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L’editoriale: Davi, Calabrese e la “sagra della superficialità” che non interessa a nessuno

14 Agosto 2015
in In primo piano
Tempo stimato: 10 min per leggerlo
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di Gianluca Albanese (video del canale YouTube “KlausCondicio”)

LOCRI – Una polemica ferragostana, costruita sul nulla di dichiarazioni rese in un video su YouTube che nei cinque giorni dalla sua pubblicazione ha ottenuto ben – si fa per dire – 69 visualizzazioni. Una vera e propria sagra della superficialità che ha suscitato delle reazioni assolutamente sproporzionate rispetto all’eco giornalistica originaria. Stiamo parlando della polemica che vede, in questi giorni, opposti da una parte il “massemediologo” Klaus Davi e il parlamentare Claudio Fava, politico, giornalista, scrittore e sceneggiatore e, dal 22 ottobre del 2013, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia; e dall’altra il sindaco di Locri Giovanni Calabrese.

 

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Una querelle costruita ad arte per fare discutere di sé ognuno dei protagonisti, ma senza contenuti reali di fondo.

I FATTI

Lo scorso 10 agosto, Klaus Davi, che i più ricorderanno come ospite fisso in talk show televisivi come “Quelli che il calcio”, ospita il parlamentare catanese Claudio Fava. Nel video che proponiamo alla vostra visione, è possibile rilevare come nei venti minuti scarsi e stiracchiati d’intervista, il conduttore cerchi a tutti i costi e in maniera parecchio forzata lo scoop, provando a trascinare per i capelli l’intervistato verso quelli che appaiono in realtà dei veri e propri assunti in cerca di approvazione, più che delle domande di un’intervista giornalistica.

I due interlocutori partono dalla mancata cattura del superlatitante della mafia Matteo Messina Denaro. 

Davi le prova tutte per far dire a Fava quello che vorrebbe sentirsi dire: dalle possibili connivenze dei poliziotti infedeli e magistrati distratti che agevolerebbero la latitanza del boss di cosa nostra, ai possibili tradimenti della sua amante teutonica.

Più che un’intervista – non ce ne voglia il nostro famoso collega – sembrano due chiacchiere da bar, o da scompartimento di treno a lunga percorrenza, senza alcuna rilevanza giornalistica, e senza elementi concreti in mano.

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Fava risponde alle domande con cortesia, e solo dietro all’insistenza del conduttore risponde che non si sente di escludere le ipotesi formulate da Klaus Davi, ma senza rilasciare dichiarazioni particolarmente importanti.

Sul finale del programma, poi, Klaus Davi vira sulla ‘ndrangheta calabrese, la individua come possibile organizzazione criminale fiancheggiatrice della latitanza di Matteo Messina Denaro, per poi spalmare, sul piatto povero di contenuti e di rilievi investigativi che caratterizza tutta la trasmissione, una marmellata indistinta in cui c’è di tutto: la ‘ndrangheta ramificata in Germania e in tutti i continenti, l’inchino della processione davanti all’abitazione del boss di Oppido Mamertina Giuseppe Mazzagatti, e la decisione del sindaco di Locri Giovanni Calabrese di non esporre, nonostante l’invito dell’Anci che ha fatto sua la proposta del primo cittadino di Trezzano sul Naviglio, di esporre, sotto il cartello stradale che accoglie i visitatori a Locri la dicitura “comune antindrangheta”.

Una misura – se così la possiamo definire – sicuramente non risolutiva nella lotta al fenomeno ‘ndranghetistico, ma che secondo alcuni costituirebbe comunque un segnale simbolico importante.

Addirittura, Klaus Davi, tra una digressione e l’altra, arriva a dire che «Gli ‘ndranghetisti non amano i riflettori ed è davvero difficile trovare uno ‘ndranghetista disposto a farsi intervistare».

