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Le organizzazioni sindacali: “Cambiare la Legge di Stabilità 2014 si può. Dagli sprechi e dalle rendite più risorse ai lavoratori e ai pensionati”

15 Novembre 2013
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McDonald McDonald McDonald

DALL’UFFICIO STAMPA CGIL REGGIO CALABRIA-LOCRI  RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO LA SEGUENTE NOTA STAMPA:

Lo sciopero di 4 ore indetto da Cgil, Cisl e Uil Nazionali è una decisione presa alla luce di quanto contenuto nella Legge di stabilità, in esame in Parlamento, che non permette al Paese di uscire dalla grave crisi economica che lo ha colpito.

 Per questo, per le OO.SS., è necessario ridurre le tasse sul lavoro e sui lavoratori, sui pensionati e sulle imprese e optare per una politica economica attraverso cui vengano intrapresi quei meccanismi necessari per garantire all’Italia, e soprattutto al Mezzogiorno, di risollevarsi.

Ricordiamo, infatti, che la Regione Calabria (secondo dati Istat) si attesta al primo posto tra le regioni italiane, con il 24,6%, per numero di disoccupati e, tra questi, la fascia più elevata è costituita dai giovani. Ma non è solo una fonte a fornire dati su questo stato disastroso in cui versa la Calabria.

Secondo l’Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza, tra il 2008 e il 2012 hanno chiuso circa 9 mila imprese storiche, con più di 50 anni di attività; tra le regioni italiane, tale percentuale in Calabria e supera la metà delle imprese storiche (53%, circa 250 imprese).

Nei primi tre mesi del 2013 (tra gennaio e marzo), le piccole e medie imprese calabresi hanno fatto registrare un aumento dei tempi medi di pagamento e del numero dei protesti rispetto allo scorso anno .

Per quanto riguarda la liquidazione delle fatture, le aziende calabresi detengono il primato negativo a livello nazionale: i pagamenti sono effettuati in media con 43,9 giorni di ritardo rispetto alle scadenze concordate, con un incremento di oltre 10 giorni rispetto a quanto registrato l’anno scorso.

Sempre la Calabria, secondo l’ultimo rapporto Svimez, è la regione più povera con 16.460 euro.

Nella Regione calabrese, a soffrire maggiormente per effetto della crisi e di una burocratizzazione delle pratiche, sono le piccole e medie imprese molte delle quali chiudono o falliscono. L’economia non produce, i consumi calano e l’occupazione registra un minimo storico.

La Cgil Calabria, insieme con Cisl e Uil, da anni pone un problema non solo logistico ma anche politico. Perché laddove mancano le infrastrutture e le strutture viene meno la possibilità di creare economia e quindi un indotto sull’intero territorio in termini di occupazione e di ripresa economica.

Proprio per questo, le OO.SS. regionali hanno fatto proprie le rivendicazioni della piattaforma unitaria sulla Legge di stabilità, evidenziando la necessità di:
• liberare risorse per finanziare gli investimenti a sostegno dell’occupazione, dell’innovazione e delle politiche sociali;
• rifinanziare subito la cassa integrazione e di dare certezze a tutti i lavoratori esodati.

Sia a livello confederale sia a livello di singole categorie, le OO.SS. hanno lanciato un allarme sullo stato sociale ed economico di crisi che sta gravando sulle famiglie calabresi, sui lavoratori dipendenti e sui pensionati.

Le vertenze e i “fronti caldi” aperti a livello regionale riguardano più settori economici vitali per il Mezzogiorno e, soprattutto, per la Calabria.

Sempre con più frequenza, si assiste all’apertura di tavoli di trattativa sindacali anche nazionale per risolvere le questioni di lavoratori della Pubblica Amministrazione o di ditte private.

In primis, l’impegno delle Organizzazioni Sindacali si è profuso nel settore dei trasporti: una battaglia intrapresa per combattere contro una politica amministrativa delle Ferrovie dello Stato che ha portato a una diminuzione dei treni a lunga percorrenza e dei servizi, all’aumento delle tariffe per i tragitti di tipo regionale e per le tratte provinciali.

