di Gianluca Albanese
SAN LUCA – Un sussulto di dignità. Una scelta di pancia e di cuore in nome dei più nobili valori della militanza politica. Un pugno in faccia ai rampanti, ai campioni dei selfie oggi con Mario, ieri con Alfredo, ieri l’altro con Liliana e Peppe, con la speranza di un incarico in qualche struttura speciale e di una qualsivoglia prebenda tale da compensare gli sforzi prestati nel ruolo di galoppino elettorale.
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La decisione di Peppone Mammoliti di lasciare il ruolo di coordinatore dei circoli Pd della Locride è un fatto storico. L’avvocato osa dove nessuno si era mai spinto fino ad ora. Il militante perfetto, quello capace di spendersi per fare crescere il partito, e anche abile a mediare tra le tante anime di un gigante troppo spesso vittima dei suoi piedi d’argilla, ora diventa il ribelle, e quello che era fino ad ora il disagio espresso da alcuni dissidenti in maniera isolata e comunque non coordinata coi propri omologhi territoriali, assume, dopo la lettera di Mammoliti, il sapore di un vero e proprio (seppur parziale) ammutinamento.
Da Mammoliti a Mammoliti, da Pino di Locri a Peppone di San Luca, passando per Cristina, Manuel e gli altri ragazzi di Marina di Gioiosa, il dissenso verso questo Pd che per usi, costumi, desiderata individuali e gioco di correnti ricorda una vecchia balena bianca, ora punta in alto.
Ad un radicale rinnovamento della classe dirigente che non è anelito di rottamazione generazionale di stampo renziano, ma che è voglia di redenzione da «una politica che è solo far carriera» fatta da «ruffiani e mezze calze» che popolerebbero gli apparati per mero tornaconto personale.
Con la sua penna, Mammoliti «uccide quando vuole» il marcio che denuncia in seno al partito in cui non si riconosce più, il partito degli “accorduni” etorodiretti sull’asse Palazzo Chigi-Largo del Nazareno col Nuovo Centrodestra dei Gentile bros. e quello degli arrivisti di bassa lega.
Non sappiamo dove porterà la battaglia di Mammoliti.
Di sicuro, questo Pd non gli piace. E non piace a tanti come lui che hanno sempre manifestato il disagio o con rotture clamorose con le strutture territoriali di appartenenza o dritto contro una segreteria provinciale che aveva creato, mesi addietro, questo organismo comprensoriale di cui lo stesso Mammoliti era il coordinatore.
Ora, il dissenso non viaggia più nell’universo asfittico e banalizzante dei social network o nelle lamentele sussurrate per strada.
Adesso, la voglia di dire basta viene messa su bianco su carta intestata del partito.
La forma (stilisticamente pregevole) della lettera di Mammoliti, diventa sostanza, e voglia di qualcosa che sia diverso dal centralismo burocratico e dai malcostumi diffusi di un partito che non è più il loro.
In attesa che risorga il sol dell’avvenir. Di quel futuro troppe volte promesso e quasi sempre negato.