R. & P.
È stato un grande onore aprire i lavori del congresso fondativo della sezione dell’ANPI città di Siderno.
Organizzazione di cui si sentiva la mancanza, in una realtà che vanta una storia di lotte per l’emancipazione della sua comunità, per la libertà e la sconfitta della dittatura fascista.
Realtà, la nostra, che ha avuto il privilegio e l’onore dell’impegno di bandiere dell’antifascismo e Partigiani di grande eroismo.
Tanti sono le figure che possiamo annoverare tra quanti meritano il ricordo di aver immolato la propria vita per quella della comunità e dell’intero Paese.
Penso alla Grande Tea Sesini Silvestra, grande donna partigiana, scrittrice di fama nazionale ed internazionale, mandata al confino dal fascismo proprio nella nostra Città.
Per ricordare il valore di questa donna voglio riportare uno stralcio del suo testamento. “ ….Ringrazio i miei compagni di Siderno della stima e dell’affetto che sempre mi hanno dimostrato. Mi spiace di non aver potuto fare per ragioni varie quanto avrei voluto. Faccio loro i più vivi auguri per il non facile lavoro. Sono molto contenta di essere comunista e sono certa che il comunismo, rettamente compreso e attuato, darà dignità, benessere e libertà a tutti. Saluto tutti gli amici vicini e lontani…” Nello stesso testamento ha espresso la sua volontà di essere seppellita nella nostra Città in un sito dirimpettaio il mare Jonio. Moriva nel 1960.
Propongo l’intitolazione della sezione di Siderno dell’ANPI a Lei, donna coraggiosa e bandiera dell’Italia che vorremmo primeggiasse anche oggi e per sempre.
Questa proposta mi sento di farla non soltanto per un doveroso omaggio per quanto Ella ha fatto in favore della giusta causa della libertà e della democrazia; non insomma per una più che giusta commemorazione, ma soprattutto perché Lei sembra essere il soggetto, donna e partigiana, più efficace per fare memoria.
Che Paese è mai il nostro, dove quasi impunemente si incendiano librerie per il solo fatto di essere luoghi di cultura e di ispirazione ai valori fondanti la nostra democrazia, nata dalla resistenza antifascista.?
Che Paese è diventato l’Italia, se una donna deportata e sopravvissuta all’inferno dell’olocausto, sia costretta a vivere protetta da una scorta armata, per il solo fatto di essere l’emblema di una lotta all’odio ed allo smarrimento collettivo?
È gravissimo che ci sia gente che pensa di organizzare questi delitti; ma è ancora più grave l’atteggiamento di quanti, con le loro scelte politiche ed i loro discorsi diffondono, in un Paese frastornato e quasi smarrito quell’odio che arma la mano di questi vigliacchi.
Da alcuni anni mi ero iscritto alla sezione ANPI di Reggio Calabria, ma capivo che quanto facevo appagava la mia coscienza, però era insufficiente per contribuire a sconfiggere quello che sembra il male perenne delle comunità: l’indifferenza!
Allora mi sono messo a contattare amici e compagni ed ho verificato che c’erano le condizioni per andare oltre, per mettere anche a Siderno il seme di questa gloriosa organizzazione e senza molto sforzo si è superato il minimo indispensabile per avviare la fase istitutiva con questo primo congresso.
Diceva il grande pensatore del secolo scorso, morto in carcere per volere e scelta del dittatore Mussolini, Antonio Gramsci: “L’indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera.”
Dunque non possiamo rimanere inattivi, assopiti nel sonno dell’indifferenza, mentre il tarlo corrosivo di quanti hanno progetti devastanti per la convivenza civile opera nel disprezzo assoluto dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale e financo nel disprezzo del minimo buon senso verso la persona umana e verso i suoi fondamentali diritti, a partire appunto dalla garanzia della vita e della libertà di ogni individuo, indipendentemente dal colore della pelle, del sesso, del suo credo religioso e delle sue idee e tradizioni culturali .
Un altro dei sopravvissuti al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, ci ha lasciati qualche settimana fa, Alberto Sed, tatuato con il numero a-5491”.
Non più una persona umana, con i suoi diritti, la sua individualità, la sua fede, le sue idee; insomma non più la sua identità ma un numero, un senza nome, una entità priva di valore.
Domandiamoci: questo fa parte di un passato che non tornerà mai più?
Se noi dessimo a questa domanda una risposta affermativa significherebbe che la nostra mente ed i nostri cuori sono annebbiati dalla indifferenza verso quanto accade oggi, sotto i nostri occhi.
Quanti senza nome, bambini, donne, giovani, anziani e meno anziani sono stati inghiottiti dal mare senza che nessuno facesse nulla per dare una risposta ed un aiuto al loro grido di libertà?
Eppure la maggioranza è stata, e continua ad essere, indifferente, sommandosi a quella minoranza strillante che applaudiva persino alle decisioni di non prestare soccorso.
Come si può stare inermi di fronte allo sterminio di un popolo generoso come quello Curdo?
Un popolo che, dopo aver contribuito alla sconfitta dell’ISIS, si vorrebbe annientare per porre fine alla loro aspirazione, che è semplicemente la pace ed una società realmente libera e democratica.
Credo che l’indifferenza della gente oggi sia molto più grave di quella che c’era negli anni trenta e quaranta, perché oggi si sa tutto ed in tempo reale. Una grande donna, Liliana Segre, sostiene che è stata l’indifferenza il motore dei convogli che trasportavano gli internati ed è per questo che le sue giornate li utilizza discutendo con i giovani di cosa sia stato l’inferno nazifascista e la deportazione nei campi di sterminio.