Accanto, una politica regionale che ha optato per il trasporto su gomma rispetto a quello sul ferrato, isolando di fatto ampie porzioni del territorio calabrese e, in particolare, di quello provinciale reggino (si pensi alla zona ionica).

Sempre sul fronte regionale, sono ancora aperte: la questione sul futuro dello stabilimento di Torre Lupo, poiché è stato istituito un tavolo tecnico ministeriale che riguarda l’AnsaldoBreda reggino (600 lavoratori impiegati); la situazione dei lavoratori LSU e LPU, in cerca di stabilizzazione (si parla di un bacino di più di 5000 lavoratori LSU e LPU negli Enti locali utilizzatori); lo stato di agitazione dei forestali.

Se in questo quadro a tinte fosche che riguarda l’intera regione ci si sofferma sul territorio provinciale reggino, il disegno appare ancora più scuro: un territorio con una popolazione di circa 551mila residenti (un dato non completo, in quanto bisogna considerare i flussi migratori tra studenti fuori-sede, emigranti e immigrati, lavoratori occupati in altre città italiane ed estere) registra vertenze in atto in diversi ambiti:

– l’area del Porto di Gioia Tauro: i lavoratori portuali di Gioia Tauro con l’altissima adesione allo sciopero della settimana scorsa per il rinnovo del contratto nazionale e la necessità che venga riassorbita l’intera forza lavoro in prossimità della scadenza degli ammortizzatori sociali (la cassa integrazione ha interessato per due anni quasi 500 lavoratori è in scadenza); i sindacati chiedono che non vengano meno i diritti del contratto nazionale e che vengano mantenuti i livelli occupazioni. In particolare, attendono la convocazione in ambito nazionale, con l’attivazione di un tavolo tecnico, e la sottoscrizione del contratto affinché non sia a ribasso;

– il settore della pesca: Per le OO.SS. è necessario che il Governo nazionale dichiari lo stato di crisi del settore con misure eccezionali anche sul fronte biologico, per aiutare le imprese ad adeguarsi alla nuova realtà, oltre ai conseguenti benefici degli ammortizzatori sociali a favore dei pescatori e degli addetti. Nel contempo, bisogna utilizzare e attivare tutte le misure possibili del Fep (Fondo Europeo per la Pesca) nel contesto dei piani di gestione locali della pesca che vanno aiutati ad esser decisi e realizzati. A ciò vanno aggiunte altre misure a partire dalla rideterminazione, a livello nazionale, delle quote tonno.A rischio, le marinerie del territorio e in particolare 3.500 pescatori (su una popolazione di 10.700 abitanti a Bagnara Calabra);  

– le vertenze con aziende private che stanno per fallire o che non riescono a garantire gli stipendi ai propri dipendenti;

– le trattative sindacali nei cantieri aperti dell’A3 Salerno-Reggio: sempre più imprese licenziano i dipendenti (attraverso concordato preventivo) che diventano così percettori di disoccupazione. Oppure vengono mandati in cassa integrazione straordinaria come nel caso dell’impresa Carena che si occupa del tratto di Scilla (RC); 

– dall’autostrada al trasporto pubblico locale: si registra da anni una situazione di instabilità reddituale per i dipendenti dell’Atam a Reggio Calabria (oltre 300 lavoratori) e per quelli delle ditte private che garantiscono i servizi (pullman) verso la zona ionica e tirrenica;

– i lavoratori che svolgono le pulizie all’interno delle scuole incroceranno le braccia per protestare contro i mancati pagamenti degli stipendi e contro la situazione di incertezza creatasi nella trattativa nazionale che prevede un nuovo appalto per le pulizie delle scuole (sono a rischio i 1450 ex Lsu addetti alla Pulizia delle Scuole nella sola Calabria). Proprio per loro, che non percepiscono salario da diversi mesi, lo sciopero di venerdì 15 novembre è stato portato da 4 a 8 ore come nel caso dei lavoratori della società Pdp Soc.Coop nella Provincia di Reggio Calabria; 

– Pubblica Amministrazione: il mancato rinnovamento dei contratti dei dipendenti; prevista l’eliminazione dell’indennità di vacanza contrattuale e il taglio lineare operato sugli straordinari.

