di Gianluca Albanese
LOCRI – Nei primi mesi del 2010, in prossimità delle scorse elezioni regionali, boss e gregari di ‘ndrangheta parlavano spesso, e a lungo, di politica. O meglio, di voti. Aspettavano i candidati nei loro feudi, e decidevano loro chi sostenere, a chi dare (e in certi casi a chi vendere, a prezzi anche piuttosto salati) pacchetti di voti. Ne parlavano con assoluta familiarità, da navigati “grandi elettori” che sapevano (o ritenevano) di essere detentori di cospicui pacchetti di voti. E’ quanto emerso nell’udienza odierna del processo “Falsa Politica” a carico di sette imputati accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati.
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Davanti al collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro (a latere Gerace e Cosenza), è stato sentito l’ispettore di polizia Nicolò Sortino, chiamato a deporre per un supplemento di testimonianza sugli accertamenti compiuti. In particolare su due intercettazioni ambientali (protocollo 12.417 e 12.418) realizzate il 12 marzo del 2010 all’interno della lavanderia “Ape Green” del centro commerciale “I portici” di Siderno.
Nel rispondere alle domande del Pm della Dda di Reggio Calabria Antonio De Bernardo, l’ispettore Sortino ha riferito dei dialoghi tra il boss di Siderno Giuseppe Commisso, detto “il mastro” e il rosarnese Domenico Arena, cognato del capo ‘ndrangheta dell’antica Medma Vincenzo Pesce.
Il “mastro” – ha riferito l’ispettore Sortino – chiedeva innanzitutto al suo interlocutore se l’allora sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni (all’epoca dei fatti candidato a consigliere regionale per una lista a sostegno del governatore uscente Agazio Loiero) fosse andato a Rosarno a chiedere voti.
«Arena – ha proseguito Sortino – non lo sapeva, ma ha detto che erano molti i politici che erano andati alla corte dei Pesce a chiedere sostegno elettorale, dall’allora sindaco di San Luca Sebastiano Giorgi, accompagnato da Francesco Strangio detto “Ciccio Boutique” (entrambi imputati del processo “Inganno”) all’allora sindaco di Locri Francesco Macrì». Questi ultimi due erano candidati a sostegno del candidato presidente del centrodestra Giuseppe Scopelliti.
Il “mastro”, dal canto suo, riferì che tra i candidati che gli chiesero i voti ci furono anche l’allora sindaco di Casignana Pietro Crinò e il consigliere regionale uscente Luciano Racco, e chiese ad Arena se anche il candidato che loro avevano deciso di sostenere, ovvero il consigliere regionale uscente Cosimo Cherubino fosse andato a chiedere i voti a Rosarno, asserendo che di sicuro sarebbe stato appoggiato da un certo Rao, non chiarendo se si trattasse dell’attuale assessore provinciale alla viabilità Gaetano Rao (anch’egli di Rosarno) o da tale Vincenzo Rao, considerato vicino ai Pesce.
Già, perché dai dialoghi emersi pare che i rapporti tra Vincenzo Pesce e Gaetano Rao non fossero buoni e, nel rispondere alla domanda del difensore di Cosimo Cherubino, avvocato Sergio Laganà, l’ispettore Sortino ha chiarito che solo Gaetano Rao è stato identificato, mentre nonostante la grande attività di controllo che le forze dell’ordine fecero sulla consorteria criminale dei Pesce a ridosso delle elezioni regionali del 2010, il teste ha riferito di non aver ricevuto alcuna comunicazione dai colleghi della Piana in ordine alla presenza o meno di Cherubino dai Pesce per ragioni elettorali. Per la cronaca, Cherubino prese a Rosarno soltanto 26 voti di preferenza.
Successivamente, il presidente Sicuro ha aggiornato l’udienza al prossimo 4 dicembre alle ore 15, quando ci sarà spazio per altre testimonianze ex articolo 507 e per l’esame degli imputati, mentre il Pm De Bernardo ha chiesto l’acquisizione di un’ulteriore e inedita informativa.