(ph. Enzo Lacopo)
R. & P.
ARDORE- Nel mese di ottobre è partito anche nel nostro Comune il progetto SPRAR (Sistema di protezione asilo e rifugiati).
Lo SPRAR, come è noto, è una rete di centri territoriali per la cosiddetta ”seconda accoglienza” che offre misure di assistenza e protezione ai rifugiati, favorendone un percorso di integrazione che mette la persona al centro del processo di asilo, offrendo ai territori che aderiscono al sistema, una concreta possibilità di sviluppo e di occupazione per i residenti.
Infatti, lavorano al progetto tre operatori che si occupano quotidianamente dei beneficiari, un mediatore linguistico culturale, un’assistente sociale, due insegnanti che svolgono quotidianamente corsi di alfabetizzazione e di formazione professionale e una psicologa.
In tale contesto, la nostra Giunta ha approvato un progetto di tirocinio in convenzione con la Work Soc. Coop. Sociale Onlus, soggetto attuatore nel nostro Comune dello Sprar, per dare il via ad una serie di attività che vedranno impegnati, di volta in volta, gruppi di 6 immigrati in lavori socialmente utili, quali ad esempio la pulizia della spiaggia, del lungomare, delle strade di campagna così da favorire un serio e concreto inserimento lavorativo e sociale dei rifugiati. Affinché i beneficiari possano essere inseriti nel tirocinio formativo devono avere necessariamente svolto almeno il 70% del monte ore previsto dal progetto.
Dietro questo fenomeno migratorio epocale, vi è tutta una serie di situazioni (povertà, sfruttamento, guerre tribali) che l’Occidente, e l’Europa in particolare, ha per troppo tempo sottaciuto o, ancora peggio, ignorato, determinandone una deflagrazione di cui il fenomeno migratorio è solo una parte delle catastrofiche conseguenze. Dialogando con queste persone, ascoltando le loro storie, ci si accorge e ci si convince che bisogna uscire dai falsi stereotipi, dalla falsa rappresentazione dell’immigrato che “ruba” il lavoro agli italiani o agli europei. Ardore, come Riace, come Benestare e tanti altri Comuni della nostra zona, fa la sua parte, contribuendo a far maturare nella comunità, con una esperienza concreta, la consapevolezza che azioni come queste, oltre a costituire un esempio virtuoso di accoglienza messa in atto da un piccolo ente locale, sono una dimostrazione di civiltà che cerca di comunicare il concetto che l’immigrazione non è una minaccia ma una scambievole risorsa.
Io stessa mi sono recata nella sede in cui sono ospitati i richiedenti asilo ed ho avuto modo di constatare che tra di loro vi sono alcuni ragazzi laureati, con una conoscenza approfondita delle lingue e con un grande bagaglio di speranza.
Ecco che in una Regione come la Calabria, che ha accolto e ospitato nei millenni gente di ogni nazione e di ogni provenienza, le “nuove popolazioni” possono essere una risposta vitalizzante di fronte a fenomeni quali, l’invecchiamento generale ed il conseguente spopolamento e depauperamento del nostro territorio, soprattutto delle aree interne.