che lo ha fatto identificare da molti con un portavoce del Cremlino, ha quantomeno disorientato gli alleati europei che hanno visto venir meno le principali coordinate dell’Alleanza atlantica.
Non faremo in tempo, quindi, a metabolizzare gli ultimi inquietanti episodi, che la realtà supererà ancora una volta la fantasia e inaspettati eventi ci incalzeranno, qualora l’Europa non tornasse ad assumere il ruolo che le spetta di diritto prendendo una netta e univoca posizione politica. I leader europei, finalmente, pare abbiano preso coscienza che sulla scena nazionale ed internazionale non paga comportarsi come i polli di Renzo, ma, come in questo frangente, occorre dare risposte risolute mantenendo saggiamente dritta la barra dell’Europa.
Il Vecchio Continente, dopo aver giocato con Putin utilizzando alternativamente, o almeno nel primo anno di guerra, la tecnica del bastone e della carota, si è svegliata e corre ai ripari cercando affannosamente di non rimanere schiacciata all’interno di quel che rimane della Nato. Passeranno decenni prima che si riesca a mettere in piedi una solida e comune difesa europea e,oltretutto, in una condivisa strategia geopolitica, sempre se non si voglia essere spazzati via come fuscelli o sballottati nella centrifuga geoeconomica ideata dai plutocrati di turno. Ed allora, ecco che negli ultimi giorni, indebolitosi o spezzatosi l’asse franco-tedesco, Parigi chiama Roma e, udite udite, la vuole al suo fianco nella nuova Europa. A voler essere positivi, chissà se da questa araba fenice non risorga, sempre più audace, il sogno di Spinelli e dei ragazzi di Ventotene!
La paventata guerra mondiale a pezzi, di cui ha parlato più volte Papa Francesco, combattuta attualmente soprattutto in ambito economico, è una realtà conclamata che vede delinearsi nuovi assetti di forze geopolitiche per nuove spartizioni dei mercati, sempre a favore di pochi e a scapito di molti. E il pensiero vola,quindi, alla conferenza di Yalta e in seguito a quella di Potsdam, ambedue datate 1945, in cui i vincitori dell’ultimo conflitto mondiale si divisero la zone di influenza dell’Europa in un assetto che, almeno negli intenti, potesse regalare un lungo periodo di pace. Quindi oggi “spartizione” è la nuova riesumata parola d’ordine: dovremo assistere a quella dell’Ucraina e delle sue risorse minerarie, o alla perdita di indipendenza di un popolo che voleva costruire il suo destino futuro sotto la protezione della Nato e delle democrazie occidentali? O come molti hanno pensato, ma pochi hanno osato dire, il sacrificio di un popolo potrebbe servire ad allontanare i fantasmi di un conflitto mondiale? Ai posteri l’ardua sentenza, perché ancora una volta è esclusivamente il tornaconto economico a guidare gli interessi degli Stati, la cieca prevaricazione ad imporsi sul dialogo, la guerra e la volontà del più forte ad avere la meglio sulla ricerca di una pace equa per tutti, mentre gli scenari, per il momento, rimangono aperti a qualunque soluzione non ostacoli l’incremento dell’economia americana nell’ottica dell’American First.
Cosa rimarrà nel prossimo futuro di quella che si annuncia come la luna di miele fra Trump e Putin? Verrebbe da suggerire a Trump, sopra ogni cosa, prudenza (dote degli statisti, non certo degli uomini d’affari) ricordandogli “timeo Danaos et dona ferentes” (ma lo conosce il latino?).