di Gianluca Albanese
LOCRI – Don Fabrizio Cotardo è un giovane parroco, che da un anno regge la cattedrale di Santa Maria del Mastro a Locri, dopo aver svolto il servizio sacerdotale a Caulonia. Le sue omelie sono perle di fede e saggezza. Mai banali e soprattutto schiette. Va dritto al punto, il sacerdote originario della provincia di Brindisi. Pubblica i bilanci della chiesa sulla porta d’ingresso e guarda negli occhi i suoi fedeli. Li “studia” come loro “hanno studiato” lui in questo primo anno a Locri.
Un’attività di studio che gli ha permesso di instaurare un proficuo dialogo con tutta la comunità che ha recentemente rinnovato il consiglio della parrocchia.
Collegialità, confronto costante e trasparenza. Sono queste le direttrici dell’attività di don Fabrizio e del suo vice don Angelo. Due giovani che hanno di fatto contribuito a fare ritrovare la Fede a chi scrive e a tanti altri.
«Se va bene va bene, e se non va bene è lo stesso», ripete sempre con un filo di bonaria ironia al termine delle esortazioni ai suoi fedeli, quando li richiama ai doveri della partecipazione alla vita della parrocchia.
Oggi, don Fabrizio ha scelto il proprio profilo Facebook per esprimere il proprio pensiero sulla vicenda dei lavoratori licenziati da “Call&Call Lokroi”, offrendo anche in questa occasione un saggio della propria sincera e schietta vicinanza a chi vive questo momento di grande difficoltà.
Ecco perché abbiamo scelto di pubblicare per intero il suo pensiero, perché possa dare conforto e speranza a questi lavoratori, alle loro famiglie e a tutte le persone in difficoltà, in maniera autentica come solo una preghiera può essere.
«In questi giorni, in silenzio, ho seguito – ha scritto don Fabrizio su Facebook – la vicenda dei licenziamenti del Call & Call Lokroi. In silenzio. Per scelta. Perché non amo le inutili passerelle (come una delle “vittime” ha scritto: era già tutto deciso). In silenzio e nella preghiera perché è l’unica certezza che come uomo e poi come prete, posseggo. Ma oggi, quando i giochi (non dico: “sono stati fatti”) sono stati palesati, sento di dire la mia. Conosco persone che ci lavorano. Conosco persone che ci hanno lavorato. Conosco persone che sono state licenziate. Appunto: conosco PERSONE. E dietro ognuna di esse c’è una storia. A volte ingiusta, difficile, impastata di sacrifici. Ma tutte vissute con grande dignità. Ed anche in questo frangente mi hanno insegnato come si re-agisce con grande, altissima dignità. Non si può giocare con le persone. Non si può giocare con le loro vite, la loro storia, spesso segnate da questa terra facile passerella per molti. Perché dietro ogni storia c’è anche una famiglia. Anche questa, fatta di persone. Ed oggi a Locri si è compiuto l’ennesimo omicidio. Si è uccisa (nuovamente) la speranza. Si è uccisa (nuovamente) la dignità di questi 129 lavoratori.
Parole vuote le mie. Ma piene di rammarico e solidarietà.
Nonostante tutto, ora che i fari si spegneranno, ora che le passerelle politiche cesseranno e che ognuno dei licenziati ritornerà alla quotidiana ricerca di un lavoro, continuo a sperare che qualcosa possa cambiare. Continuo a sognare che qualcuno che vuole e soprattutto può, possa prendersi a carico questi 129, trattati come numeri ma che io considero persone, anzi… Persone (con la P maiuscola) perché ancora una volta mi hanno insegnato che cos’è la dignità. Quella che solo le Persone sanno provare. Quella che solo le Persone sanno testimoniare.
Io non posseggo altro ma quanto di più bello ho, lo condivido con voi: prego per voi – ha concluso don Fabrizio – e con voi continuo a sperare».