R. & P.
Buona scuola? Ma non siate modesti! La definivamo “buona” quando le riforme erano scritte nero
su bianco, ma adesso che si intravedono i primi risultati possiamo sbottonarci: è ottima!
Soprattutto visto che i presidi possono avere un potere decisionale quasi tirannico. E tutti sanno
quanto un tiranno possa essere saggio! Per esempio vi ricordare Erode che fece uccidere tutti i
bambini del suo regno invece di perdere tempo a indagare su chi fosse quello giusto? O il conte
Vlad l’Impalatore, che infilzava i turchi coi pali come sugli spiedi? O il tale della Corea del Nord,
Kim Jong-un, che si fa fotografare con gli ultimi modelli di bomba atomica? Tutta gente per bene…
Non che i presidi siano dei tiranni, intendiamoci. Loro prestano fede al modello democratico della
nostra Repubblica. Infatti, ogni volta che i ragazzi protestano per qualcosa, loro sfoderano la
potente “nota disciplinare”, da sempre asso nella manica del corpo docente, e li mandano a casa.
Non importa per che cosa protestino: la protesta non è ammessa. Pesce grande mangia pesce
piccolo, senza dimenticare che anche quella teorizzata da Darwin era una forma – sì, un po’ rude –
di democrazia.
Eppure mi giunge voce che i ragazzi un paio di motivi per protestare li abbiano. Prendiamo il liceo
classico, classico esempio di scuola superiore impegnativa. Beh, al liceo classico “Ivo Oliveti” di
Locri – dove, in tempi non sospetti, io riuscii persino a imparare greco e latino – pare che portare a
casa una media decorosa sia diventata un’impresa titanica. Perché? Basta un ragionamento neanche
troppo sottile: il numero delle ore settimanali del triennio va dalle trentuno alle trentatré, impiegate
per un numero di materie che va tredici a quindici. Per far vedere ai genitori una pagella dignitosa,
se consideriamo che la concentrazione di un adolescente medio dura tre quarti d’ora, già così i
ragazzi devono fare sforzi erculei. Lo stesso vale per i poveri professori, costretti segmentare i
programmi in microlezioni di mezz’oretta. E provate voi a spiegare il “Dialogo sui massimi
sistemi” in mezz’oretta.
In questo stato di cose, colpita dal vento del cambiamento, la preside ha approfittato del potere
concesso alla sua categoria e ha innovato anche lei. Volete sapere come? Prediamo sempre il liceo
classico. Qui – dove il tempo scolastico è già abbastanza schematizzato, la concentrazione degli
studenti è allo stremo delle possibilità, lo stesso dicasi per la pazienza dei docenti – i cari vecchi
quadrimestri sono stati trasformati in trimestri. Questo comporta un aumento esponenziale di
scrutini, compiti in classe e interrogazioni, per i quali si impiega il tempo normalmente dedicato alle
spiegazioni approfondite o, banalmente, al dialogo tra docenti e discenti. L’apprendimento diventa
forzato in un sistema troppo rigido e il rapporto tra le parti è inficiato dall’incombenza del giudizio
dovuto. Gli insegnanti che, in questo limbo di registri elettronici e correzione di compiti, non
riescono a finire il programma del POF, non trovano altro rimedio che tenersi gli studenti anche per
una fetta del pomeriggio, diminuendo giocoforza le ore dello studio individuale dei ragazzi. Bel
traguardo.
Oltretutto, pare che i presidi abbiano acquisito potere decisionale anche sul POF delle loro scuole, e
possano quindi inserire, tra le materie già previste, altri ambiti disciplinari ritenuti importanti.
Prendiamo ancora una volta il povero liceo classico di Locri: giunge voce dagli spalti che la regia si
sia pronunciata per il diritto – il che, visto lo stato delle cose – è un po’ paradossale! La mia
domanda è: dove lo si collocherà? Si potrebbe pensare di togliere ancora un’ora alle tre superstiti di
greco! Oppure si può insegnare in una delle ore di educazione fisica, tanto che bisogno hanno i
ragazzi di fare sport? Oppure – e questa sì che è un’idea – si potrebbero aggiungere ancora delle ora
supplementari alle canoniche trentatre settimanali! Ma sì, facciamo così …
Con la scuola sul patibolo, non resta che sganciare la lama della ghigliottina per mozzarle la testa.
Ma non temete, il governo ha pensato proprio a tutto e ha trovato anche il boia: l’alternanza scuolalavoro!
È stato deciso che i ragazzi lavoreranno in strutture pubbliche durante i mesi sia scolastici
che estivi, per garantire loro un approccio immediato con il mondo del lavoro e responsabilizzarli in
un connubio ben strutturato tra diritti e doveri. Questo dal punto di vista del governo. Dal punto di
vista degli studenti è tutta un’altra cosa.
“Sai, dovrò fare la guida al museo!”
“Ah sì? In quale complesso?”
“Non lo so.”
“Guiderai singoli o gruppi?”
“Non me lo hanno detto.”
“In cosa dovrai specializzarti?”
“Non ne sono sicura.”
“Quando cominci?”
“Boh …”
“Ma almeno ti pagano?”
“No”
“Allora ti aumentano i crediti formativi per la scuola …”
“Non credo, no …”
Tutto questo mi porta alla mia tesi iniziale: il piano scolastico non è buono: è ottimo. Il governo ha
raggiunto i suoi obbiettivi, formando ragazzi che, usciti dai cinque anni dell’istruzione superiore,
sappiano:
– Fare quello che viene loro ordinato senza protestare e a testa bassa
– Organizzare la mente secondo schemi prestabiliti, senza lasciare spazio a una creatività
sovversiva e pericolosa
– Lavorare senza essere pagati
E chi si lascia scoraggiare dalla vita che lo aspetta, accontenti il ministro Poletti e vada in campagna
a zappare la terra!
Maria Francesca Frascà
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