di Gianluca Albanese
LOCRI – Poco più di due mesi di attività a Locri a sostegno del progetto per l’inclusione sociale dei rifugiati e richiedenti asilo politico attivo a Gioiosa Ionica da parte della Rete dei Comuni Solidali, meglio conosciuta come Re.Co.Sol. Due mesi di assistenza ai migranti, front-office, attività scolastiche, educative, culturali, laboratori di pittura e informatica e raccolta indumenti usati per i fratelli meno fortunati che per sbarcare il lunario lavorano nella raccolta di pomodori e arance. Tutte attività meritorie, ma che evidentemente, a Locri, danno fastidio a qualcuno.
{loadposition articolointerno, rounded}
Già, perché da qualche giorno, gli operatori attivi nella sede aperta nella centralissima via don Vittorio civico 14, di fronte al cancello della struttura sportiva dei salesiani, sono oggetto di ripetute minacce e di un caso di danneggiamento, tanto che oggi la sede è stata chiusa, ed è stato affisso un cartello all’ingresso che parla chiaro: «Chiuso per ripetute minacce».
Gli operatori della Re.Co.Sol., stamani hanno presentato denuncia ai Carabinieri, perché così non si può andare avanti. Troppa apprensione e poca serenità che impedisce di svolgere al meglio tutte le attività di supporto ai 18 migranti provenienti perlopiù dall’Africa subsahariana e dal Pakistan, alloggiati in alcuni appartamenti di Locri presi in affitto dalla Re.Co.Sol., che cura anche il vitto, il vestiario e tutte le necessità basilari degli ospiti del progetto.
Locri, che proprio qualche giorno fa era entrata, di fatto, nei progetti di accoglienza già attivi da tempo in altre realtà del comprensorio (Gioiosa, Riace, ecc.) non può tollerare certe manifestazioni di arroganza e certi atti delinquenziali sul proprio territorio. Non può farlo perché è sede di una civiltà millenaria, ed espressione di una comunità laboriosa, solidale e civile.
Locri non può ammettere che il lavoro svolto da una squadra di 32 collaboratori operanti in tutto il comprensorio a sostegno di persone che scappano da situazioni di guerra, fame, carestia e negazione dei più elementari diritti civili, venga vilipeso dalla condotta delinquenziale di chi cerca di far prevalere la logica perversa del controllo del territorio.
Locri deve sapere che in questi due mesi di attività, la Re.Co.Sol. ha portato una ricaduta economica positiva sul territorio cittadino quantificabile in una spesa (adeguatamente documentata e rendicontata) di circa 50.000 euro di fondi ministeriali concessi alla Rete dei Comuni Solidali per l’affitto della propria sede, degli alloggi degli extracomunitari, e per pagare i fornitori di cibo, indumenti, e materiale didattico. Tutti soldi pagati ai fornitori di beni e servizi nella città di Locri.
Locri non può tollerare che in uno degli angoli più belli della propria città, di fronte alla struttura dei salesiani, a due passi dal lungomare lato Sud (zona parco giochi) ci sia una realtà che opera nell’inclusione sociale dei propri fratelli meno fortunati che rischia la chiusura definitiva per colpa di qualche sconsiderato.
Non era mai successo, in tanti anni di attività nella Locride, che un presidio della Re.Co.Sol. fosse stato oggetto di minacce e danneggiamenti. Locri non merita tutto questo.
Giovanni Maiolo, referente Re.Co.Sol. per la Calabria raggiunto telefonicamente da Lente Locale per commentare l’accaduto, si è limitato a dire che «Quello che avevo da dire l’ho riferito ai Carabinieri».
Ora, nella forze dell’ordine che da sempre svolgono un ruolo fondamentale a difesa dei cittadini onesti, i ragazzi della Re.Co.Sol. ripongono le loro speranze affinché la situazione possa tornare a quella della normale convivenza civile, perché non vogliono vanificare il buon lavoro svolto a Locri negli ultimi due mesi.
Ma l’azione di repressione del fenomeno criminale può non bastare. Serve una reazione decisa e indignata del popolo locrese e del tessuto socio-politico cittadino. Quel popolo fatto di gente che denuncia i propri aguzzini e che premia chi non cede all’omertà.
Per ora la chiusura della sede Re.Co.Sol. è solo temporanea. Un eventuale abbandono definitivo del presidio locrese sarebbe un’onta per la città intera.