di Enzo Romeo (foto fonte repubblica.it)
Ho aspettato qualche giorno prima di scrivere un mio modesto commento su Gabriele Carchidi, il direttore di IACCHITE’, fermato sabato scorso in via degli Stadi a Cosenza da una pattuglia della Polizia di Stato e portato in Questura, in quanto avrebbe resistito ai pubblici ufficiali, dopo la richiesta di fare vedere i documenti per essere identificato.
Ho atteso non perché abbia voluto aspettare la migliore ispirazione per consentirmi un equilibrio e mantenere equidistanza. Non è questo il motivo, tranquilli tutti. Anzi sgombero il campo da dubbi e chiarisco in primis che l’equidistanza per me, in veste di giornalista, è un valore.
Come uomo che abiura l’ignavia, affermo e confermo che talvolta, non sempre, l’equidistanza può essere una scusa, vile, per non prendere posizioni e tenersi buoni tutti. Non è il mio caso, almeno credo, perché non mi pare di essere mai consapevolmente caduto in bizantinismi. Ho voluto aspettare qualche giorno per essere il più oggettivo e analitico possibile.
Torniamo alla vicenda. Il giornalista, sabato, stando alle ricostruzioni, stava facendo jogging ed in tuta percorreva via Degli Stadi, quando è stato avvicinato dalla pattuglia per essere identificato. Alla richiesta dei documenti Carchidi avrebbe chiesto di conoscerne il motivo e non ricevendo risposta, o forse non avendo considerato adeguata la motivazione della richiesta, si sarebbe rifiutato di dare le sue generalità e confermarle con la consegna della carta di identità.
Chiariamo un punto: le forze di polizia, è capitato a me, possono, anche se si sta semplicemente passeggiando o se si è in sella ad uno scooter o a bordo di un’autovettura, avvicinarsi ad uno o più soggetti e chiedere di farsi riconoscere.
Naturalmente, dopo avere rispettato l’invito (non uso, si badi il termine ordine, perché non sarebbe appropriato) la persona identificata ha il diritto di sapere il motivo del controllo o quantomeno capire se abbia avuto un atteggiamento sospetto che ha indotto gli operatori a verificare. In linea di massima si ottiene una risposta per linee generali, secondo la quale si è trattato di una semplice e normale attività. Può bastare o non bastare.
Nel caso di Carchidi, non solo firma, si badi, ma anche volto molto conosciuto a Cosenza e oltre, io voglio ipotizzare che il giornalista non sia stato riconosciuto dagli agenti di polizia – se non fosse così il caso diventa chiaramente più clamoroso e più grave – e al suo rifiuto di consegnare i documenti sia partito un confronto che è degenerato, troppo e male.
Gabriele Carchidi è fisicamente ben piazzato e voglio pensare che nell’asserita (dagli agenti) necessità di bloccarlo, le dinamiche che ne sono conseguite abbiano dato ulteriore corpo alla platealità del fermo. Ma quella modalità, senza dimenticare il volto di Gabriele Carchidi, che si intravede e che sembra drammaticamente smarrito, mi ha fatto male e mi ha scosso, e spero di non rivederla più in situazioni simili.
Gabriele Carchidi quando io lavoravo alla redazione di Reggio del quotidiano Calabria Ora, fu per qualche tempo uno dei due capiredattori centrali, nella sede principale di Cosenza. L’ho incrociato e mi sono interfacciato con lui, probabilmente nemmeno si ricorda di me, ma questo non ha una importanza fondamentale. So che poi ha preso il via un suo nuovo percorso con IACCHITE’, con la denuncia di ogni forma di malcostume. Carchidi ha dimostrato di avere coraggio. Nei miei successivi impegni professionali avuti a Cosenza non l’ho più incontrato. E adesso dopo molti anni scrivo di lui, perché sento che è un dovere di cronista farlo.
Di nemici ne ha tanti Gabriele Carchidi, il suo giornalismo può trovare condivisione e nel contempo critiche aspre, ma la sua schiena nuda nel video che ha fatto il giro del web, mentre veniva ammanettato, mi rilancia una immagine che inquieta. E quella schiena, che egli ha sempre sostenuto essere dritta, merita, in ogni caso, fino a prova contraria, il giusto rispetto.
Sulla vicenda ci sono due versioni. Quella della Polizia e quella del giornalista. E c’è naturalmente una inchiesta della procura cosentina.
È una storia che scuote, comunque, riconosciamolo, ma abbiamo il diritto di sapere, rinnovando il rispetto alla Polizia di Stato e rappresentando vicinanza umana a Gabriele Carchidi, cosa sia stata e cosa sia questa vicenda, che va forse oltre il video, che ha suscitato sgomento.
Domani in centro a Cosenza ci sarà un sit in per esaltare il diritto alla libertà di stampa. Sarà un altro momento di aiuto al definitivo chiarimento.
Riteniamo giusto integrare l’editoriale sopra pubblicato, dopo avere appreso di un Intervento del sindacato di polizia Coisp, secondo il quale il Direttore di IACCHITE’ ha pubblicato la foto, le generalità e l’indirizzo di residenza di uno degli agenti che hanno proceduto al suo fermo sabato scorso. Ribadendo che l’episodio ci ha preoccupato e scosso, riteniamo che pubblicare nome, foto indirizzo di residenza dell’ agente sia stata una decisione per niente saggia. Riteniamo altresì che foto, generalità e luogo di residenza dovrebbero essere subito rimossi. Fossimo noi, lo faremmo senza pensarci un secondo e se potessimo faremmo opera di persuasione senza alcun tentennamento. Questa sortita, secondo noi, non fa bene alla necessità di sapere subito e bene la totale e assoluta verità dei fatti.
En.Ro.