di Redazione
SIDERNO – E’ di pochissimi giorni fa la notizia della prematura e inattesa scomparsa di Giuseppe Galea, ciclista amatoriale, dopo essere stato ricoverato all’ospedale di Locri. Un decesso assurdo, sul quale sta indagando la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Locri, a seguito dell’esposto presentato dai familiari del defunto.
Proprio la famiglia del povero Giuseppe ha diffuso agli organi di stampa una nota che pubblichiamo integralmente, nella quale si ricostruisce il tragico accaduto:
“Tutto ha inizio il giorno di Santo Stefano. Giuseppe, che gode di ottima salute e conduce una vita regolare, accusa dolori al torace accompagnati da una forte tosse e da difficoltà a respirare. Accompagnato al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Locri, gli viene diagnosticata una broncopolmonite e, dopo essergli state prescritte le cure, Giuseppe viene dimesso. La notte tra il 23 e il 24 gennaio, ha una ricaduta. Nuova corsa al Pronto Soccorso dove gli vengono somministrate quattro flebo. Il mattino successivo viene sottoposto a una radiografia al torace, da cui si evince che la tosse che lo infastidisce è causata da una polmonite vera e propria che richiede l’immediato ricovero. Il 27 gennaio Giuseppe viene spostato in una stanza singola, dopo aver eseguito una tac, con la motivazione che “avrebbe dovuto rimanere isolato poichè affetto da tubercolosi”. Qualche giorno dopo, visionando nuovamente la Tac, un medico del reparto ci riferisce che Giuseppe potrebbe essere affetto da alveolite polmonare. Per essere certi della diagnosi, gli vengono prelevati muchi e sangue per inviarli in un centro a Lamezia Terme, dove sarebbero stati sottoposti a esami specifici che sarebbero stati comunicati. Attraverso una telefonata al centro di Lamezia, avvenuta pochi giorni dopo, si ribadisce che Giuseppe non sia affetto da tubercolosi; non viene, tuttavia, indicata una diagnosi esatta, quindi si richiedevano ulterori indagini. Nel frattempo, a Giuseppe continua ad essere somministrato un mix di farmaci potentissimi, circa 14 flebo al giorno.
La mattina di domenica 4 febbraio, Carlo, il fratello si reca in ospedale e non viene riconosciuto da Giuseppe che lo scambia per la moglie. Inoltre, Giuseppe, dichiara di vedere nella stanza persone non presenti, tra cui il figlio che si trova a Torino. Carlo avverte il medico di turno che lo tranquillizza aggiungendo che nel corso di 10 giorni il fratello si sarebbe ristabilito e sarebbe stato dimesso. Alle 16 Giuseppe viene trasferito in Rianimazione. Alle 18 lo incontriamo e sembra stare meglio ma ci avvertono che sarebbero dovute trascorrere 48 ore per considerarlo fuori pericolo. Alle 21.30 Giuseppe esalava l’ultimo respiro. Chiediamo chiarimenti ai medici di Rianimazione e ci sentiamo dire che dalla Tac effettuata il 26 gennaio era emerso che Giuseppe aveva un solo polmone, un’anomalia di cui non eravamo a conoscenza. Benchè ancora sotto shock, ci siamo rivolti alla Procura di Locri che ha già messo in moto la macchina delle indagini ponendo sotto sequestro la cartella clinica di Giuseppe”.
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Una vicenda che lascia sgomenti, dai molti lati oscuri, che va certamente chiarita e non solo dal punto di vista medico. Uno sportivo che non è a conoscenza della mancanza di un polmone è alquanto strano. Una malattia polmonare va curata fin dall’inizio certamente in modo appropriato e non solo in ospedale, ma anche dal proprio medico curante e quindi non ricorrendo alla struttura ospedaliera poco prima dell’aggravamento. Tuttavia se ci sono delle specifiche responsabilità toccherà alla magistratura accertarlo. Un ospedale che vede ridotti sempre più i posti letto non è certamente nelle condizioni di rispondere alla domanda di salute, sempre più pressante che si sta verificando non solo a Locri, ma nella maggior parte degli ospedali d’Italia. Ci vogliono soprattutto risposte politiche, non basta fare una TAC, indagine certamente preziosa,ma non certo sufficiente a risolvere le problematiche sanitarie.