La Legge di stabilità – per Cgil, Cisl e Uil della Provincia di Reggio Calabria – non affronta e risolve alcuna problematica sopramenzionata, anzi le aggrava perché: impoverisce le tasche dei lavoratori; non rifinanzia gli ammortizzatori sociali; colpisce il precariato (si pensi ai precari della sanità la cui cancellazione significherebbe il non mantenimento dei livelli essenziali di assistenza “LEA”); non rilancia i consumi; non adegua le pensioni.

Un discorso più specifico le OO.SS. provinciali lo affrontano per il Comune di Reggio Calabria.

Da più di un anno la città dello Stretto è amministrata da una Commissione straordinaria che, di fatto, rappresentava una speranza per la cittadinanza; per risollevarsi da una situazione economica instabile e disastrosa, frutto di una passata cattiva gestione comunale da parte di una classe politica che si è dimostrata incapace di portare sviluppo e far crescere Reggio e il suo territorio.

Su un fronte di legalità, contro la ‘ndrangheta e le sue ramificazioni, le OO.SS. – nonostante quanto emerso dalla Relazione della commissione d’accesso al Comune – hanno cercato di affrontare delle questioni che, da più di un anno, non trovano una riposta da parte delle Triade.

Da coloro da cui ci si attendeva prontezza e risoluzioni in tempi razionali, sono giunti solo rimandi, perché si è procrastinato anche rispetto alle proposte messe in campo da Cgil, Cisl e Uil: dalla vertenza Peo (ancora non si è riusciti a raggiungere un accordo con il Comune e stiamo parlando del destino di 1000 dipendenti comunali) al futuro ancora incerto delle società partecipate di Reggio Calabria che riguarda circa 600 lavoratori (la futura società pubblica di gestione dei rifiuti in città con il conseguente mantenimento occupazionale delle maestranze che lavoravano nella Leonia e la società Multiservizi con una calendarizzazione di tavoli operativi finalizzati al raggiungimento di obiettivi concreti, tra efficienza dei servizi essenziali e mantenimento dei posti di lavoro).

I sindacati di categoria, insieme con le Segreterie generali, hanno inoltre evidenziato e portato avanti le istanze dei lavoratori della Bentini SpA (33 dipendenti sono in art.11).

Dal settore edile a quello commerciale: il futuro dei lavoratori e delle lavoratrici dell’ex GDM è ancora incerto nonostante siano stati raggiunti due accordi: uno con l’imprenditore Noto per il riassorbimento di 189 dipendenti da una parte che deve avere una “istituzionalizzazione” ; un altro con la cordata Frascati-Parmareggio. In totale, si ricorda che il totale dei dipendenti era di 600 unità occupate nella ex Grande Distribuzione Meridionale.

Più ambiti economici della città di Reggio Calabria sono a rischio fallimento, con la conseguente perdita del posto di lavoro per i dipendenti. È qui la lista si allunga: dalla questione Villa Betania a quella della COOP COOSSEL (vicina al fallimento e alla chiusura di una cooperativa con 43 dipendenti), passando per le lavoratrici e i lavoratori delle tantissime cooperative (terzo settore) percettori di ammortizzatori sociali o non regolarmente retribuiti e perciò in attesa di mensilità arretrate.
E’ indispensabile agire per un taglio significativo della spesa pubblica improduttiva e dei costi della politica. Dall’efficienza e dalla revisione dei livelli istituzionali, dalla riqualificazione della spesa pubblica, dall’armonizzazione della tassazione delle rendite finanziarie alla media europea, dalla valorizzazione del patrimonio statale e dal rafforzamento della lotta alla corruzione, all’elusione e all’evasione fiscale, dipende la qualità dei servizi per i cittadini.

Cambiare la Legge di Stabilità si può…Dal lavoro legale, retribuito e contrattualizzato passa, davvero, la via verso la stabilità finanziaria e un equilibrio sociale ed economico.

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