RIACE – Proprio quest’estate gli immigrati che alloggiano a Riace, protestarono per usufruire dell’assistenza sanitaria: il blocco della 106 causato dai cassoni della spazzatura gettati sulla strada, aveva creato disagi alla viabilità. La mancata erogazione delle risorse dei progetti Emergenza Nord Africa, ha visto il coinvolgimento attivo nello sciopero della fame del sindaco di Riace Domenico Lucano, del sindaco del comune di Acquaformosa Giovanni Manoccio e del sociologo, giornalista e operatore umanitario Giovanni Maiolo.
I comuni che rientrarono nella cosiddetta rete Sprar, usufruendo dei progetti di assistenza ai richiedenti asilo, vide la sospensione dell’erogazione dei fondi. E a quanto pare a distanza di mesi ormai, la situazione non ha visto un’evoluzione positiva. Proprio in queste ore, la tensione sembra essere alta, poiché il 31 dicembre oramai è alle porte, data in cui il progetto termina. Ma non solo, i pochi immigrati rimasti, lamentano case davvero fatiscenti, dove mancano i servizi di riscaldamento, il gas, per non parlare poi del cibo, che come ci spiegano alcuni di loro, ormai «è sempre meno, non abbiamo molto cibo, non possiamo neppure mangiare, come cuciniamo senza gas. La nostra casa cade a pezzi, è tutto rotto». Eppure gli uomini, le donne che hanno vissuto per anni a Riace, non hanno avuto il placet di tutta la comunità, «noi ci siamo sempre sentiti degli estranei qui, ma ci sono stati vicino molte persone di Riace e non solo, che hanno creduto nelle nostre qualità di uomini, che hanno desiderato quanto noi l’integrazione e l’uguaglianza». Infatti, come spiega il sociologo Giovanni Maiolo praticare l’accoglienza dei migranti significa «farsi carico di problemi sociali enormi, spesso spropositati. Si ha a che fare con il disagio, quello vero, fisico e mentale. Per lavorare nel sociale non basta avere “il cuore d’oro”». Li abbiamo visti in tv, sui giornali, ormai le storie degli immigrati sono conosciute a tutti, o quasi, le nostre coste, prese di mira, da chi fugge dalla guerra, da una libertà negata, da una politica non politica, hanno fatto parlare e discutere opinionisti, volontari, amministratori e cittadini. Un film visto e rivisto, storie che si ripetono, volti, che dopo anni di sbarchi, di nottate in bianco ad aspettarli sul molo del Porto delle Grazie di Roccella Jonica, sembrano assomigliarsi un po’ tutti, e allora ci si sforza di cogliere un particolare dell’abito, una camminata “strana”, che possa attirare la nostra attenzione. A loro quest’Italia sta stretta, il nostro Paese è solo un approdo momentaneo, uno scalo obbligatorio, per raggiungere la Germania o la Francia. «Non so quante volte ho ripetuto – spiega Maiolo – fino a stancarmenre che il buonismo fa solo danni. Il buonismo è un virus che fa sentire meglio il buonista e asfissia il soggetto di cotanta ostentata bontà. L’accoglienza fa discutere, giustamente. È stata una scelta importante, promossa da pionieri come il sindaco di Riace. Ed è giusto che chi non la condivide la contrasti. E allora in questi giorni a Caulonia viviamo tensioni che qualora sfociassero in atti concreti potrebbero danneggiare seriamente i migranti e tutto il paese. Oltre ad affossare le politiche dell’accoglienza». Ecco che il lavoro dei volontari in queste occasioni divine ancora più difficile e significativo, ma «ha senso solo se credi in quello che fai, se investi la tua vita perché sei convinto che i migranti abbiano dei diritti quanto esseri umani e non dovrebbero vivere come animali nei Cara o nei centri come quello di Lampedusa dove in questi giorni, in un luogo che ne potrebbero contenere 300 vivono in 1400. Ora ho aperto gli occhi e sono consapevole» conclude Giovanni Maiolo, «che la battaglia, prima ancora che politica, è culturale. Perché la Locride, con poche eccezioni, non è pronta ad accogliere.
SIMONA ANSANI