di Enzo Romeo (foto fonte interno.gov.it)
Il Ministro dell’ Interno, Matteo Piantedosi, ha inaugurato giovedì pomeriggio la stazione dei carabinieri di Limbadi, centro premontano del Vibonese.
La cerimonia di inaugurazione è stata ricca, con un cerimoniale semplice, ma intenso. Alla inaugurazione era presente, possiamo dire nelle vesti di padrone di casa, il comandante generale dell’Arma Salvatore Longo.
La caserma dei carabinieri sorge in un immobile che è stato confiscato ad un esponente del clan Mancuso che, storicamente, a Limbadi ha sempre avuto il suo quartiere generale, la base operativa per le turpi attività poste in essere in decenni di dominio criminale.
Limbadi per troppo tempo è stata piegata dalla presenza della cosca Mancuso, ma oggi cogliamo, grazie anche ad un impegno incisivo dell’amministrazione comunale guidata da Pantalone Mercuri, la forza di alzare la testa e cominciare un percorso di crescita e di affrancamento dallo stigma di avere dato, seppur involontariamente, genesi ad un fenomeno criminale, che nel clan Mancuso ha visto un interprete diretto.
Eravamo anche noi giovedì pomeriggio a Limbadi e siamo stati felici di esserlo, in ragione del fatto che abbiamo visto una comunità, soprattutto quella dei ragazzi, che ha dimostrato di volere guardare avanti e di abiurare la logica della ‘ndrangheta.
Abbiamo visto tanti giovani e dolci volti, abbiano visto docenti, dirigenti pubblici, bambini e ragazzi mamme. Un’ umanità credibile, affidabile, vera.
Siamo nella terra della bomba al giovane imprenditore Princi e a due passi dell’azienda Chindamo, cognomi che richiamano lo scempio del corpo di un uomo che, insieme ai suoi genitori, si era ribellato ai clan, e il sequestro, con contestuale omicidio, di una donna che aveva coraggiosamente proseguito l’attività d’impresa di famiglia, senza cedere alla protervia.
Vedete, la ‘ndrangheta fa spesso quello che decide, ma non sempre resta impunita, anzi certe dinamiche delittuose, con un po’ di esperienza si leggono abbastanza facilmente. Quindi, sappiano i clan che la aspirata impunità non è sempre garantita.
E che prima o dopo i popoli si ribelleranno e per essi sarà la definitiva sconfitta.