Sarà dunque possibile abilitarsi all’insegnamento dopo dieci anni da quando, nel 2013, venne cancellata e quindi negata a quanti avrebbero potuto vivere, già da allora, un percorso più tranquillo e certamente meno irto di insidie sulla strada che conduce all’insegnamento; escluse le risorse pari a 60 milioni di euro per la copertura degli stipendi relativi al lavoro prestato dai docenti, chiamati alla sostituzione dei colleghi a cui è stata assegnata la cattedra, perché ritenuto “non in coerenza” con il contesto generale del decreto. Nuovo provvedimento nel prossimo CdM?
di Antonio Baldari
Giornata a due facce, quella di ieri, per il sempre ansioso mondo dell’Istruzione italiana, con una notizia buona ed una cattiva che sono state divulgate quasi in contemporanea; in primis, e per com’era nell’aria già da diverse settimane, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo del Dpcm inerente il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento mentre, nel comunicare le misure adottate con il nuovo decreto da oltre un miliardo di euro, il Governo ha reso noto che è saltato il finanziamento per le cosiddette “supplenze brevi”.
Andando con ordine, e partendo con la prima delle due notizie, sarà dunque possibile conseguire l’abilitazione all’insegnamento dopo dieci anni da quando, nel 2013, venne cancellata e quindi negata a quanti avrebbero potuto vivere, già da allora, un percorso più tranquillo e certamente meno irto di insidie sulla strada che conduce all’insegnamento; da oggi in poi questo sarà nuovamente possibile, stante l’accredito che verrà riconosciuto ai vari atenei e/o enti preposti all’allestimento dei relativi corsi.
Che sono attinenti alle situazioni poste in essere in cui attualmente versano tutti coloro i quali ambiscono al conseguimento di questo titolo, essendo chiamati a conseguire 60 Cfu – acronimo perfetto per Crediti Formativi Universitari – oppure 30 Cfu avendo però, al contempo, tre anni di servizio prestati negli ultimi cinque anni, oppure 36 Cfu da sommare ai 24 precedentemente riconosciuti entro e non oltre il 31 ottobre dello scorso anno.
Passando all’altra notizia, quella cattiva definiamola così, si è appreso che è saltato il finanziamento di circa 60 milioni di euro per la copertura degli stipendi delle cosiddette “supplenze brevi” che, tanto per capirsi, sono quelle che vengono prestate dai docenti chiamati alla sostituzione dei colleghi a cui è stata assegnata la cattedra; l’anzidetta somma è stata esclusa dal testo del decreto legge, che è stato approvato giustappunto ieri in Consiglio dei Ministri, perché ritenuto “non in coerenza” con il contesto generale del decreto, quest’ultima attinente alla questione energetica: a tale riguardo, va detto che rimane il finanziamento per le borse di studio universitarie, che è stato aumentato di 7,4 milioni di euro.
Naturalmente ci si chiede che fine faranno le sopraccitate risorse e sembra che possano essere parte di un nuovo decreto governativo da approvare nella prossima seduta del Consiglio dei Ministri, una misura necessaria perché possa essere garantita la continuità didattica pagando i contratti legati alle supplenze, ancorché non si conosca l’esatta entità delle stesse non essendo facile poterle prevedere: di certo c’è che, il cronico problema legato alle supplenze nel complesso mondo della scuola, rimane con il primo incremente delle risorse, derivante dalla legge di Bilancio, che è risultato insufficiente.