Ora, sfidiamo tutti i nostri colleghi che scrivono di “nera” e di “giudiziaria”: ma davvero qualcuno di noi vorrebbe intervistare uno ‘ndranghetista? Noi, certamente, no. Ci bastano gli atti processuali a loro carico, le ordinanze di custodia cautelare in carcere e quanto emerge nel corso del dibattimento dei tanti processi di ‘ndrangheta celebrati in Corte d’Assise. 

Evidentemente a corto di argomenti di una certa rilevanza, Davi si sofferma qualche secondo in più sul sindaco di Locri. Ricorda, con una solo all’apparenza velata allusione, che è stato eletto sindaco col 70% dei voti e dice pure che da queste parti la mafia controlla buona parte del consenso elettorale, specie nelle elezioni amministrative.

Il riferimento dimostra che molto probabilmente Klaus Davi avrà studiato la realtà di Locri e della Locride sul “Bignami”, disconoscendo, ad esempio, che il Comune di Locri non ha mai subito l’onta dello scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, a differenza della vicina Siderno, laddove chi è stato sindaco dal 2001 al 2010 (Sandro Figliomeni) ha subito una condanna in primo grado in un processo per 416bis e altri reati, così come gli ex consiglieri comunali Giuseppe Tavernese e Domenico Commisso, mentre il presidente del consiglio comunale dal 2006 al 2010 (Totò Macrì), il consigliere comunale di maggioranza nello stesso periodo (Roberto Verbeni) e il sindaco di Siderno dal 2011 al 2012 Riccardo Ritorto sono stati rinviati a giudizio nel processo che trae origine dalle indagini della Direzione Distrettuale Antimafia che è appena iniziato nei due filoni: l’abbreviato a Reggio Calabria e col rito ordinario a Locri dal prossimo 12 novembre.

Insomma, Klaus Davi, nel menzionare Locri come comune amministrato sotto il giogo opprimente della ‘ndrangheta ha scelto male. 

Il telegenico sindaco Calabrese, dal canto suo, non si è lasciato sfuggire l’occasione per alimentare l’ennesima polemica mediatica, dopo che lo stesso Klaus Davi nel (vano) tentativo di attirare interesse verso la sua trasmissione, ha diffuso una nota stampa in cui stigmatizzava la scelta del sindaco di Locri di non affiggere i cartelli con la scritta “Comune antindrangheta”, solo che, a nostro modo di vedere, ha sparato troppo alto.

Calabrese, infatti, ha scritto al presidente della commissione antimafia Rosy Bindi, chiedendo, nell’ordine: le dimissioni di Claudio Fava (che, come si può agevolmente riscontrare guardando il video, non recepisce più di tanto le sollecitazioni del conduttore, limitandosi a dire che “Qualsiasi segnale di lotta alle cosche va bene”) e un grande classico: le scuse di Fava e di Davi alla città di Locri e ai suoi cittadine, oltre che le solite minacce di adire le vie legali per tutelare il buon nome della città.

Già, un grande classico.

Già nel febbraio dello scorso anno, Calabrese guadagnò la ribalta mediatica in una personalissima guerra contro lo scrittore ed editorialista del Corriere della Sera Gianantonio Stella, “reo” di aver citato Locri come esempio di bruttura edilizia e paesaggistica nel corso di un’intervista rilasciata al festival di Sanremo, con tanto di richieste ufficiali di scuse  a tutela del buon nome di Locri.

Finì come tutti ricordiamo: Stella ospite celebrato e riverito del “Giugno Locrese”, stretta di mano e pietra tombale estiva sulle polemiche invernali, con l’autore de “La Casta” che rifiutò pure il rimborso spese che il Comune di Locri aveva stanziato per la trasferta locrese del giornalista.

