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Home Cronaca

“Falsa Politica”, i “non ricordo” del dirigente di P.S. Dodaro

29 Gennaio 2014
in Cronaca
Tempo stimato: 7 min per leggerlo
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di Gianluca Albanese

LOCRI – Una delle cose che nel 2010 faceva indispettire la ‘ndrangheta di Siderno, dal boss Giuseppe Commisso classe ’47 detto “il mastro” in giù, era l’asserita impossibilità di ottenere il sostegno certo ai candidati prescelti dalla consorteria, da parte dell’ex assessore all’Ambiente del Comune di Siderno Antonio Commisso classe ’73 detto “Biona”.

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E’ quanto è emerso nel corso dell’udienza del processo “Falsa Politica” che vede alla sbarra decine d’imputati accusati di 416bis e altri reati e che si concentra sui rapporti tra ‘ndrangheta e politica.
Oggi, il collegio presieduto dal giudice Alfredo Sicuro ha proseguito l’esame dell’ex dirigente del commissariato di Pubblica Sicurezza di Siderno Stefano Dodaro, che ha risposto alle domande del pubblico Ministero Antonio De Bernardo riguardanti alcune informative redatte sulla scorta di intercettazioni compiute prima dell’arrivo di Dodaro alla guida del commissariato di Siderno, che risale al mese di ottobre del 2010.
Un periodo molto interessante dal punto di vista elettorale, visto che nel biennio 2010-2011 hanno avuto luogo ben tre consultazioni: le Regionali del 2010, le Provinciali e le Comunali a Siderno del 2011. E, stando a quanto risulta dalle informative, il boss Giuseppe Commisso detto “il Mastro” seguiva con grande interesse gli sviluppi politici cittadini, riceveva interlocutori nella sua lavanderia (l’Ape Green”) del seminterrato al centro commerciale “I Portici”, certo di non essere intercettato, visto che in quel locale non c’era nemmeno campo per gli apparecchi di telefonia mobile.
E invece no. Gli uomini del Commissariato avevano posizionato per tempo “cimici” e telecamere, e avevano contezza della lunga teoria di personaggi politici e non che andavano a chiedere consigli al “Mastro” che da semplice capo ‘ndrangheta assurgeva, così, al rango di “consulente politico”, secondo una definizione dello stesso dirigente Dodaro.
Dopo le elezioni del maggio del 2010, in cui Commisso e i suoi fedelissimi decisero di appoggiare la candidatura di Cosimo Cherubino nella lista  del Pdl, si guardava con attenzione alle elezioni comunali del 2011. Il “mastro”, che aveva già rotto i rapporti con l’ex sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni (accusato di avere assunto una condotta fin troppo autonoma e poco funzionale ai dettami della consorteria, oltre che dedita alla cura suoi interessi economici privati) aveva deciso, dopo aver compiuto il proprio personalissimo giro di consultazioni col supporto del fido Mino Muià, il candidato sindaco da appoggiare: l’allora consigliere provinciale Riccardo Ritorto, che nel maggio del 2011 sarebbe stato eletto al primo turno. Una cosa, però, non lo convinceva: già, perché tre assessori dell’ultima giunta Figliomeni (Ascioti, Commisso e Rispoli) e un ex consigliere di maggioranza (Tavernese) nel frattempo avevano costituito un gruppo politico autonomo (giornalisticamente denominato da chi scrive “T.R.A.C.”, dalle iniziali dei cognomi dei quattro) e in seguito chiamato “Siderno Futura”.
Al fine di capire gli orientamenti dei quattro del “T.R.A.C.”, o meglio, di assicurarsi il supporto al candidato sindaco prescelto (Ritorto), il “Mastro”, ricevette alcuni “garanti” degli stessi, da lui intesi come potenziali “grandi elettori” che avrebbero dovuto, appunto,  garantire il loro supporto a Ritorto. E allora, il dirigente Dodaro, ha riferito di alcune intercettazioni in cui è emerso che lo zio acquisito dell’ex assessore allo Sport Giuseppe Ascioti, ovvero Cosimo De Leo, a colloquio col boss gli disse che “la volontà del gruppo T.R.A.C. era quella di ripartire da zero e indirizzare tutti i voti in un’unica direzione”. Un messaggio prudente, dunque. Quasi interlocutorio sul piano politico. Appariva, invece, in cassaforte l’appoggio di Giuseppe Tavernese per il quale garantiva il boss della sua contrada di appartenenza (Ferraro), ovvero Mino Muià.
Rimaneva un osso duro, invece, Antonio Commisso classe ’73 detto “Biona” (che nel processo “Falsa Politica” risponde a piede libero) che appariva come talmente autonomo nelle scelte, talmente indipendente dal punto di vista politico, che non riusciva a garantire sul suo supporto ai candidati scelti dal “Mastro”, nemmeno un pezzo da novanta della ‘ndrangheta di Siderno, come suo zio Francesco Commisso detto “’u Sceltu”. E questa cosa dava parecchio fastidio al “Mastro”, così come le voci che giungevano nella sua lavanderia adibita a luogo di consultazioni politiche, che riferivano di una presunta volontà di “Biona” di rimanere fedele politicamente all’ex sindaco Figliomeni, o sulla presunta intenzione del gruppo “T.R.A.C.” di costituire un terzo polo autonomo rispetto ai due candidati certi, ovvero il già citato Riccardo Ritorto e il suo avversario Domenico Panetta.