Guai a noi a smarrire il nostro passato. L’oblio su queste atrocità è la porta attraverso la quale altre assurdità possono sempre ripiombare sulla vita di ogni comunità.
Le stesse vicende della votazione sulla commissione contro l’antisemitismo, proposta dalla Senatrice a vita Segre e votata a maggioranza dal senato della Repubblica, evidenziano come sarebbe un errore abbassare la guardia.
Quando tutto il centrodestra si astiene ed alcuni settori sbraitano persino insulti ed usano parole irriverenti verso una persona che ha vissuto l’orrore di Auschwitz, ciò sta ad indicare quantomeno assenza di sensibilità verso gli atti e le azioni che generano odio ed offese alla persona umana.
Ma può anche essere il preludio dell’avanzata di una visione del mondo che contrasta con tutto l’impalcato della nostra Carta Costituzionale, che nasce appunto dalla sconfitta di una siffatta visione.
Il pianeta sembra scosso da un vento impetuoso, fatto di danni oggettivi causati dalle attività antropiche – sfruttamento capitalistico, vedi il disastro ambientale- e le aggressioni di apparati militari di potenze straniere contro popoli inermi, diventati vittime solo perché i loro territori abbondano di materie prime.
Le guerre sembrano non finire mai ed il pianeta pullula di tensioni e di scontri armati, alimentati da politiche scellerate, che contrastano con tutte le normative sovrannazionale finalizzate a tutelare la pace nel mondo. E mentre il mondo sembra sempre più avviato verso un precipizio di difficile lettura e di incalcolabili conseguenze, gli strumenti essenziali per la vita democratica del nostro, come di quasi tutti i Paese Occidentali, che sono i Partiti, sembrano liquefatti, nel senso di non essere più in grado di elaborare risposte da dare ai bisogni di giustizia sociale e di crescita delle popolazioni; sembra non rappresentino più le istanze che provengono dal basso e dal seno delle comunità.
Questa convulsa fase storica, che avrebbe bisogno di veri Partiti di massa, nel solco della tradizione democratica nata dalla resistenza, sembra invece in balia dei populismi più irriducibili che nutrono la loro forza alimentando le paure, a partire dagli immigrati, e strumentalizzando le scontentezze diffuse, che il malgoverno o persino il sistema su cui poggiano i governi, crea su vasti strati di popolazione.
Il liberismo, che sembra oramai aver conquistato l’intera arena mondiale, governa i propri interessi senza badare alle grandi disuguaglianze che alimenta, sia tra popoli e sia tra cittadini di uno stesso Paese.
Lo sviluppo tecnologico, basato principalmente su internet e telecomunicazioni digitali, ha già una implicazione coinvolgente tutte le sfere sociali e persino lo stesso rapporto dell’uomo col mondo.
Il cuore di tale rivoluzione, però, riguarda essenzialmente il modo di produrre, consumare e lavorare.
Queste nuove tecnologie, che non sembrano evidenziare un termine nella continua evoluzione, stanno oramai conquistando tutti i settori della economia moderna e tutto questo, come ben si può comprendere, è basato innanzitutto sulla conoscenza.
Ma tutta questa evoluzione non sembra portare con sé un argine alle disuguaglianze ed alla disperazione di una umanità sempre più spinta verso la povertà.
Non è difficile comprendere che i rischi di una maggiore disuguaglianza sono alti sia tra territori, in base alla più o meno dimestichezza e possesso di queste nuove reti di lavoro e produzione; sia tra quanti posseggono gli strumenti culturali, ossia una adeguata formazione, per evitare d’incorrere in quelli che si evidenziano già i mali del futuro: disoccupazione e vulnerabilità sociale, nel senso di mancanza di protezione sociale.
Non è nemmeno difficile comprendere, però, che attraverso una giusta ed adeguata politica dei governi ci potrebbero essere aspetti positivi che si diffonderebbero a cascata sui territori e quindi sui cittadini.
Se è vero che la rivoluzione tecnologica esige competenza e specializzazione, è vero anche che il lavoro deve sempre guardare alla vita dell’individuo e delle comunità.
Penso che una giusta e coraggiosa politica potrebbe affrontare e risolvere finalmente la questione meridionale, contribuendo altresì alla soluzione della crisi nazionale.
Ecco perché non possiamo permetterci il lusso di stare in silenzio e di non agire; ma di partecipare, organizzandoci per costruire risposte democraticamente efficaci.
A questo punto consentitemi di fare riferimento al comma L dell’articolo 2 dello Statuto costitutivo dell’ANPI: “Concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della Costituzione Italiana, frutto della Guerra di Liberazione, in assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli” ed infine all’articolo 3 della nostra Carta fondamentale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Ho cercato di delineare brevemente quelli che credo siano i motivi che ci hanno spinto ad avviare questa iniziativa e soprattutto ho cercato di evidenziare le esigenze indifferibili dell’agire per comprendere il presente nell’interesse delle nostre comunità e innanzitutto delle future generazioni.
Sono convinto che il contributo che ognuno saprà dare ci aiuterà a continuare la fase espansiva di questa nascitura organizzazione, in special modo coinvolgendo i giovani, perché loro sono i soggetti fondamentali per fare memoria ed evitare, pertanto, che il velo opaco dell’oblio copra le vergogne del secolo scorso e ci impedisca di costruire un futuro migliore.
Mimmo Panetta