Tarallucci e vino, insomma, ma una ribalta mediatica che fu solo la prima di una lunga serie, visto che solo pochi mesi dopo, Calabrese fu protagonista di un lungo tour dei principali talk show delle reti televisive nazionali per propagandare la sua crociata contro quelli che definiva “I fannulloni alle dipendenze del Comune di Locri”, una “guerra santa” terminata all’inizio di quest’anno senza vincitori né vinti.

Tra l’altro, Calabrese (e con lui – ahinoi – anche alcuni nostri colleghi) riportano un’inesattezza, quando dicono – e scrivono – che l’inopportunità o l’inutilità di affiggere i famosi cartelli di “comune antindrangheta” è stata condivisa dal consiglio comunale nella sua interezza.

Come ha dichiarato a Lente Locale il capogruppo di opposizione Antonio Cavo, infatti, raggiunto telefonicamente per un chiarimento sulla singola questione, «Il sindaco, a conclusione della seduta consiliare dello scorso 27 luglio ha semplicemente comunicato all’assemblea cittadina che non era il caso di aderire alla richiesta dell’Anci di affiggere i cartelli e noi ci siamo limitati a prenderne atto, ma non si è mai aperta – ha specificato Cavo – una discussione sul tema, né è stato mai votato un ordine del giorno ad hoc, come invece è stato fatto per altri argomenti».

Insomma, l’impressione di chi scrive è che ancora una volta, il sindaco Calabrese si sia gettato, lancia in resta, in una battaglia mediatica personale senza riflettere sulla rilevanza di quanto emerso.

Certo, il bilancio mediatico di questa polemica è assolutamente a suo favore: a fronte delle 69 visualizzazioni del programma di Klaus Davi in cui intervista Claudio Fava, il primo cittadino di Locri, complice il gran lavoro svolto anche in questa circostanza dall’ufficio stampa del Comune retto dall’ottimo Francesco Carbone, ha ottenuto ben altra visibilità, facendo passare, ancora una volta, il messaggio dello strenuo difensore della fama di Locri contro gli attacchi mediatici della stampa nazionale, ottenendo solo la sponda del sempre meno sorprendente “avversario” Pino Mammoliti e di un dirigente regionale di Forza Italia Giovani, ovvero il bovalinese Filippo Savica. 

E se Klaus Davi è un massmediologo, Giovanni Calabrese è uno che nei mass media ci sguazza. E molto volentieri.

Rimane un dato innegabile: a fronte della scarsissima eco delle domande di Davi e delle prudenti risposte di Fava, resta la certezza che alle elezioni del 2013 Giovanni Calabrese è stato votato da un’ampia maggioranza di elettori per amministrare bene la città e non per fare polemiche sui mass media. 

Continui pure, dunque, a fare il suo lavoro, non curandosi più di tanto dei presunti attacchi a mezzo stampa e badando alla sostanza della sua amministrazione, alle prese, tra l’altro, con la difficile partita per cercare di ottenere l’accettazione del nuovo piano di riequilibrio finanziario, passo fondamentale per scongiurare il dissesto dell’Ente. 

Quando il fugace clamore mediatico del caso “Davi-Fava” sarà passato, infatti, rimarranno le questioni concrete di chi amministra una città non meno (e nemmeno più) difficile delle altre del nostro comprensorio.

Locri, che noi viviamo quotidianamente, non ha bisogno di scuse ufficiali o di azioni legali per tutelare la sua immagine. 

Bastano, infatti, la sua vocazione turistica coltivata e concretizzata nei mesi estivi, il suo patrimonio paesaggistico, culturale e archeologico e la laboriosità dei cittadini per bene, la stragrande maggioranza della popolazione. 

Il resto sono chiacchiere, che non appassionano nemmeno i frequentatori dei locali e degli stabilimenti balneari, che a differenza di noi giornalisti, stanno snobbando questa polemica ferragostana, vera e propria sagra della superficialità molto meno utile, redditizia e godibile delle tante sagre di prodotti tipici organizzate, in questo periodo, in ogni angolo della nostra bella Locride. 

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