di Pino Mammoliti (foto fonte web)
Mi sembra che il mito del padre-padrone, sia abbondantemente tramontato e sempre meno si avverte la nostalgia del pater familias. Il problema non è come restaurare l’antica e perduta potenza simbolica della figura paterna, ma piuttosto di interrogarci su ciò che rimane del padre nel tempo della sua dissoluzione.
Ognuno di noi potrebbe offrire una risposta derivante dalla esperienza vissuta, ma non può esistere una chiave di lettura omogenea di questa relazione padre/figli. Diverse saranno le risposte a seconda delle aree sociali di provenienza (personalmente penso che nelle famiglie più povere, il rapporto sia più solido) ma non esiste un dato di certezza dal quale capire quale sia più vicino allo zenith di amore.
Da molti anni non sento più la voce di mio padre e sono orbato della sua presenza, ma ogni istante della mia giornata sento di averlo accanto. Succede a tutti i figli orfani. Almeno spero. Questo è il tempo delle case di cura che hanno sostituito – velocemente – la casa di famiglia, la nostra lista di cose da fare supera di gran lunga le persone da amare: i genitori.
Siamo vittime della ricchezza di Ellon Musk e non aspiriamo a diventare semplici testimoni di come si possa trasmettere ai propri figli e alle nuove generazioni la fede nell’avvenire, il senso dell’orizzonte, una responsabilità che non rivendica alcuna proprietà. Forse questa perdita di umanità, questo imporre la competizione ad ogni costo, i soldi come sangue da fare scorrere nelle nostre vite, ci consegna una società sconfitta e senza riferimento paterno. Tentiamo di diventare come Telemaco aspettiamo di vedere all’orizzonte il ritorno dell’Ulisse paterno, abbiamo bisogno di sentirci sicuri e guidati per diventare liberi e generosi testimoni di vita. Questo lo dobbiamo ai nostri padri ed è la prova di amore più grande verso i nostri figli. Auguri a tutti i papà.