di Emanuela Alvaro
GERACE – Dialogo sul tema “Legalità, informazione, mistificazione”. L’incontro, promosso dalla rassegna Tabularasa e moderato da Marisa Larosa, è stato un esercizio minuzioso di svisceramento di quello che è il mondo dell’informazione, la professione giornalistica e il potere che la stessa ha. Una sorta di “seduta psicanalitica collettiva di giornalisti che si siedono sul banco degli imputati”, così come l’ha definita Enzo Romeo, responsabile redazione esteri del Tg2, insieme a Mario Congiusta, presidente della Fondazione Gianluca Congiusta onlus, Enzo Romeo, vaticanista Pino Varacalli, sindaco di Gerace e Paola Bottero, giornalista e scrittrice in Piazza del Tocco.
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«Dopo la morte di mio figlio ho incontrato giornalisti senza i quali non saremmo riusciti a fare nulla, ma anche altri che fin dall’inizio hanno informato in modo sbagliato». Mario Congiusta nel racconto della storia personale della sua famiglia si è soffermato sull’incontro con diverse tipologie di giornalisti.
Mistificazione della notizia che Congiusta ha ribadito sottolineando il rapporto con giornali locali e giornalisti che hanno alimentato voci false.
«Mario Congiusta ci ha dato due indicazioni, il problema del giornalismo nazionale ed internazionale e quello regionale. Il primo – ha spiegato Enzo Romeo – si ferma alle suggestioni, non avendo né tempo né voglia o capacità di approfondire, non scrivendo come effettivamente funzionano le cose, ma facendo una sorta di dipinto parziale. Bisogna forse aiutare queste persone, un compito magari che spetta alle autorità, ai sindaci, perché approcciarsi alla nostra realtà non è facile, come non è facile snodare un gomitolo nero da quello bianco, il male dal bene».
Per Romeo il limite del giornalismo locale è quello di essere immersi troppo nella realtà di cui si scrive diventando, senza rendersi conto, uno strumento di una fazione piuttosto che di un’altra.
Parlare del calabrese, raccontarlo, non è facile e, per Paola Bottero, da torinese e giornalista proveniente da realtà nazionali, la Calabria deve essere capita e chi lo vuole fare ha gli strumenti non per far emergere il bianco, il nero o il grigio, ma i colori. Spesso per la giornalista si pecca di superficialità nel trattare l’argomento.
«Il peggio che possiamo mostrare di noi stessi, una discarica a cielo aperto, un imbarbarimento terribile in un luogo dove è stata uccisa una persona».Il giornalista dice che il messaggio che deve passare è quello di darsi da fare in tutte le circostanze, ognuno può essere giornalista anche solo con una foto, o magari responsabilizzarsi segnalando al corrispondente locale ciò che non va. Fondamentale, per Romeo, dare da calabresi gli strumenti giusti per far comprendere una realtà difficile, anche per i calabresi stessi, e rivolgendosi a Mario Congiusta si è soffermato sullo stato di degrado in cui versa la zona dove il figlio è stato ucciso, dove sorge un monumento in memoria di tutte le vittime di mafia.
Nel dialogo ci si è soffermati sul condizionamento dei giornali e del web, della necessità di discernere affidandosi alle fonti accreditate e Paola Bottero, rivolgendosi al sindaco Varacalli gli ha lanciato una sfida, organizzare a Gerace, chiamando i calabresi che nel settore si sono distinti, diventando un punto di riferimento nazionale, una sorta di scuola di giornalismo, dove dare informazioni sulla professione.
Professione vissuta in modo diverso dai giornalisti che lavorano con uno stipendio e chi scrive per pochi euro a pezzo. Un tema delicato sul quale il giornalista Sandro Russo ha inteso esprimere la propria opinione. «I pezzi più dignitosi – spiega il giornalista – sono quelli pagati pochi euro, questi giornalisti hanno la libertà di rifiutare ciò che non vogliono scrivere. Molto spesso questo non succede in situazioni diverse». Un’ingiustizia di cui l’Ordine dei Giornalisti, sulla soppressione del quale Enzo Romeo così come Paola Bottero si sono detti convinti, dovrebbe intervenire.