Il fido consigliere del “Mastro” Mino Muià, inoltre, riferiva al boss dei modi poco lusinghieri con cui il fratello di Sandro Figliomeni, ovvero Antonio, detto “il Topo”, parlava di Riccardo Ritorto e di come quest’ultimo – sempre stando alle intercettazioni captate – avrebbe chiesto a Muià  garanzie di appoggio alle Comunali, specie da parte di Cosimo Cherubino, che nel frattempo aveva allestito una propria lista civica a supporto del medico ed ex consigliere provinciale pidiellino.
Fin qui l’esame, che non ha aggiunto molto rispetto a quanto già noto e che costituisce parte integrante dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Durante il controesame, rispondendo alle domande del difensore di Cosimo Cherubino, l’avvocato Sergio Laganà, il dirigente di Polizia Dodaro ha detto, tra l’altro, di non avere memoria del fatto che nel 2009 il telefono cellulare dell’imputato Cosimo Cherubino (detenuto in attesa di giudizio) fosse intercettato, e di non aver compiuto ulteriori accertamenti riguardanti l’appoggio elettorale o meno di altri soggetti imputati in altri procedimenti, come ad esempio Roberto Stinà, che, stando a quanto chiesto dall’avvocato Laganà, alle elezioni del 2010 non sarebbe nemmeno andato a votare. Ma non solo. Dodaro ha risposto di non aver compiuto accertamenti riguardo il supporto elettorale o meno a Cherubino da parte di altri soggetti citati nelle informative, tra cui Peppe Tavernese (per lui una condanna in abbreviato nello stesso processo), l’ex assessore comunale alle Politiche Sociali Francesco Rispoli, il già citato Francesco Commisso alias “’u Sceltu”, l’ex presidente del consiglio comunale Totò Macrì; quest’ultimo, secondo le intercettazioni captate nella lavanderia del “Mastro”, non avrebbe nascosto al boss le proprie velleità di candidarsi alle elezioni regionali del 2010. Aspirazioni che però si scontrarono col “njet” del “Mastro, che aveva già scelto Cherubino.
Tra i molti “non ricordo” del testimone dell’accusa, inoltre, quelli riguardanti quesiti specifici posti dall’avvocato Laganà, specie riguardo le presunte interlocuzioni tra il “Mastro” e alcuni ‘ndranghetisti di piccoli centri come Stilo e Palizzi che avrebbero garantito al boss sidernese l’appoggio elettorale a Cherubino, quando quest’ultimo, in quei comuni, prese pochi voti. Dodaro, sempre su precisa domanda di Laganà, ha detto di non aver compiuto ulteriori indagini riguardo la collaborazione nella struttura politica dell’allora consigliere regionale Luciano Racco (anch’egli candidato alle Regionali 2010) da parte dell’ex assessore comunale Giuseppe Ascioti, e nemmeno sui contatti tra quest’ultimo e Cherubino.
Tra gli altri difensori che hanno controesaminato il teste dell’accusa, registriamo Giuseppe Belcastro (difensore di Antonio Commisso classe ’73), alla cui domanda Dodaro ha risposto che “Ho svolto solo attività interpretativa di quanto trascritto in precedenza”, mentre i difensori di Commisso Domenico (ex consigliere comunale e detenuto in attesa di giudizio) Concetta Coscarella e Davide Lurasco, hanno posto l’accento su quali fossero stati i criteri d’identificazione usati dagli inquirenti per accertare che il “Micarello” citato dal “Mastro” nelle sue conversazioni captate fosse proprio il nipote, ovvero Commisso Domenico classe ’75. Il teste dell’accusa ha risposto che “Abbiamo solo interpretato, senza mai accertare che il “Mastro” stesse parlando del nipote”, mentre è stato particolarmente significativo il passaggio in cui, nel rispondere a una domanda dell’avvocato Lurasco riguardo l’orientamento della ‘ndrangheta sidernese capeggiata dal “Mastro” nelle precedenti elezioni comunali che ebbero luogo nel 2006, Dodaro ha risposto che “So che i Commisso appoggiavano il candidato sindaco Figliomeni, anche se il nipote del “Mastro”, ovvero l’imputato Domenico Commisso classe ’75 era candidato con una lista avversaria, che sosteneva l’ingegnere Domenico Panetta”.
Dopo una domanda posta dall’avvocato Francesco Commisso (difensore dell’imputato Commisso Rocco), il presidente Alfredo Sicuro ha fissato le date delle prossime udienze, nelle quali verranno escussi gli altri testi dell’accusa.
Il prossimo 6 marzo verranno sentiti i testimoni Bellonia, Gullì e Rossi; il 20 marzo, invece, sarà il turno dei testimoni Costa e Oppedisano.

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