di Gianluca Albanese
SIDERNO – Adieu, adieu, adieu; addio al mondo. Chissà se Giuseppe, o meglio “Nino” (come lo chiamavano i suoi cari) Belvedere, indosserà un vecchio frack il prossimo 31 marzo quando nell’Eglise Saint-Merry di Parigi verranno celebrati i funerali di colui che a Parigi chiamavano “Monsieur Pigeon”, per l’amore che ha sempre donato ai piccioni. Di sicurola sua è stata una figura molto romantica. Anzi, il romanticismo è stato il tratto distintivo dei suoi 76 anni di vita, iniziata nelle strade impolverate della Siderno del dopoguerra e vissuta quasi interamente nella capitale francese.
Lui, descritto prevalentemente come il clochard che amava accogliere e nutrire i piccioni nel centralissimo quartiere di Beaubourg “non elemosinava certo la monetina per il proprio pasto, ma – scrive il figlio Fabiano in un appassionato ricordo pubblicato on line – attingeva alle proprie risorse guadagnate in quarant’anni di lavoro e contributi versati regolarmente, per nutrire e medicare i piccioni. Un richiamo – prosegue – per sottolineare l’importanza di tutelare gli anelli deboli e le minoranze all’interno di una società che si dichiara civile”.
Un anticonformista amato dalle anime sensibili, mal tollerato, invece da “quelli che benpensano” e le loro “mani che brandiscono manganelli, che infarciscono gioielli, che si alzano alle spalle dei fratelli”. Celebrato dall’arte e dalla letteratura: dal libro “Les ailes du paradis”, ai tanti reportage e dal mediometraggio “Monsieur Pigeon” di Antonio Prata.
“Emarginato certamente – scrive ancora Fabiano Belvedere – ma solo mai!”. “Viveva la sua vita, libero di decidere quali erano le sue responsabilità. Era la sua guerra, non volle farla pesare su nessun altro, ancor meno sulle persone che amava e guai a loro se s’impietosivano o s’azzardavano di fare più del necessario nei suoi confronti. Alla fine, i più restii, hanno compreso che non potevano che accettare di accompagnarlo senza ulteriore intralcio, a proprio ritmo, lungo il sentiero già impervio della libera espressione. A farlo vacillare raramente furono le sporadiche nostalgie del paese di origine, forse la spensieratezza di alcuni ricordi. Uno spiraglio di sollievo per chi gli stava vicino s’approntavano ad accorgerlo a braccia aperte sperando che cogliesse per sé un momento di pausa ampiamente meritato. Sistematicamente però rimandava il rientro perché c’era qualcosa altro da portare a termine … la sua missione”.
E allora, giovedì l’estremo saluto a questo artista del libero pensiero, che accoglieva i Giovani per la Pace che facevano volontariato, diventa l’abbraccio collettivo del suo quartiere, della sua città, del suo mondo che si era accorto di lui e lo aveva compreso in pieno.
E che, come avrebbe detto Frank Sinatra “I did it my way”. Possa volare la sua anima con ancora più vigore delle ali dei suoi amati piccioni.
Adieu, Monsieur Pigeon. Addio Nino.