di Simona Ansani
REGGIO CALABRIA – Interessante quanto attuale la tavola rotonda per titolo “Educare al digitale una sfida comunitaria ” ha visto un gran numero di partecipanti al Seminario Arcivescovile Pio IX. Presenti in Aula Magna, corsisti, giornalisti ed esponenti delle associazioni locali. A relazionare, al termine dei saluti di Monsignor Fortunano Morrone, arcivescovo di Reggio Calabria – Bova, il Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, la docente UniCatt Milano,Stefania Garassini, il giornalista e Presidente Nazionale Ucsi, Vincenzo Varagona, in collegamento streaming Muro Ungaro, Presidente della Federazione Italiana dei Settimanali Cattilici.
Di onestà deontologica e onestà intellettuale, relaziona il Presidente dell’Odg Soluri, ai giornalisti presenti, in quanto l’evento ha avuto come finalità quello di rilasciare i crediti formativi ai colleghi iscritti alla piattaforma e presenti venerdì alla tavola rotonda. 《L’unica possibilità che il giornalismo ha per non scomparire è fare la differenza con le fake news. Non voglio demonizzare – spiega Soluri – il web o i social network, sono una grande opportunità se utilizzati per uno scambio di idee. Il giornalista deve capire che il web va utilizzato solo riconoscendo i canoni deontologici》.
Di relazioni umane e ruolo genitori figli si occupa la docente Stefania Garassini, ponendo l’accento sul dialogo, sul confronto, su una chiave che possa aprire le porte della comunicazione per interagire nuovamente con i bambini e gli adolescenti. 《Di fronte alla tecnologia – commenta Stefania Garassini – abbiamo due schieramenti opposti, il tecno -ottimismo è il tecno-pessimismo, ma nessuno di questi due atteggiamenti è fecondo e utile. Mentre l’atteggiamento più utile è il tecno-realismo》. Dunque la tecnologia, il web, i social, l’essere sempre connessi non fa altro che impattare sulla propria autostima, che accresce o diminuisce in base all’andamento dei like su un post o una foto. Vi è una sorta di correlazione fra i due fattori, like, quindi un numero e il proprio essere, il cosa penso io di me stesso. Dunque ecco che in base a studi scientifici di analisi su campioni di giovani fra i 13 e i 17 anni, i sintomi depressivi sono aumentati con la nascita dei social media. 《È come se ci trovassimo davanti a un esperimento sociale – continua la Garassini – dove le cavie sono i bambini e i ragazzi. Recuperare una sana gradualità dell’utilizzo dello smartphone, del web, dei social media, diventa quindi la priorità assoluta》.
Come usare i social in modo consapevole prima dei 13 anni? Non usandoli. È questa la risposta più giusta che i genitori dovrebbero darsi. 《Nei primi anni di vita di un bambino, questo deve leggere – conclude la docente Stefania Garassini – il digitale arriverà dopo. Indicativo dell’intelligenza futura è quanti libri un bambino abbia letto e non a che età gli si è dato in mano uno smartphone》.
Riflessioni dunque che nel corso dell’ultimo ventennio sono andate praticamente messe nel dimenticatoio e accantonate dalla madre o dal padre che sembrano più interessati a mettere le loro vite sui social, a visualizzare quelle degli altri, postare, condividere, aumentando però il silenzio surreale a tavola se ci si riesce a pranzare o cenare tutti insieme, anche per chiedersi come è andata la giornata. L’esempio dunque che viene dato ai figli allontana quella immagine di genitore “vecchio stampo” e lo porta su una dimensione social, dove like è sinonimo di autostima e credibilità. Sbagliato.
《È necessario ritrovare le ragioni di una corretta relazione significativa – spiega il Presidente Nazionale Ucsi, Vincenzo Varagona – e il ruolo del giornalista è fondamentale anche in questo. Recuperare il senso del nostro lavoro per crescere e aiutare a crescere la nostra società》.
《Abbiamo una società che brucia la notizia e non conosce l’approfondimento – conclude Muro Ungaro, Presidente della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici – e l’ascolto per un giornalista è molto importante, bisogna tornare a rivedere come si fanno le interviste, andare oltre la semplice domanda, cogliere il più possibile le sfumature. Ci deve essere un attenzione del territorio, raccontare il territorio fatto di volti, di storie, ma farlo con professionalità. Come dice Papa Francesco, il giornalista deve tornare nuovamente nelle strade e consumare la suola delle scarpe 》.