(In foto il giornalista Edgardo Gulotta)
Mancano quaranta giorni alle consultazioni politiche, tra il ritorno di Berlusconi, la salita in politica di Monti e l’ingresso di Ingroia con la sua formazione Rivoluzione Civile, e viviamo il pieno delle polemiche e gli attacchi reciproci dei protagonisti. Intanto i maggiori indicatori economici offrono un quadro sociale certamente non incoraggiante. Non si capisce neanche se dalle urne potrà uscirvi una maggioranza forte e stabile, tale da governare l’Italia, e quindi la crisi che l’attanaglia e al contempo, capace di affrontare con determinazione il problema delle riforme strutturali e istituzionali del Paese. Abbiamo rivolto alcune domande al vicedirettore del Tg di La7 Edgardo Gulotta, il quale ci ha offerto un’ulteriore contributo analitico sulla situazione politica attuale.
E’ stato secondo lei un errore non riformare la legge elettorale? Ma dopo tutto, chi avrebbe voluto e a chi avrebbe convenuto veramente cambiarla?
È stato sicuramente un errore non cambiare la legge elettorale così come alla fine è stato fatto poco per riaccreditare la politica – travolta da scandali a tutti i livelli – presso l’opinione pubblica. E’ vero anche che a parole tutte le forze politiche erano favorevoli al cambiamento ma poi il non aver modificato il Porcellum in fondo non è dispiaciuto a nessuno. Un’ultima annotazione: le leggi elettorali vanno cambiate quando il voto è ancora lontano altrimenti sono troppe le pressioni per accomodare il meccanismo sulla convenienze di chi ha la maggioranza.
La proliferazione di molte liste potrà causare una dispersione del voto tanto da impedire la costituzione in Parlamento di una maggioranza stabile capace di governare il Paese?
È possibile. Ma la legislatura che ci siamo lasciati alle spalle ha mostrato come il bipolarismo coatto non funzioni. Non funziona per fotografare la realtà del paese e non funziona neanche fra le forze politiche che hanno sofferto alleanze grandi e disomogenee che sono immancabilmente esplose. L’obiettivo della vittoria elettorale non è un collante in grado di resistere cinque anni. Se non ci sarà una maggioranza solida torneremo a votare presto, tutto qui.
È probabile secondo lei che in caso di una mancata vittoria al senato del Pd ipotizzare una maggioranza di governo con Vendola Bersani Casini e Monti?
È sicuramente una delle ipotesi sul tappeto, la più probabile. Certo è che Bersani non lascerà nulla di intentato per raggiungere il risultato di una maggioranza autonoma. L’alleanza con i centristi di Monti è sicuramente una subordinata ma non un vero e proprio ripiego: Bersani ha parlato spesso della collaborazione con le forze moderate di ispirazione europea che saranno presenti in Parlamento.
Il punto dell’accordo tra Pdl e Lega che prevede di trattenere il 75% delle imposte nelle casse delle regioni del nord è qualcosa di veramente realizzabile oppure è una sorta di exit strategy che consente ai dirigenti della Lega di far digerire al loro elettorato l’alleanza con Berlusconi e quindi rendere più papabile la corsa per la presidenza della Lombardia?
È campagna elettorale, comunicativamente funziona ma non si va molto oltre.
Quali sarebbero secondo lei i primi provvedimenti in materia economica che il nuovo governo dovrebbe assumere per rilanciare lo sviluppo e l’occupazione?
La risposta facile (e impossibile) è sconfiggere l’evasione fiscale. quella vera è tagliare la spesa pubblica. La coperta è corta, lo vediamo tutti. Se i soldi non bastano, e non bastano!, si deve tagliare altrimenti le tasse sono destinate a salire in modo indefinito. Un governo politico può fare molto di più di quanto non sia riuscito a realizzare Monti con la sua spending review.
SIMONA ANSANI